Beyoncé: come è diventata l’artista con più nomination ai Grammy
Beyoncé: gli step della sua strabiliante carriera
La sera del 14 marzo si terrà la manifestazione più importante dell’industria musicale – la 63sima edizione
Una cosa che per fortuna non cambia è il nome di Beyoncé che ricorre più volte nella lista delle nomination. Anzi quest’anno l’artista è in testa con ben nove candidature ai Grammy Awards, per un totale complessivo di 79 in carriera, oltre alle 24 vittorie. Ma qual è il segreto del suo dominio ai Grammy? Qui, Vogue analizza il potere duraturo di Queen Bey.
© Christopher Polk/Getty Images for NARAS
Beyoncé era una bambina quando c’è stata la prima ondata di megastar del pop
Nel periodo d’oro degli anni Ottanta, i Grammy Awards erano il massimo status symbol per una star del pop. Contribuivano a consolidare la fama e la credibilità di una potenziale superstar, unendo al successo commerciale il riconoscimento da parte dell’industria musicale.
Per esempio, dopo Michael Jackson – che una sera del 1984 andò a casa a passo di moonwalk con otto Grammy – salirono sul piedistallo piuttosto ampio delle megastar anche Prince (tre vittorie nel 1985), Madonna (tre nomination negli anni Ottanta) e George Michael, che vinse l’Album of the Year nel 1989 con Faith. Questa equazione Grammy più megastar uguale leggenda avrebbe lasciato il segno sulla giovane Beyoncé – nata nel 1981 e già leader della sua prima band femminile, Girl’s Tyme, nel 1990 – oggi una delle più accanite lavoratrici dell’industria musicale.
© Michael Caulfield/Getty Images
Non si è mai limitata a un unico genere
Dalle prime nomination ai Grammy nel 2000 – due candidature per Bills, Bills, Bills delle Destiny’s Child, che perse contro l’altrettanto potente No Scrubs delle TLC – Beyoncé ha totalizzato ben 79 riconoscimenti, un numero incredibile e il più alto di sempre per un’artista donna. Di tutte queste candidature – che includono le nove di quest’anno – ha portato a casa 24 statuette.
I premi ottenuti da Beyoncé sono disseminati lungo una carriera che comprende le Destiny’s Child (tre vittorie, di cui due per Say My Name) e collaborazioni che hanno fatto incetta di premi con personaggi come Stevie Wonder, Luther Vandross, Shakira, Kanye West e ovviamente il marito Jay-Z. In termini di influenza musicale, il suo passare da un genere all’altro è stato riconosciuto con nomination e premi ottenuti in diverse categorie dei Grammy, tra cui pop, R&B, urban, rock e quest’anno Best Rap Performance con Megan Thee Stallion per Savage (Remix).
Le sue doti vocali, unite alla scrittura delle canzoni e alla produzione fin dall’inizio della sua carriera, l’hanno posizionata su un piano più alto rispetto ad alcune delle sue colleghe più pop che raramente si avventurano nel mondo della scrittura e della produzione (Britney Spears, ad esempio, ha ottenuto anche lei la prima nomination nel 2000, ma su otto nomination ha vinto solo una volta – con Toxic).
© Dave Hogan/Getty Images
Ha già trasmesso la sua bravura a Blue Ivy
Come tutte le superstar che si rispettino, specialmente quelle che evolvono insieme alla rete, Beyoncé capisce l’importanza delle immagini. Quest’anno la vede nominata per la regia del film Black is King, un visual album per Disney+ basato sulla musica del suo disco The Lion King: The Gift, colonna sonora del remake del film Il re Leone. Intanto, Brown Skin Girl è in lista per il Best Music Video.
La seconda nomination è forse la più interessante perché è la prima ai Grammy ottenuta dalla figlia di Beyoncé, Blue Ivy Carter, di 9 anni – che appare nel video accanto alla mamma, a Saint Jhn e a Wizkid. La prima di tante? Blue Ivy ha già vinto un NAACP Image Award, un Soul Train Music Award e un BET Her Award. Al momento casa Carter ha un totale sbalorditivo di 160 nomination ai Grammy, e mancano solo i gemellini Sir e Rumi all’appello.
© Kevin Mazur/Getty Images
Ha ancora un Grammy da vincere
Il cammino di Beyoncé ai Grammy Awards non è stato privo di ostacoli. Pur avendo ottenuto sei premi per l’album I Am… Sasha Fierce all’edizione del 2010, i suoi classici più recenti e lodati dalla critica sono stati relativamente ignorati quando si è trattato dei premi più ambiti. 4, un disco spesso poco considerato ma che è stato un vero punto di svolta nel costruire un suo percorso personale dopo essersi separata dal padre-manager Mathew Knowles, ha ricevuto soltanto due candidature. Il follow-up del 2013, BEYONCÉ – un visual album emotivamente complesso lanciato senza preavviso che ha cambiato il modo di far uscire i nuovi dischi – ha vinto tre delle sue cinque nomination, e una di queste era per, ehm, Best Surround Sound Album.
© Frederick M. Brown/Getty Images
Quando Lemonade, l’album del 2016 sulla sua crisi matrimoniale, l’ha definitivamente consacrata una delle più grandi icone della musica, ci si aspettava un bel bottino di Grammy. Invece ne ha vinti solo due su nove nomination, uno dei quali l’ha incasellata nella categoria Urban Contemporary Album (ora rinominato Best Progressive R&B Album). Una stranezza, considerata l’ampia varietà di generi contenuta nell’album, tra cui il country (Daddy Lessons) e il rock (Don’t Hurt Yourself, in collaborazione con Jack White). Quello è stato anche l’anno in cui Beyoncé è stata nominata per la terza volta nella prestigiosa categoria Album of the Year e ha perso. Come ha detto Adele, aggiudicatasi il premio con 25: “Che c…zo deve fare ancora per vincere Album of the Year?”
In una carriera cosparsa di successi, record battuti e un’influenza tale sulla cultura contemporanea da essere studiata nelle università, forse non avere il Grammy per l’album dell’anno significa che c’è ancora qualcosa a cui mirare. Anche se lei non lo ammette – la musica è molto più dei premi – non si arriva dov’è arrivata Beyoncé senza volersi vedere attribuiti i più alti riconoscimenti della propria industria. Speriamo ci sia un’altra uscita a sorpresa di un album all’orizzonte, così forse riuscirà a realizzare quell’ultimo desiderio nel 2022.