Casa Vogue: Diario di un lockdown
François Halard (1961) racconta le sue immagini spiegando che lui è come un rabdomante: «La macchina fotografica è la mia bacchetta che mi dirige istintivamente verso
Ecco il nuovo tour de force del fotografo francese, presentato nel suo ultimo libro, “56 Days in Arles”, edito da Libraryman.
La foto sul camino ritrae la mano di Picasso scattata da Brassaï. «Per anni, lì stava la cartolina di quell’immagine, poi un giorno ho potuto comprare la vera foto», ricorda Halard.
© François Halard/Libraryman
Durante il primo lockdown in Francia, durato appunto 56 giorni, Halard ha esplorato la propria casa, cercando di vedere con un occhio nuovo le centinaia di oggetti che la popolano.
Un mix eclettico d’arte e design, pezzi di valore, altri puramente affettivi; ricordi, libri, regali e qualche cianfrusaglia che colleziona da sempre. Per queste immagini Halard ha utilizzato una Polaroid, facendo di necessità virtù: «Scatto solo in analogico, ma durante il lockdown era impossibile far stampare i rullini, i laboratori erano chiusi. Quindi sono tornato a una delle mie prime macchine fotografiche».
© François Halard/Libraryman
Nella prefazione, scritta dall’amico Oscar Humphries (1981), curatore e critico d’arte, Halard scherza sulla natura del collezionismo che definisce «romanticismo a rischio zero» perché, al contrario delle persone, una collezione non potrà mai deludere.
Però, si dà ormai per scontato che l’amore non duri più di qualche anno.
(Continua)
In apertura: sul tavolo comprato quarant’anni fa per 10 franchi al mercatino delle pulci, Halard ha disposto un Buddha appartenuto al padre, la foto dello studio dell’amico pittore Julian Schnabel, un’incisione del XVII secolo. Sulle pareti, una tappezzeria dell’epoca di Carlo X (1824-1830).