Erica Jong: la nuova autobiografia “Senza cerniera. La mia vita”
Libri 2021: arriva il memoir di Erica Jong. La recensione di Vogue
La tentazione, nel presentare Senza cerniera. La mia vita, l’ultimo libro diErica Jong, è
In Italia l’autobiografia di Jong esce il 5 maggio, per Bompiani (pp. 320, 19 euro, con la traduzione di Marisa Caramella): è la perfetta lettura per un pomeriggio pigro, che la prosa del volume arricchirebbe di energia, arguzia, umorismo, verità, commozione. È una Erica Jong, oggi 79enne, moglie e nonna appagata, che non ha più “paura di volare” per citare il titolo della sua più letta e venduta creatura letteraria e che, mentre consegna alle stampe il libro – perfetta la copertina – ci ricorda nell’ultimissima pagina che non è affatto finita: «La verità è che per uno scrittore c’è sempre un prossimo libro da scrivere», finché resta vita da vivere ci sono storie da narrare. E se vi state già domandando quanto spazio abbia il sesso in questo memoir, sappiate che è difficile indicare una percentuale: l’energia vitale (orgonica, direbbero gli psicanalisti) dell’autrice permea oggi pagina. Tuttavia, è in un capitolo a sé che Jong si toglie qualche sassolino dalla scarpa: «Dalle Sabine a Circe, che trasformava gli uomini in maiali, la sessualità delle donne sembra sopraffare gli uomini perché inesauribile. Una volta scatenata, tutti ne temiamo le conseguenze. Meglio sopprimerla, e così abbiamo stabilito le regole. Lo facciamo per ogni cosa. Ma adoriamo stabilirne in particolare per le donne. Nell’arte, però, la disubbidienza della sessualità femminile rompe gli argini e si trasforma in creatività».
Jong non rinnega il successo ottenuto con il suo noto libro dedicato al piacere femminile (eppur ricorda con fastidio che, quando sua figlia Molly, cui il libro è dedicato, andava scuola, le veniva detto che la madre scriveva “libri sporchi”), ma rivendica l’autenticità dei suoi lavori, potremmo quasi dire la sua fede nella “dea scrittura”. Dice infatti: «Anche se non avevo maschere, i critici me ne appiccicarono una – la maschera femminile della ninfa sempre eccitata. Non sapevo se sfruttarla o rifiutarla. Ogni artista di successo ha una maledizione, e quella era la mia. Mi offrirono una fortuna per scrivere La gioia del sesso per donne, e rifiutai. Temevo di diventare prevedibile». C’è tutta Erica Jong, in queste poche righe.
Senza cerniera. La mia vita di Erica Jong (Bompiani)
Jong, «nata raccontastorie in una famiglia di pittori», con tre sorelle e mamma e papà – belli, innamorati, artistoidi - ben più amici che genitori, con i nonni che fungevano da solide querce per mandare avanti la numerosa famiglia, colta e stravagante persino per i canoni della comunità ebraica della New York del tempo. Jong passa un’infanzia “strana” (spesso la madre è ubriaca, altrettanto spesso è ansiosa o su di giri), si sposa giovanissima con un sino-americano (psichiatra!) che fa il medico militare e viene inviato per tre anni in Germania. Lì Erica Jong conosce l’Europa e la psicanalisi (dice che la frequenta ormai da 60 anni), nel frattempo scoppia la guerra in Vietnam, i Beatles sfornano gioielli come She’s leaving home e Lucy in the sky with Diamons, e lei – con la Columbia University che l’attende per la specializzazione – si sente inadatta alla scrittura e anche alla vita domestica, verga controvoglia romanzi classicheggianti, ma annota di nascosto pensieri e poesie che sente più veri. «Sono cresciuta scrivendo. Il tempo mi lasciava sbigottita. Perché si muove così lento quando siamo piccoli ma poi sempre più veloce man mano che cresciamo e invecchiamo? Perché la vita è stare appesi a una stella cadente? Perché il tempo passa più veloce dentro un grattacielo che sul livello del mare? E come fermarlo abbastanza a lungo da raccontarne la storia? Domande, non risposte – è la vita».
Capitolo dopo capitolo, come in un fluire di pensieri, seguiamo Jong diventare madre di Molly – oggi stimata opinionista – scrittrice e saggista e poi moglie di Ken, suo quarto marito (ma in carica da diverse decadi): in mezzo, il successo di Paura di volare, e la conoscenza del ‘bel mondo’. E poi ancora: la passione per i viaggi, per i cani e, negli ultimi anni, per i bambini piccoli svantaggiati, la vita divisa tra l’amatissima New York e il verde del Vermont. Con il suo stile inconfondbile, ci prende per mano nelle pieghe, specie in quelle più spesse, della sua esistenza e riesce nell’incanto di farci trovare anche qualcosa di nostro e di universale. Confessa, in una delle pagine più struggenti: «Ho scritto questo libro nel tentativo di capirmi meglio. Ho sofferto di attacchi di panico, della paura di essere sola, sono stata dipendente dagli strizzacervelli e dagli uomini. Volevo capire perché è successo: così ho deciso di scrivere un autoritratto nella speranza che possa mettere insieme i pezzi sparsi della mia persona. Idealmente il libro andrebbe trovato dopo la mia morte – come un segreto svelato – e mai pubblicato».
Ma Erica Jong ha deciso di pubblicarlo ora – che è ancora in forma, e in salute - perché, dice, lo ha scritto anche nella speranza che le sue storie servano ad altri, per comprendersi meglio e, chissà, magari accettarsi. «Cos’è che vogliamo tutti? Essere conosciuti. Venire spogliati di tutte le nostre difese. Essere amati per quello che umilmente e confusamente siamo».