La Copenhagen Fashion Week rende la moda più green. Volete sapere come?
Dopo aver optato in agosto per un evento "phygital" (in parte fisico, in parte digitale), la Copenhagen Fashion Week (CFW), dove sono di casa i
"Siamo a un punto critico, penso che molti brand abbiano capito durante la pandemia che c'è qualcosa che non funziona nel sistema", dice a Vogue Cecilie Thorsmark, CEO della Copenhagen Fashion Week, in corso dal 2 al 5 febbraio 2021. "Ciò ha confermato il potenziale del nostro piano: le settimane della moda non devono essere solo una piattaforma per mostrare le collezioni ma agire per guidare una transizione sostenibile all'interno del settore".
Ecco perché nel gennaio 2020 la CFW, che ha lanciato il suo piano d'azione triennale per la sostenibilità, ha sviluppato un sistema a punti attentamente ponderato attraverso il quale saranno valutati gli sforzi verdi dei brand. Per stabilire un punteggio di base è in corso in questo mese un test pilota che coinvolge 12 aziende. Sulla base di tali risultati sarà definito un obiettivo ancora più ambizioso per il 2023.
Seguendo la CFW nel suo ruolo di apripista, ecco cosa possiamo imparare su come promuovere un cambiamento positivo nel settore della moda e come è auspicabile che altre settimane della moda seguano l'esempio.
1. Le settimane della moda possono accelerare l'azione di contrasto alla crisi climatica
Anche se si è parlato molto dell'impatto ambientale delle settimane della moda globali durante la pandemia, le effettive emissioni di CO2 di una settimana della moda, legate alla produzione di vestiti, sono relativamente piccole (si stima che il 70 per cento delle emissioni provenga da operazioni a monte come la produzione e la lavorazione dei tessuti). Nonostante la CFW stia lavorando duramente per ridurre le proprie emissioni e preveda di tornare ad essere un evento fisico quando sarà possibile farlo in sicurezza, eserciterà la sua vera influenza nel tentativo di ridurre gli impatti negativi all'interno del settore in senso lato.
"La CFW può giocare un ruolo vitale nel definire un'agenda globale", sostengono Rikke Baumgarten ed Helle Hestehave, fondatrici di Baum und Pferdgarten, che hanno già preso una serie di impegni per il 2024 tra cui quello di garantire che il 75% dei loro prodotti sia riciclabile. "Il suo piano d'azione spinge i marchi partecipanti a diventare più sostenibili in un arco di tempo relativamente breve. È un modo interessante per noi di [...] vedere quanta strada abbiamo fatto, misurandola su una scala alternativa".
2. Bisogna guardare il quadro generale
Con molti brand che ora dichiarano di essere "sostenibili" pur facendo solo il minimo indispensabile, è importante guardare il quadro generale. Il solo fatto che un marchio introduca tessuti riciclati nelle sue collezioni non lo rende automaticamente una scelta più responsabile. "Abbiamo voluto sviluppare un quadro di riferimento che consideri tutti gli aspetti della catena del valore di un'azienda", afferma Thorsmark. "Si potrebbe ottenere un punteggio elevato, ma essere carenti in un'area come quella delle condizioni di lavoro. Questo è il motivo che ci ha spinto ad aggiungere degli standard minimi".
Il piano d'azione della CFW 2023 include 17 requisiti minimi che i marchi dovranno soddisfare (come impegnarsi a non distruggere i vestiti invenduti, utilizzare almeno il 50% di tessuti certificati, di origine biologica, riciclati in modo creativo o riutilizzati in tutte le collezioni e usare solo imballaggi sostenibili). A seguito delle proteste globali contro le ingiustizie razziali nel 2020 e alla ripresa del movimento #MeToo in Danimarca, il quadro di riferimento ora impone anche che i marchi debbano offrire pari opportunità e garantire un ambiente di lavoro sicuro, sano e rispettoso per tutti i dipendenti, privo di molestie e discriminazione.
3. I brand vogliono essere parte del cambiamento
Tempo fa l'introduzione di un sistema di punteggi minimi avrebbe potuto indurre i brand a un rifiuto, ma la sostenibilità è ora considerata così importante che i partecipanti alla CFW hanno prontamente accolto il nuovo quadro di riferimento. "In questo momento il settore è sicuramente ricettivo al cambiamento. Se avessimo lanciato questa iniziativa, ad esempio, cinque anni fa, non sono sicura che avremmo ricevuto lo stesso sostegno", afferma Thorsmark. "La maggior parte dei marchi ha già intrapreso il percorso verso la sostenibilità, quindi hanno accolto subito la nostra iniziativa".
Ganni, per esempio, ha esposto apertamente la sua strategia di sostenibilità, avviando ad agosto una collaborazione con Levi's per la sua piattaforma di noleggio, Ganni Repeat. "Sotto molti aspetti, i progetti e gli obiettivi che abbiamo fissato per Ganni hanno ispirato dei punti di azione per il quadro di riferimento della CFW e viceversa", spiega il CEO e co-fondatore di Ganni, Nicolaj Reffstrup, membro del comitato consultivo per la sostenibilità di Copenhagen. "Siamo già a buon punto con le iniziative. Per questa stagione, la nostra collezione AW21 è composta per il 70 per cento di tessuti di origine biologica, riciclati e certificati".
Allo stesso tempo Stine Goya, la cui collezione autunno inverno 2021 è costituita per il 55 per cento di materiali sostenibili (come cotone di origine biologica, viscosa di provenienza sostenibile e poliestere riciclato), descrive la sostenibilità come una "priorità fondamentale in tutto ciò che facciamo" e aggiunge che riunire insieme i marchi promuoverà il progresso. "Abbiamo bisogno di unire le nostre forze per avviare il cambiamento e dobbiamo considerarci responsabili noi stessi e vicendevolmente", afferma Goya. "È un processo graduale, che progredisce stagione dopo stagione e che non può andare a regime da un giorno all'altro, ma ci impegniamo ad apportare un'importante quantità di cambiamenti ogni giorno".
4. Anche altre piattaforme possono spingere al cambiamento
Per ora, nel calendario del mese della moda, Copenhagen rimane un caso isolato per quanto riguarda la richiesta, ai marchi partecipanti, del rispetto di uno standard minimo di sostenibilità. Thorsmark spera però che altre piattaforme, compresi i grandi rivenditori al dettaglio, comincino a utilizzare il quadro di riferimento, come ha fatto ad esempio la Copenhagen International Fashion Fair (CIFF) che ha già adottato il sistema a punti.
"Se vogliamo veramente influire in modo globale sul settore della moda, allora non basta solo la CFW", conclude Thorsmark. "Abbiamo bisogno che anche altre settimane della moda e altre grandi piattaforme del settore seguano l'esempio".