Aspettando Bond 25: le scenografie nei film dell'agente segreto

Alla fine, per vedere Bond numero 25 bisognerà aspettare il 2021. Si è letto 2 aprile (non è che sarà uno scherzone del giorno dopo?).

Fatto sta che nemmeno l’agente segreto più famoso del mondo è riuscito a farcela contro il villain più tosto apparso in circolazione. E sì che di perfidi, Bond ne ha visti di terribili in 50 anni e più. In attesa delle prossime spericolate avventure di Daniel Craig/Bond siamo andati a ripescare un servizio che Casa Vogue pubblicò nell’aprile 2015. L’occasione fu la grande mostra berlinese dedicata allo scenografo di ben sette film di Bond, quelli della serie Agente 007, l’inglese Ken Adam, scomparso 95enne nel 2016. Da allora a oggi, con l’introduzione in dosi sempre più massicce della tecnologia digitale (computer graphic, chroma key etc) e di capitali capaci di fare sbandare il pil mondiale, l'arte scenografica è diventata tutta un’altra faccenda. Oggi come ieri vale comunque sempre il principio di base: andare sempre oltre l’immaginabile. E se la Bond saga è al capitolo 25 lo deve certamente ai vari Sean Connery, Roger Moore, Daniel Craig, ma anche a scenografi visionari come è stato Adam.
(Paolo Lavezzari)

It’s only a movie

Aspettando Bond 25. Alla riscoperta delle scenografie di Ken Adam. Oltre i limiti dell’immaginazione in architettura. Enormi set che sfidavano le leggi della fisica, eppure sempre realizzabili.

Vincitore di due Oscar per la migliore scenografia (nel 1976 per “Barry Lyndon”, di Stanley Kubrick, e nel 1995 per “La pazzia di re Giorgio”, di Nicholas Hytner) e autore dei set di oltre settanta film, Ken Adam è considerato universalmente uno degli scenografi più influenti del Novecento. Il fedele pennarello Flo-Master in una mano e l’immancabile sigaretta nell’altra, in oltre quarant’anni di carriera ha disegnato di tutto: dal palazzo di “L’ultimo imperatore” ai sinistri interni della villa degli Addams.

Ma il suo nome sarà per sempre associato alle scenografie per i film della serie “Agente 007” (sette, tra il 1962 e il 1979), «con le quali, grazie a budget impensabili in altre produzioni, poté esprimere al meglio la sua predilezione per le architetture sovradimensionate», spiega Peter Mänz, curatore di “Bigger Than Life. Ken Adam’s Film Design”, la mostra, visitabile fino al 17 maggio, con cui la Deutsche Kinemathek di Berlino celebra la creatività dello scenografo, oggi novantaquattrenne, il quale, rampollo di una famiglia ebraica in vista, nella capitale tedesca visse i primi dodici anni della sua vita.
«Il titolo della mostra, che in autunno sarà a Monaco di Baviera, si riferisce al tentativo di Adam di superare i limiti dell’immaginabile in architettura, con set quanto più possibile imponenti e ciclopici, che sembrano sfidare le leggi della fisica, pur essendo sempre realizzabili».

Un aspetto particolarmente evidente nella sezione dedicata alle tante “centrali del potere”, titaniche metafore spaziali delle manie di grandezza dei vari dittatori, politici e cattivi di turno, con cui Adam ci ha regalato le sue scene più memorabili: dal quartier generale di Ernst Stavro Blofeld, il villain di “Agente 007 - Si vive solo due volte” (1967), posto in un vulcano, alla “stanza della guerra” di “Il Dottor Stranamore” di Kubrick (1964), che disegna a sezione triangolare, con al centro, proprio sopra il tavolo dei potenti, un enorme lampadario circolare, retto da cavi d’acciaio.

«In quasi tutti i disegni di Adam ricorrono figure geometriche semplici: il cerchio, il triangolo scaleno, il rettangolo... Sono il suo marchio di fabbrica. Nella hall della banca di “Spiccioli dal cielo”, ad esempio, prevede due scaloni che, con il loro profilo, disegnano due triangoli grazie ai quali spezza la monotonia di un ambiente dominato altrimenti dal rettangolo; nella claustrofobica “tarantula room” di “Agente 007 - Licenza di uccidere” immagina invece un’unica apertura circolare sul soffitto, ispirata, per sua ammissione, alle “Carceri d’invenzione” di Piranesi».

Un’estetica rotondeggiante e biomorfa, che ricorda il lavoro del designer berlinese Luigi Colani, caratterizza le forme dei mezzi di trasporto terrestri, aerei o nautici che Adam, appassionato di meccanica, progettò, con le scenografie, per consentire a Bond di battere in velocità i nemici e persino di volare. «Come in Colani, all’origine di queste forme aerodinamiche vi è la ricerca continua di quel brivido della velocità che ha accompagnato Adam, ex pilota di cacciabombardiere durante la guerra, per tutta la vita. Un’emozione che, più o meno consciamente, riversa anche nei suoi disegni, i quali, grazie a un sapiente uso della pressione del pennarello, vibrano di energia, come se li stessimo osservando da un mezzo in movimento».

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