Questa Non È Una Fotografia Di Moda. Imogen Cunningham
Quando pensiamo ai grandi fotografi americani, forse il nome di Imogen Cunningham non è tra i primi che vengono in mente, ma un nuovo libro,
Dato che i suoi primi lavori risalgono all’incirca al 1910, Cunningham è fra quei pionieri della fotografia (tra i quali Edward Steichen e Alfred Stieglitz) che hanno cominciato con il Pittorialismo, per poi accantonare quello stile impressionista e romantico e abbracciare il più rigoroso e nitido Modernismo. Anche quando ha fatto parte di un movimento, però, Cunningham è rimasta orgogliosamente indipendente, un’autentica anticonformista. «Lavoro seguendo l’istinto», ha affermato in tarda età, liquidando così l’incomprensibile linguaggio teorico che aveva sentito usare da altri fotografi. «Non ho intenzione di seguire quell’approccio. Continuerò a fare il mio lavoro, lasciando che le persone capiscano da sole, se ne sono capaci». Non è mai stato difficile, in realtà. Il lavoro di Cunningham non ha nulla di esoterico, è bello, profondamente sentito e nello stesso tempo stilisticamente sobrio. Un’estetica affine a quella di Georgia O’Keeffe, i cui quadri di fiori e piante fanno eco ai suoi sublimi studi botanici, delicatamente erotici.
Imogen Cunningham, “The Bruton Sisters”, 1936.
© IMOGEN CUNNINGHAM TRUST. PHOTOGRAPHIC REPRODUCTION: © JONATHAN BLOOM.
Dal punto di vista artistico, Cunningham trova un’altra anima gemella nella danzatrice Martha Graham, fotografata nel 1931 in una performance eseguita solo per la sua macchina fotografica e della quale ha saputo catturare, anche nel nudo, la fiera concentrazione e l’abbandono emotivo. Nello stesso anno diventa collaboratrice fissa di Vanity Fair, dove pubblica ritratti di Cary Grant, Joan Blondell, Spencer Tracy e altri attori. Tutto questo mentre cresce tre figli, spesso da sola, anche prima di divorziare, nel 1934, dall’artista Roi Partridge. Una situazione descritta in un suo testo inedito come «una mano nel catino, l’altra in camera oscura». Forse è proprio la conoscenza dei principi base della vita domestica a dare all’opera di Cunningham una concentrazione così intensa; in ogni prezioso momento con la macchina fotografica, lei è completamente presente.
La foto qui sopra non è né famosa né particolarmente rappresentativa, ma ha tutte le qualità che rendono il suo lavoro così caratteristico e avvincente. Le sorelle Bruton, Margaret, Esther e Helen, erano artiste della Bay Area impegnate in quel periodo nella realizzazione di una pavimentazione a mosaico commissionata dall’Università della California, a Berkeley. Il loro ritratto le coglie ciascuna immersa nei propri pensieri, eppure unite, persone singole in ogni dettaglio, dalla collana al maglione, al fermaglio, pur sempre un nucleo famigliare, un fronte compatto.
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Vince Aletti è critico fotografico e curatore. Vive e lavora a New York dal 1967. Collaboratore di “Aperture”, “Artforum”, “Apartamento” e “Photograph”, è stato co-autore di “Avedon Fashion 1944-2000”, edito da Harry N. Abrams nel 2009, e ha firmato “Issues: A History of Photography in Fashion Magazines”, pubblicato da Phaidon nel 2019.