Maria Antonietta: la nuova biografia di Greta La Medica
La questione dei diritti civili è sicuramente centrale nei dibattiti degli ultimi mesi, ed è altrettanto certo il fatto che riguardi tutti gli ambiti sociali e
L’impatto di questa scelta, cioè di affidare e rinnovare questo ruolo per La Medica, è un’importante opportunità che, in questo specifico frangente, diventa un’accorata esortazione ad aprire gli occhi su una società che non può più (e non deve) considerarsi immutabile, proprio perché per sua natura – e per fortuna – non lo è, ma subisce e causa continui mutamenti che, evidentemente, la politica fatica non solo ad affiancare, ma soprattutto a riconoscere e accogliere. Non si tratta solamente di un meraviglioso esempio per moltissime persone che vivono una concreta difficoltà con loro stesse e con l’ambiente che le circonda, ma altresì di una presa di coscienza di quanto la realtà sia diversa, più sfaccettata e molto più complessa delle semplicistiche schematizzazioni che non sono assolutamente compatibili con gli esseri umani, con nessuno di noi.
Abbiamo parlato con Greta La Medica, della nuova biografia di Maria Antonietta, di diritti civili e della “sua” Coco Chanel
Il tuo primo libro suCoco Chanelha avuto un enorme successo. Te lo aspettavi?
Tutto ciò che è accaduto quest’anno ha un côté surrealista. La mia Chanel era una piccola creatura che si posizionava nello spazio di una narrazione sterminata su questa donna straordinaria. Quello che però penso abbia determinato il boom di vendite è stata l’attenzione al “fenomeno” autore. Credo che il fatto che la scrittrice, essendo una donna trans in un Paese cattolico attraversato da forze “ur-fasciste”, abbia prodotto un effetto “new age” nel quale si può rintracciare la temperatura politica del Paese. Mi spiego meglio: c’è stata una parte della stampa che mi conosceva e che ha scientificamente silenziato la mia pubblicazione, è il sintomo di un pensiero conservativo che spesso usa le istanze di una comunità per un clickbait e non perché c’è un sentito mecenatismo. Dall’altra parte, invece, c’è stato un interesse ciclonico da parte della stampa più sensibile e della comunità che segue il mio lavoro con una fiducia che mi ha piacevolmente sorpresa.
Questa seconda biografia ti permette di mettere in luce la personalità e la storia di un’altra donna che ha avuto un importante ruolo. Quali sono gli aspetti della vita di Maria Antonietta che ti hanno colpito di più?
All’inizio, confesso, ero un po’ perplessa. Ho una certa idiosincrasia per l’eccesso di manierismo e per il romanticismo mellifluo che purtroppo il cinema ha sempre profuso nel raccontare la vita di questa Regina. Poi però, emarginando le narrazioni più affettate, sono rimasta letteralmente rapita dalla donna che viveva all’ombra del trono di Francia. Tutti pensano a Maria Antonietta attraverso i ritratti sfolgoranti e baroccheggianti della sua ritrattista di corte Élisabeth Vigée Le Brun, ma io ho voluto onorare questa sovrana anche negli anni del suo crepuscolo. Nel mio libro si leggerà una climax quasi ontologica: dalla fragile fanciulla viziata alla virago (Luigi XVI sarà sempre come un fantasma) che emerge sotto la spinta minacciosa della Rivoluzione francese. Quando un fosco destino inizierà a calare su questa donna, delicata come sottile ceramica di Sèvres, la sua aura inizierà a rifulgere dell’atavico bagliore ereditato dalla sua stirpe imperiale. Secondo me, è scontrandosi con la ferocia salomonica dell’era di Robespierre che Maria Antonietta inizierà a tratteggiare la sua proiezione verso la leggenda, divenendo la sovrana più famosa di tutti i tempi.
In una fase così delicata per i diritti civili, pensi che queste biografie possano aiutare a comprendere quanto ancora ci sia da fare in questo ambito?
Io penso che personaggi trasversali come Coco Chanel abbiano indubbiamente impresso nel theatrum dell’estetica del '900 un evidente risultato di grande rivoluzione. Insieme a lei, altre donne, emancipandosi dal teorema vittoriano della donna “incubatrice del proletariato”, hanno impresso una spinta importante alla ruota del cambiamento. Questa ruota, moto dopo moto, sta giungendo fino a noi come un’eredità mastodontica da scandagliare e tutelare con cura in ogni suo ingranaggio. Io penso che, esattamente come, durante e dopo la Belle Époque, la Borghesia, accusando il bisogno di emanciparsi dalla noia sartriana e abbracciando gli ideali della cultura bohémienne, è riuscita a transitare nell’era contemporanea. Allo stesso modo, oggi sta eseguendo un esercizio simile con la cultura “queer”. Io noto ancora una resipiscente noia affliggere la parte conservatrice della società che si è stancata delle vesti logore di un patriarcato agonizzante e che, per sopravvivere, si sta fecondando della nostra cultura fino al midollo, in un verso senza ritorno. Penso che quello che alle istituzioni stia sfuggendo è che i diritti ce li siamo già presi da tanto tempo: il nostro DNA è il collante della cultura contemporanea e la lotta, l’attrito e il rifiuto alle nostre istanze è diventato il noioso esercizio retorico del conservatore troppo affezionato al suo velo di Maya che sta soffocando fra i miasmi di naftalina.
Greta La Medica ritratta da Giovanni Cannizzo