Artemisia Gentileschi e le pittrici dimenticate in un nuovo documentario

Artemisia Gentileschi, Lavinia Fontana, Sofonisba Anguissola: sono i primi tre nomi dell’appello. Quello riservato alle artisteitaliane che vissero tra il Cinquecento e il Seicento, molto

fecero, molto vennero considerate al loro tempo ma non altrettanto nei secoli a seguire. Tuttavia, ora le cose sono cambiate: un doveroso #timesup ha investito la critica e la storia dell’arte.

Cominciamo da Artemisia Gentileschi, “the Queen” delle artiste un tempo dimenticate. È in corso una massiccia rivalutazione della sua carriera artistica con un fiorire di pubblicazioni e di mostre a lei dedicate. La più importante è a Londra, alla National Gallery, dove aveva inaugurato Artemisia, a cura di Letizia Treves, finora la più completa monografica sulla pittrice (la mostra è momentaneamente chiusa, riaprirà il 5 dicembre fino al 24 gennaio).

Di Artemisia Gentileschi (1593 -1652), figlia di Orazio, pittore amico di Caravaggio (a Cremona è in corso una mostra su di lui alla Pinacoteca Ala Ponzone, visibile – lockdown permettendo – dal 5 dicembre) sappiamo fondamentalmente una cosa: portò a processo – cosa rarissima ai tempi – il suo stupratore, quell’Agostino Tassi, pittore e amico di papà, che abusò di lei a lungo. Il processo fu dolorosissimo: ci restano lettere che testimoniano lo strazio di lei, l’indifferenza del Tassi, il pragmatismo di Orazio che voleva metter tutto a tacere e poi ancora la brutalità dell’interrogatorio cui Artemisia è sottoposta, la difesa che deve fare di sé stessa (pur essendo lei la vittima!), il dramma di non essere più ‘immacolata’ e la necessità di andar sposa di convenienza a un conoscente del padre, il fiorentino Pietrantonio Stiattesi.
Ma è davvero tutto qui? Possiamo ridurre Artemisia al suo stupro? Artemisia Gentileschi è molto di più: è pittura popolata di potenti presenze femminili, spesso nude. Sono martiri o vendicatrici bibliche (come Susanna e i vecchioni, dipinto in varie versioni), personaggi delle Sacre Scritture (come la meravigliosa Maddalena in Estasi) oppure personificazioni di stati d’animo.

Artemisia Gentileschi, Giuditta e Oloferne

© Thekla Clark

Guardate qui sulla Malinconia – sfruttando il tema di Maria Maddalena - che cosa è stata capace di fare. Artemisia è consapevole del suo talento. Donna passionale (s’innamora di un altro uomo, ha paura della vecchiaia, brama l’attenzione sociale e committenti importanti) non ha perso mai di vista il suo obiettivo: Arte – mi – sia’ si firmava, conscia che solo l’arte avrebbe potuto rappresentare la vera rivalsa. E in effetti i risultati arrivarono: grazie a committenti sempre più importanti e una efficace opera di auto-promozione (la sua casa romana era sempre aperta a nobili e cardinali), è invitata persino alla corte inglese di Carlo I (dove rincontrerà, dopo tanto, il padre Orazio).

Artemisia Gentileschi, Maria Maddalena come la Malinconia

Della dirompente forza (espressiva, caratteriale) delle artiste vissute a cavallo tra il Cinque e il Settecento parlerà a Milano la mostra Le signore del Barocco (da dicembre a Palazzo Reale se la situazione pandemica permetterà la riapertura dei musei): donne sì, ma soprattutto professioniste della tavolozza. Che è stata poi la tesi della mostra che aveva realizzato lo scorso anno anche il Prado di Madrid su Sofonisba Anguissola e Lavinia Fontana (qui sotto una pillola di 4 minuti di quel bel progetto dedicato alle due artiste italiane).

Ora Artemisia Gentileschi, Sofonisba Anguissola e  Lavinia Fontana  sono le protagoniste di La rinascita delle pittrici dimenticate, il documentario di Hilka Sinning  disponibile - gratuitamente in streaming e sottotitolato in italiano - su Arte.tv. Cinquantatre minuti di grazia e potenza, che potete gustarvi qui sotto (la fruizione è disponibile fino al 18 dicembre).

Hilka Sinning confeziona un ritratto moderno di queste tre coraggiose pittrici, capaci di venire apprezzate dalle corti d’Europa in un mondo in cui le donne non erano incentivate all’affermazione professionale. Il documentario si apre sulla cremonese Sofonisba Anguissola (1532-1625): come accade per Artemisia, anche lei è incoraggiata dal padre, artista, a prendere i pennelli e mandata a casa del pittore lombardo Bernardino Campi per migliorare (al tempo infatti non era concesso alle donne di frequentare le botteghe dei pittori). Sofonisba però ha un tocco peculiare: le sue opere escono presto da Cremona, persino il Vasari e Michelangelo ne sono colpiti. Riesce con intelligenza a ritagliarsi un ruolo importante grazie all’accuratezza dei ritratti e diventa la pittrice ufficiale della corte di Spagna, a Madrid. Fu notevole ritrattista anche la bolognese Lavinia Fontana (1552-1614), detta “la Pontificia pittrice” perché riuscì – grazie anche al marito, il pittore Paolo Zappi, che fungeva da agente e promoter – a conquistare le diffidenze del clero papalino.

Sofonisba Anguissola, Autoritratto

© Ali Meyer

Lavinia Fontana, Ritratto di Antonietta Gonzales, 1595

© © Realy Easy Star

Ma anche questa volta, è vietato generalizzare: Lavinia Fontana non fu una pittrice accomodante, un burattino nelle mani del marito e dei committenti. È stata la prima pittrice della nostra storia a rompere le convenzioni dipingendo nudi, quei corpi femminili così generosi, voluttuosi e potenti, che anche Artemisia porterà con forza sulla tela. Ispireranno molte, moltissime artiste nei secoli a venire.

Lavinia Fontana, Minerva, 1613

© DEA / G. NIMATALLAH

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