Casa Vogue: Cino Zucchi Architetto

Cino Zucchi non è solo un collezionista dei più strani, bizzarri, appassionati, maniaci e compulsivi che si possano incontrare. Non colleziona oggetti, ma forme, anzi, variazioni

di forme. Non colleziona per possedere, ma per capire. Un architetto antropologo. Da questo tema è così ossessionato da esserne diventato un esploratore, un teorico, un instancabile esegeta – soprattutto la notte, quando passa ore online a cercare, e comprare, oggetti e forme che arricchiscono le sue raccolte. I processi di generazione della forma, in architettura e in altri tipi di artefatti umani, sono al centro dell’installazione “Copycat. Empathy and Envy as Formmakers”, che ha realizzato per la XIII Biennale di Architettura di Venezia “Common Ground”, curata da David Chipperfield nel 2012, e che ha ricevuto la menzione speciale.
Lo studio CZA a Milano, con le librerie disegnate da Cino Zucchi e la collezione di Kokeshi Dolls, tradizionali bambole giapponesi in legno, fatte a mano, caratterizzate dalla mancanza di braccia e gambe, dalle linee stilizzate, spesso regalate come oggetti di buon auspicio per le case. 

© Stefan Giftthaler

Lì, nei grandi spazi dell’Arsenale, come nel suo studio CZA di Milano, protagonisti sono famiglie di oggetti e immagini che mostrano tratti comuni, e insieme possono suggerire una cultura formale non ancora governata da una regola data, ma da usanze e abitudini che rivelano valori quasi inconsci. È questo il nostro “common ground”, quello che ci permette di vivere insieme, la ripetizione “differente”. Lo scarto c’è, ma all’interno di sequenze che tutti possiamo riconoscere.

Tra gli ultimi arrivi della collezione di statuine, nella sezione “Whimsical, Politically Incorrect and Low-Brow Art”, tre Pinocchi della serie “A Wood Awakening by Juce Grace Stay Home Edition”. Juce Grace, graphic designer francese, di notte realizza art toys ispirati alla cultura pop, ai videogame e al mondo della sua infanzia, trasfigurandoli in modo divertente e dissacrante.

© Stefan Giftthaler

Souvenir di edifici famosi raggruppati per tipologia architettonica, modelli in scala 1/1250 di sottomarini, una collezione di mattarelli da pane chapati dal Rajasthan, strumenti di misura, metri e goniometri, modelli di progetti, disegni di cortili milanesi, ma anche bamboline africane, Pinocchi, stampe erotiche, parti anatomiche e miniature in gesso di templi mormoni. «Il concetto è che tutta questa storia del be yourself, be original, just do it, just be different, alla Michael Jordan, non conta niente», dice Zucchi. «La base teorica di questi ragionamenti si chiama “Variations on a Theme as the Crux of Creativity”, un testo di Douglas Hofstadter, uno dei più grandi geni dell’intelligenza artificiale. Il pensiero laterale americano dice sempre: il paradigma è qua, tu fai un salto e vai di là. È l’ossessione della diversità. In realtà, molte scoperte scientifiche si ottengono inserendo una piccola variazione dentro un pattern conosciuto, perseguendone coerentemente la fine. Il concetto è allora la variazione – quando comincia a generare un organismo diverso in senso proprio darwinista?».

Vicino al suo tavolo da disegno, Cino Zucchi ha posto la batteria elettronica. L’architetto milanese è un cultore della musica indie, ma ama anche il pop sofisticato. Sedia Silver, design Vico Magistretti.

© Stefan Giftthaler

Insomma, c’è un mondo materiale che persiste e sopravvive alle condizioni che l’avevano generato, è lo sfondo delle nostre vite. «È come quando i bambini allineano le macchinine, o mettono le matite colorate al loro posto. Ogni bambino ha un senso innato dell’ordine, adora le rime, le linee. Per fare ordine, cerca sequenze ordinate di oggetti tipici, come Cino Zucchi allinea le Kokeshi Dolls cercando di minimizzare l’intervallo, e crea strutture ordinate. 

(Continua)

In apertura: nella cassettiera la collezione di mattarelli: usati in Rajasthan per appiattire il pane chapati prima di cuocerlo, uniscono la perfezione funzionale della forma a fuso con l’arbitrarietà gioiosa dei decori. Sul fondo, oltre la porta, un dipinto di Charlie Roberts.

Leggete l’articolo integrale di Francesca Molteni e sfogliate il servizio fotografico di Stefan Giftthaler sul numero di aprile di Casa Vogue, in edicola con Vogue Italia

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