Festival del silenzio 2021 a Milano: programma e appuntamenti
Festival2021, la ripartenza: a Milano va in scena il silezio
Tra le tante manifestazioni di questa stagione di riaperture un’attenzione particolare merita il Festival del Silenzio,
Grazie alla traduzione di Cesare Benedetti, ne parliamo con la direttrice artistica, Rita Mazza, artista sorda segnante che a partire da un progetto della compagnia didanzaFattoria Vittadini ha condotto il festival internazionale di performing arts sino all’attuale quarta edizione, meritando la Medaglia del Presidente della Repubblica.
Huracan di Sofia Casprini e Loredana Tarnovschi
© Raffaele Di Somma
«Il festival è stato progettato a Berlino, dove vivo parte dell’anno, da un’idea di Cesare Benedetti e Riccardo Olivier, danzatori di Fattoria Vittadini. Volevamo promuovere la divulgazione della lingua dei segni e l’aspetto artistico ad essa legato, nonché gli artisti sordi, che hanno talento e competenze, ma non percorsi formativi e possibilità di lavoro. Il nostro festival offre ai giovani artisti sordi uno spazio sicuro per presentare i loro lavori e al pubblico di persone sorde un programma di facile accesso e di fruizione totale. Ma il nostro non vuole essere un festival solo per persone sorde: l’altro obbiettivo è creare un ponte tra il mondo e la cultura dei sordi e gli udenti, in un’ottica di scambio reciproco e arricchimento personale».
Iphigenia in Tauride, Lenz Fondazione Lenz Fondazione. Foto di Maria Federica Maestri
In Italia un progetto pionieristico, unico nel suo genere che - conferma la direttrice - non le risulta altrove neppure in Europa, dove pure esistono tante manifestazioni, ma dedicate esclusivamente a persone disabili o sorde in particolare. Un passo avanti importante per l’integrazione artistica, appena ribadita da un protocollo nazionale, “Rete italiana Europe Beyond Access”, in cui 26 istituzioni culturali italiane tra cui lo stesso Festival del Silenzio si impegnano a promuovere l’accessibilità e l’inclusione nelle arti performative. «Difficile dire se seguirà un cambiamento reale… speriamo» commenta Rita Mazza sorridendo disillusa. «I programmatori teatrali non dovrebbero lavorarepergli artisti e le persone disabili, macongli artisti e le persone disabili: una preposizione che farebbe la differenza. Prendiamo una programmazione teatrale a caso e vediamo se ci sono spettacoli con artisti sordi o accessibili al pubblico sordo: non troveremo quasi nulla. L’integrazione per sordi al massimo significa dare un servizio posticcio, ovvero un interprete nella lingua dei segni a uno spettacolo, mentre per me significa presentare le espressioni artistiche delle persone sorde».
Per esempio il Visual Vernacular ovvero – ci spiega – una tecnica narrativa utilizzata dai performers sordi per raccontare storie in stile cinematografico, rappresentando personaggi e azioni attraverso segni, gesti, espressioni del viso: uno spettacolo godibile anche da chi non conosce la lingua dei segni. «Vedendolo il pubblico udente è rimasto stupito dalla novità, mentre noi lo proponiamo da 30 anni e il festival è stata la sede per divulgarlo. Perché se è vero che nella comunità sorda le idee artistiche si sono moltiplicate negli ultimi tempi, purtroppo sono rimaste al suo interno, poco o per nulla condivise con il pubblico udente».
Quanto alla presenza sinora dominante della persona disabile in scena quale elemento di rottura estetica e drammaturgica, la comunità sorda non ci sta. «Siamo stanchi di vedere quella rappresentazione e per noi non è interessante! Vorrei che si cominciasse a pensare alla scelta degli artisti in quanto persone, certo anche con la loro disabilità, ma per il talento che hanno, un dono che dobbiamo vedere come prezioso. Senza rinchiudere il disabile nel ruolo di disabile, tanto meno con pietismo. Io stessa come artista non lavoro sulla sordità e sulla mia storia, ma su di me, certo da persona sorda, perché lo sono» chiarisce Rita Mazza.
Huracan di Sofia Casprini e Loredana Tarnovschi. Foto di Valeria Tomasulo
Il suo lavoro di direttrice artistica per il festival inizia proprio dalla prospettiva che auspica. Ci racconta che segue gli artisti sordi in Italia e all’estero cercando di vedere le loro performances: difficile perché come già sappiamo rarissime sono le possibilità in teatro. Per il festival seleziona anche altri spettacoli, di teatro fisico e di danza, con una forte componente visiva o con performers con disabilità, o centrati su temi sensibili. Perché il festival sia accessibile al pubblico sordo anche la musica è elemento da valutare. «Dello spettacolo visionato in anteprima di un artista invitato io, come persona sorda, capisco subito se mi arriva tutto e se potrà quindi arrivare al pubblico di sordi. Valuto inoltre la musica: se è solo sfondo sonoro verrà alzato il volume, così che anche noi possiamo percepirne le vibrazioni, se ha invece un ruolo drammaturgico si trovano soluzioni, arrivando in qualche caso a trasformare lo spettacolo».
Ma quali spettacoli e attività del festival seguire in questa edizione, da scoprire integralmente al seguente link: www.festivaldelsilenzio.com? «Io consiglio di vedere tutto!» auspica la direttrice artistica, anticipando un programma di spettacoli di poesia di artisti sordi, Visual Vernacular, poetry reading, film documentari, workshops, dibattiti e tante attività per bambini.
Perché anche sull’assenza di percorsi formativi nell’arte per allievi sordi e di artisti sordi che farebbero da role model alle nuove generazioni, Rita Mazza vuole puntare il dito, visto che lei stessa ne ha patito la mancanza da giovane artista. Un problema, come detto, legato anche al mancato riconoscimento scientifico nel nostro Paese della LIS, la lingua dei segni italiana, ancora considerata un linguaggio gestuale. La traduzione di Cesare Benedetti ne rivela invece la ricchezza, così come ci porta a scoprire che l’espressione “non udente” non è corretta perché – come apprendiamo – definisce l’altro con una negazione, avviando un dislivello relazionale, mentre “sorda” indica correttamente una persona orgogliosa della propria identità, quale è appunto Rita Mazza.
Molti fattori hanno comunque portato a considerare la comunità sorda come molto chiusa in se stessa. «È vero» conferma Rita Mazza. «Per tanti anni abbiamo subito atteggiamenti di abilismo e audismo dalla comunità di maggioranza, così che, riconosciuta la nostra identità culturale e linguistica, c’è stata una reazione di chiusura: noi siamo autonomi, possiamo fare tutto quello che vogliamo – ci siamo detti. Se le occasioni di integrazione sono state sinora poche, il Festival del Silenzio è invece una realtà ponte per mettere in comunicazione le due comunità, che si aprono e si lasciano permeare l’una dall’altra. Il festival ha la propria identità proprio nella predisposizione ad essere accogliente verso l’altro e nel desiderio di entrare in un mondo nuovo. In queste poche edizioni ne ho visto i risultati e sì, il pubblico di udenti sta crescendo. Certo c’è ancora tanto lavoro da fare. Chi da persona udente accede al festival sa che dovrà portare rispetto alla comunità sorda senza mettere in atto atteggiamenti di abilismo e audismo. Se abbiamo già un pubblico di udenti consapevoli che ci segue, vorremmo raggiungere anche coloro che ancora mancano di tale consapevolezza: è questo l’obiettivo».
Foto courtesy Festiva del silenzio
In apertura: foto di Maria Federica Maestri