Il documentario suBanksyal cinema
Solo un pazzo (o un visionario) può mettere all’asta di Sotheby's un proprio lavoro per poi distruggerlo appena viene venduto al
La storia di Bansky, 46enne britannico (si dice), parte da Bristol per tutto il mondo con una rivoluzione che dai graffiti evolve in un movimento pacifico contro il sistema. Un attivista sociale, insomma, amato dalle star di Hollywood, da Jude Law a Brad Pitt, le cui immagini sono state usate nelle proteste contro le ingiustizie e i regimi totalitari da una parte all’altra del globo. In mostra al Chiostro del Bramante a Roma fino al prossimo 11 aprile con l’esposizione Bansky, a visual protest, ci sono oltre 100 opere.
Per celebrarla e svelarne i retroscena (tutto, tranne ovviamente l’identità che si nasconde dietro quest’uomo incappucciato in giro per i vicoli bui del pianeta) arriva anche un documentario, Bansky – L’arte della ribellione, al cinema in un evento speciale di tre giorni (26, 27 e 28 ottobre). Vogue ne ha parlato con il regista Elio Espana, testimone fin dall’inizio di un estro fuori dal comune e dagli schemi, che affonda le radici oltre vent’anni fa in murales sugli invisibili, i senzatetto, i bambini abbandonati per strada e i poveri affamati.
Banksy all'opera, in Messico
Non si può fare un documentario su Bansky senza averlo incontrato di persona, vero?Assolutamente, l’ho incontrato ma non posso dire nulla di più.
Come l’ha conosciuto?
Sono un suo fan da quando ho aperto il mio primo studio a Shoreditch una ventina d’anni fa, quando lui lavorava nella stessa zona e iniziava ad attirare la curiosità della gente. Una delle sue opere è stata realizzata proprio sul mio palazzo, quindi sapevo che era un artista locale. Ma poi il suo fenomeno è esploso, come si vede nel film. A casa ho prime edizioni di Wall &Piece e altri tre libercoli sugli inizi della sua carriera (Existecilism, Cut it out e Banging your head against a brick wall), oggi volumi da collezione.
Proprio dagli inizi ha incantato star di Hollywood con Jude Law e Brad Pitt. Com’è andata?
Jude Law è diventato suo amico proprio ai tempi di Shoreditch, ha iniziato a comprare le sue opere e a partecipare alle mostre. Questo, ovviamente, ne ha aumentato la fama. E nel 2006, durante la prima mostra a Los Angeles, l’attore era lì, in un magazzino abbandonato di Skid Row, in centro, assieme a star del calibro di Christina Aguilera, Brad Pitt e Angelina Jolie. E non capita tutti i giorni…
Oggi il mondo è pronto per l’arte di Bansky?
Il suo non è un messaggio particolarmente nuovo, è un misto di classico anti-autoritarismo, giustizia sociale e spirito comunitario, forse un po’ anarchico-sindacale, tipico della sinistra liberale. Credo sia attuale perché negli ultimi tempi la gente mette in discussione l’autorità tradizionale. Ha protestato all’epoca della presidenza di George W. Bush, durante la Guerra in Iraq a Londra si è riversato per strada oltre un milione di persone e molti dei manifestanti avevano cartelli con le opere di Bansky, eppure la maggioranza è tornata al governo. Pensiamo a Donald Trump, alla Brexit, a Salvini e al Movimento Cinque Stelle in Italia: sono tutte espressioni di una protesta contro le classi politiche, l’autorità tradizionale, anche se poi evolute in forme radicali di autoritarismo (Trump, Salvini), il che è piuttosto assurdo perché i messaggi rivoluzionari hanno poi creato movimenti politici dai risvolti agghiaccianti.
Banksy: gli strumenti del mestiere
© Jim Dyson
Durante il Covid-19 la metropolitana di Londra ha deciso di cancellare ilavori di Bansky con i topoliniche sputavano virus gli uni sugli altri. L’ha fatta arrabbiare?
Era prevedibile: le autorità civili rimuovono sempre i graffiti, peraltro in questo caso gli addetti alle pulizie non avevano capito che li aveva fatti Bansky. A lui credo che faccia piacere perché apprezza la natura temporanea della street art, anche se prima la fotografa e la filma: l’arte vive nel momento. Anche se alcune amministrazioni stanno pensando di preservare le sue opere…
Il suo lavoro più significativo?
The Walled off hotel rivive tutto il conflitto tra Israele e Palestina dal punto di vista di un outsider. Quello che veramente mi sorprende di lui è la natura ambiziosa e visionaria, come quando voleva che la ruota panoramica di Dismaland fosse alimentata a energia solare o a vento.
Se potesse inserire nel corso d’arte a scuola un’opera di Bansky che parli di libertà, quale sceglierebbe?
I prigionieri di Guantanamo a Disneyland: ricordano l’importanza della libertà e la visione occidentale della democrazia, che è piuttosto costruita e anche un po’ inquietante da osservare. Direi che sarebbe una lezione importante da far passare ai ragazzi.
Ultima curiosità: Bansky rivelerà mai la sua identità?
Non ne ho idea ma mi sorprenderebbe se lo facesse perché l’anonimato fa parte della sua natura.
La bambina col palloncino di Banksy