«Stavamo passeggiando in un parco, quando ci siamo chieste: possibile che non esista un’agenzia di moda per persone malate o disabili?». Così nasce, nel 2017,
Che bellezza avete visto in passerella in questa stagione?
Zoe Proctor: L’ultima edizione della fashion week londinese passerà alla storia come la più attenta alle minoranze di sempre, il che ci riempie di gioia. In generale, si registra nell’aria un forte desiderio di mettere da parte stantii stereotipi estetici e promuovere bellezze meno scontate. Ne è un esempio la visibilità riservata alle modelle plus-size alla settimana della moda di Milano.
Laura Johnson: La battaglia per una maggiore inclusività nella moda procede, spesso e volentieri, col passo del gambero: stando al report di The Fashion Spot (l’istituto londinese che monitora i progressi delle settimane della moda in termini di diversità e inclusività, ndr), il numero di modelle plus-size alla New York Fashion Week è crollato dai cinquantasei della passata edizione primavera/estate ai dodici di quella appena conclusasi.
Cosa potete dire dell’inclusività a favore di malati e disabili, di cui si occupa la vostra agenzia? Si sono registrati dei progressi?
Z.P. No, le settimane della moda si confermano sorde alla richiesta di maggiore visibilità per questa categoria. Unica eccezione di tutta la stagione, la presenza dei modelli in carrozzina Emily Barker e Aaron Philip durante la sfilata di Collina Strada a New York.
Renee Bryant Mulcare @ree_valentine_. Abito e top Art School London @artschool_ london. Hair and make-up Leanne Shaw @leanneshawmakeup. La foto è di Rob Smalley @roblsmalley. Stylist Dom Browning @dombrowningtextiles & Sophie Powles @sophie.powles. Agency & Art Direction @Zebedee_ Management.
Sul fronte delle campagne pubblicitarie, invece?
L.J. È stata, a dispetto del Covid, un’annata speciale. Abbiamo triplicato il numero di clienti rispetto all’anno scorso.
Z.P. Ma la strada da percorrere è ancora lunga. Anzi, lunghissima. Le persone con una qualche forma di disabilità sono il 20% della popolazione britannica, sono cioè la maggiore minoranza del Paese, ancora più numerosa di quella delle persone non-bianche. Ma se si prende in esame la loro presenza nelle campagne, la percentuale crolla allo 0,6%. Se poi restringiamo il campo ai marchi del lusso, sprofondiamo allo 0,01-0,02%! Una sproporzione tra realtà e rappresentazione intollerabile.
A tre anni dalla fondazione di Zebedee, avete la sensazione che i brand siano oggi più sensibili al problema?
L.J. Indubbiamente. All’inizio l’interesse dei clienti per modelli disabili era circoscritto all’infanzia, mentre oggi riceviamo richieste soprattutto per gli adulti. Sempre più griffe, inoltre, capiscono che il loro impegno a favore di questa causa per essere credibile non può limitarsi a interventi una tantum.
(Continua)
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