Si chiama «gamerbait». Coincide con la crescita veloce, accelerata, «dei prodotti culturali ispirati all’ecosistema estetico del mondo dei videogiochi». Un termine coniato dalla società losangelina
K-Hole (la stessa che ha inventato il «normcore») e rilanciato a metà gennaio da The Guardian in riferimento alle plurime contaminazioni in corso tra gaming e moda. La previsione del gruppo americano, specializzato nell’intercettare nuovi fenomeni, è perentoria: «The mainstream is the game stream». Mentre i concerti sono vietati, gli eventi sportivi dal vivo proibiti, Hollywood è in affanno per le mille cautele sui set, l’industria del divertimento interattivo prospera (ha chiuso il 2020 con un fatturato globale pari a 180 miliardi di dollari, in aumento del 20 per cento rispetto a 12 mesi prima) e invade altri universi espressivi. Il videogame piace non solo, anzi non tanto, in quanto fuga dalla realtà: «Crea un senso di comunità in un tempo in cui la nostra esistenza fisica sta emergendo nel mondo digitale», ha detto a Vogue BusinessVirgil Abloh, il designer di Off-White e direttore artistico di Louis Vuitton, in un’intervista in cui confessa di essere cresciuto a pane e Nintendo.
L’endorsement è centrale, attuale, trascende qualsiasi concessione alla nostalgia: il videogioco conquista anche chi non sa giocare né intende imparare, è una versione svecchiata, sdrammatizzata, meno piatta dei social. In cui esserci, sebbene a mo’ di avatar, coincide con l’apparire: l’omonima azienda dietro il titolo multiplayer Roblox è stata appena valutata quasi 30 miliardi di dollari perché i suoi utenti fanno shopping selvaggio di oggetti, capi e accessori per i loro personaggi; look di Nike, Prada e Gucci sono ambiti per vestire i protagonisti di blockbuster come Fortnite o Animal Crossing. Le maison non si sottraggono a queste sinergie, hanno capito che si fondano su nuovi meccanismi per cementare la relazione con i clienti e sedurne di potenziali.
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In apertura: il videogioco con cui Sunnei ha presentato la collezione A/I 21.
Leggete l'articolo integrale sul numero di febbraio di Vogue Italia, in edicola dal 5 febbraio