I segreti della grande madre

Si dovrebbe parlare di unità, reciprocità e ambivalenza. Nelle iconografie e nelle scritture antiche il femminile implica anche il maschile. Si tratta di un’armonica e inestricabile

unione, connessa con l’universo e con il divino. E se molti culti e culture hanno poi alacremente teorizzato una più conveniente disgregazione di quell’unità, riservando agli uomini il dominio della Terra e la sopraffazione, il totale controllo delle donne, ridotte al silenzio e relegate nell’ombra, per dare vita a ordini sociali da essi unicamente retti e regolati.

Il femminile, strettamente connesso con i cicli della Luna e la fertilità della Terra, forza procreatrice divinatrice e profetica, ha dal canto suo conservato intatto, nutrito e proiettato nel tempo la sua potenza. Un’autorevolezza soprannaturale, sensitiva, esoterica che, seppure usurpata, disconosciuta e deposta dagli uomini, si è conservata sempre viva, intensa e incontestabile. Facendo di alcune rappresentanti dell’arte nata tra XX e XXI secolo, protofemminismo, surrealismo e realismo magico, culto moderno e contemporaneo della psiche e dell’occulto, del sogno e dell’arcano, delle precognizioni e dei simboli, delle straordinarie e visionarie portavoce. E se ne L’Asino d’oro di Apuleio è la stessa dea Isis a introdurre se stessa con parole come: «Sono la Natura, la Madre Universale, il Mistero di Tutti gli Elementi, il Bambino Primordiale, la Sovrana di Tutte le Cose Spirituali, la Regina dei Morti, la Regina degli Immortali, la Singola Manifestazione di Tutti gli Dei e tutte le Dee. Io Sono».

O se dall’antico Egitto a Dante Alighieri, ai più autorevoli psichiatri e antropologi moderni si attesta, tra archetipi mitici, antiche scritture, donne ideali e idealizzate da grandi poeti e narratori dei nostri passato e trapassato remoto, il ruolo fondante della Grande Madre, ecco che anche Gustav Jung ce la tramanda doppia e ambivalente, dotata di «ciò che è benevolo, protettivo, tollerante; ciò che favorisce la crescita, la fecondità, la nutrizione; i luoghi della magica trasformazione, della rinascita; l’istinto o l’impulso soccorrevole», almeno quanto di «ciò che è segreto, occulto, tenebroso; l’abisso, il mondo dei morti; ciò che divora, seduce, intossica; ciò che genera angoscia, l’ineluttabile». Sorprende come quella duplicità femminile continui a manifestarsi e a catturarci nelle opere di artiste come Agnes Lawrence Pelton, Hilma af Klint, Leonora Carrington o Ithell Colquhoun. Pioniere e figure chiave di immaginari che l’oggi sta riscoprendo e valorizzando con importanti progetti espositivi e mega produzioni editoriali.

(Continua)

In apertura: “Altarpiece” di Hilma af Klint, artista svedese (1862-1944) la cui ricerca si è focalizzata sulla spiritualità. Opera tratta da “Hilma af Klint Catalogue Raisonné”, diviso in sette volumi e pubblicato da Bokförlaget Stolpe.

Leggete l'articolo integrale sul numero di maggio di Vogue Italia, in edicola dal 5 maggio

Related Articles