In principio fu l’aragosta. Intervista a Thom Browne
Thom Browne è un po’ come uno di quegli animali rari capaci di cambiar pelle: vale a dire, nel suo caso, di prendere uno stile
«Ah!», sorride Browne su Zoom: «In effetti non mi ero mai veramente reso conto di quanto gli animali siano presenti nelle mie creazioni. Ma ora che mi ci fa pensare, ha ragione: persino sul fronte strettamente commerciale, l’animale da scegliere come icona della collezione è sempre oggetto di una specifica discussione con il mio design team».
Thom Browne con in braccio il suo bassotto Hector (@hectorbrowne) fotografati a Chelsea, New York.
© AARON VASQUEZ.
Con la sfilata co-ed A/I 2020-21, tenutasi a Parigi subito prima della pandemia, Browne ha dimostrato ancora una volta questa sua predilezione, oltre che una certa preveggenza. Le modelle e i modelli indossavano infatti maschere zoomorfe realizzate da Stephen Jones e camminavano a coppie, un riferimento alla neutralità del genere sessuale e, ovviamente, all’arca di Noè. Nei mesi successivi, poi, mentre l’umanità intera era in cerca di un rifugio, ecco Animal Icons, la collezione di borse unisex in pelle martellata che racchiude l’intero ecosistema, dalla rana all’elefante. «Non lo abbiamo fatto per ragioni commerciali», spiega Browne, «ma per dare un tocco di humour, fantasia e divertimento». E sottolinea come la prima borsa, Hector, «all’inizio l’avevamo pensata più come uno scherzo. Ma poi abbiamo venduto più pezzi di questo modello che di qualunque altro. Il che, per certi versi, è un esempio di come nasce un buon design: da un pensiero puro e autentico. È qui che entrano in gioco gli animali, c’è purezza in loro, è per questo che li amo».
(Continua)
English text atthis link.
In apertura: la borsa Rabbit della serie Animal Icons che include leoni, giraffe, elefanti, ippopotami, cani.
Leggete l'intervista integrale sul numero di gennaio di Vogue Italia, in edicola dal 7 gennaio
Per abbonarti a Vogue Italia, clicca qui