I migliori film italiani da vedere su Netflix
Film italiani su Netflix: la top 5 di Vogue
Dai grandi classici, come La ciociara e Pane, amore e…, ai premiatissimi La grande bellezza e
In parte frutto dell’ingegno di artisti giovani e in parte omaggio a icone del cinema tricolore, mettono in scena una Penisola dai molti volti e dalle mille sfaccettature. Nessuna retorica da cartolina, zero cliché culturali e tanta speranza: che ci siano velleità autoriali o puro desiderio d’intrattenimento, poco conta. Hanno in comune storie di grandi e piccole umanità, di viaggi condivisi o d’immense solitudini.
Chiamami col tuo nome
1. Chiamami col tuo nome
In principio c’era l’omonimo romanzo di André Aciman, poi venne il film di Luca Guadagnino ambientato negli Anni Ottanta e vincitore di un Premio Oscar su quattro candidature, che racconta il primo batticuore di due ragazzi, Elio (Timothée Chalamet) e Oliver (Armie Hammer). La bellezza della scoperta, il brivido dell’innamoramento, la sospensione magica dell’estate: ogni momento ha il sapore dell’infinito. I due passano il tempo insieme a chiacchierare al bar del paesino del nord Italia, a nuotare nella piscina della villa di campagna (il padre di Elio, professore, ospita lo studente americano Oliver per le vacanze), a incrociare sguardi pieni d’aspettativa da un punto all’altro della biblioteca e a pedalare, liberi, tra la campagna vicino Crema. Tutto è nuovo, i colori diventano più vividi, le emozioni vengono amplificate e le parole acquistano un suono diverso. Perdersi l’uno nell’altro senza paura, con quell’incoscienza propria dell’età e della ricerca di sé, resta uno dei regali più sublimi di questo racconto dal sapore antico.
Poetico ed emozionante, è ideale per chi sa che nessun gesto sembra piccolo agli occhi di chi ama.
The Place
2. The place
Un bar, un taccuino e otto storie annotate tra le pagine di un uomo misterioso, seduto al tavolo più isolato del locale. Paolo Genovese mette in scena il remake della serie The booth at the end, con un cast all star di interpreti italiani che include Alessandro Borghie Vittoria Puccini. Sembra un puzzle i cui pezzi s’incastrano insieme con studiata lentezza perché ogni personaggio svela di sé solo il minimo indispensabile. Lo scopo? Convincere questo sconosciuto a esaudire un loro desiderio. Non è gratis, però, e ogni richiesta ha un costo, non monetario ma altrettanto esoso perché richiede un compito delicatissimo e spesso ai limiti della legalità e della morale. Si tratta di una serie di paradossi, bivi impossibili, come quando a una suora impone di restare incinta per ritrovare la fede. Giorno dopo giorno si siede di fronte a lui un’umanità sofferente, martirizzata, piegata dalle avversità e abbandonata, ma nessuna parola resta inascoltata.
Misterioso e avvincente, è consigliato a chi non vuole tutte le risposte, ma cerca solo di porsi le domande giuste.
Lo chiamavano Jeeg Robot
3. Lo chiamavano Jeeg Robot
Il debutto autoprodotto di Gabriele Mainetti, sembra una favola dalla lunga e disperata gestazione e uno dei migliori film italiani su Netflix. Al centro della vicenda c’è un uomo disincantato e perso, un ladro da quattro soldi, Enzo (Claudio Santamaria), che agisce nella periferia romana con personaggi di dubbia fama come lo Zingaro (Luca Marinelli). Quando incontra una vicina un po’ “svitata” e ingenua, Alessia (Ilenia Pastorelli), invece di trattarla col suo solito cinismo, inizia suo malgrado a far parte del suo mondo fantastico con l’ossessione di Jeeg robot d’acciaio. Piano piano il ragazzo incarna quella figura di supereroe quando scopre di essere diventato invincibile dopo essersi beccato una pallottola. Spiderman direbbe che da grandi poteri derivano grandi responsabilità, ma Enzo è abituato a vivacchiare di espedienti e questa svolta improvvisa gli sembra l’occasione che ha sempre cercato per farla franca. Solo Alessia crede ci sia del buono in lui e lo guarda davvero come se adorasse la terra su cui poggia i piedi. Il protagonista, invece, da lupo solitario si trasforma piano piano in un uomo diverso, inaspettato, sorprendente.
Visionario e sognante, è consigliato a chi crede al potere dei desideri e alla forza di volontà per realizzarli.
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La vita davanti a sé
© REGINE DE LAZZARIS AKA GRETA
4. La vita davanti a sé
La vita davanti a sé segna il ritorno sulle scene della divina Sophia Loren dopo oltre dieci anni d’assenza. A convincerla ci ha pensato il figlio Edoardo Ponti, che ha curato la regia di questa pellicola tratta dall’omonimo romanzo di Romain Gary. E già si parla di uno stato di grazia da Oscar, che potrebbe coinvolgere anche la colonna sonora con il brano di Laura Pausini. La vicenda è tristemente attuale perché si parla di pregiudizi, intolleranza e razzismo, ma anche di accoglienza. La protagonista, Madame Rosa, ha un passato da deportata in un campo di concentramento e da prostituta ma a Bari ha dedicato la vita a dare un tetto sulla testa ai bambini abbandonati. Inaspettatamente si ritrova un giorno ad accudire un bambino orfano, Momò, di origini senegalesi. Quello che è nato come un incontro tutt’altro che pacifico ed è cresciuto come un rapporto di diffidenza e ostilità però evolve come una strana amicizia basata su rispetto e fiducia. Giorno dopo giorno i due imparano tanto l’uno dall’altra e crescono, inaspettatamente, insieme.
Toccante e suggestivo, consigliato a chi non si ferma alle apparenze.
L'incredibile storia dell'Isola delle Rose
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5. L’incredibile storia dell’Isola delle Rose
L’incredibile storia dell’Isola delle Rose è tratta da una storia vera ambientata nel '68, uno degli anni più turbolenti del nostro passato prossimo. Il protagonista Giorgio (Elio Germano) è un ingegnere stravagante, sempre pronto a costruire prototipi curiosi e ad avallare le teorie meno popolari. Un giorno, quasi per caso, ipotizza la creazione di un territorio fuori da ogni giurisdizione, libero dalla politica e dagli interessi economici, e lo mette in atto con un’installazione in acque internazionali. La buffa vicenda viene portata all’attenzione del Consiglio d’Europa che dovrebbe riconoscere l’indipendenza dell’Isola delle Rose, dopo il plauso dell’ONU. Giorgio emette passaporti, conia moneta e crea francobolli ad hoc, fino ad offrire cittadinanza ad un apolide. I giovani coetanei vedono questa piattaforma galleggiante come un paradiso senza restrizioni, un inno alla libertà e un’ode all’indipendenza. Peccato che le istituzioni la vedano diversamente…
Eccentrico, è perfetto per chi non accetta un no come risposta e crede che la conoscenza non conosca confini.