Antologia di Casa Vogue. Il Palais Bulles di Antti Lovag
Molto, pressoché tutto, si è detto, scritto e mostrato diPierre Cardinquando èscomparso a fine 2020. Nel tutto non poteva mancare il Palais Bulles, la sua
© Carter Smith
Sinuosità, aria, curviforme, curvilineo, scultoreo, architettonico, anatomico, cerchio, circolazione, flusso, fluire, convesso, concavo, ovale, ogiforme, etereo, parabolico, tondo, nodo, spirale, spazio, cerchio, cellula, cosmico, disco, orbita, cilindrico, sfera, pallone, elementare, superficie, volume, sci-fi, capsula, cavernoso, cavità, cupola, membrana, baccello, tempo, corpo, incubatrice, scissione, organico, inversione, composto, silhouette, celeste, labirinto, globo, avanguardia, illusione, immaginazione, sogno, visione, futuristico, circolo, satellite, utopia, universo, occhio, polso, arco, zero, infinito, pianeta, galassia, eclisse, valvola, arteria, visuale, sensuale, tattile, forma, luminosità, modulare, habitat, organo, lente, ricettacolo, tumulo, vista, bozzolo, atmosfera, palazzo, bolla. Immaginate un’idea, una visione del futuro: una casa fatta interamente di superfici curve.
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Le Palais Bulles: il progetto di costruire un intero universo a immagine e somiglianza del corpo umano. Concepito dall’architetto ungherese Antti Lovag (1920-2014) nei primi anni 70 e iniziato nel 1974, è stato ultimato all’inizio degli anni 90. Oggi la struttura, non meno scandalosamente futuristica di allora, sembra bizzarramente sospesa nel tempo. Come molte altre opere di fantascienza, architettura, cinematografia e letteratura (“Blade Runner”, “Star Trek”, “1984”, “Il prigioniero”), la sua profezia non ha ancora trovato il momento e lo stile per realizzarsi. Il mondo di domani, sospeso nel tempo, preservato ed ermeticamente sigillato nella sua piega temporale. Non appena fu informato del progetto, Pierre Cardin ebbe la certezza che avrebbe combaciato alla perfezione con il suo universo. Cardin è sempre stato affascinato da cerchi, sfere e satelliti, riferimenti che non sono mai mancati nelle sue creazioni, nel design dei prodotti, negli arredi laccati e nelle collezioni d’abiti. La sua gonna a palloncino sagomata da un’armatura di filo di ferro è ancor oggi fonte di ispirazione per gli stilisti. E i modelli coi reggiseni conici a scanalature concentriche sono del 1966.
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Oggi, in quest’epoca di eclettismo, la villa esige al contrario un purismo futuristico, olistico. Qui il mix non funziona: niente manufatti etnici o influenze multiculturali. Le creazioni di Cardin di fine anni 60 e inizio 70 sono le uniche davvero degne di completare quest’opera architettonica. «I capi che preferisco sono quelli che creo per il mondo di domani». Sbarcate dalla navicella spaziale vestendo gli ultramoderni modelli d’annata Cardin. Una macchina per vivere fantasie, Xanadu, una remota colonia terrestre, un esperimento di stile del vivere. Questa villa è un’inversione, un capovolgimento dell’estetica: il dentro fuori, il fuori dentro. Le elevazioni esterne ricordano la crescita di una creatura organica primordiale, soggetta a una metamorfosi misteriosa, meristematica, cellula dopo cellula. Con le sue lenti convesse e sporgenti è una casa di occhi, non per gli occhi.
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Un caotico e sconcertante ammasso di organi stilizzati, troncati, di bulbi e orbite oculari. Per quanto sia concettualmente stimolante e affascinante, difficilmente il visitatore sarebbe portato a descrivere l’esterno della villa come una forma realizzata all’insegna del bello. Progetti grandiosi e visionari come questo vivono più spesso nella mente del loro creatore che nel mondo reale, e raramente lasciano il tavolo da disegno. Passione, dedizione, fede e finanza hanno fatto sì che questo palazzo dei sogni diventasse realtà. Situata fra Cannes e St. Raphael, sulle montagne sopra la Costa Azzurra, l’opera di Lovag è stata giudicata un’offesa al buon gusto dagli abitanti del luogo, ma Cardin l’ha difesa fino a costruire un’enorme staccionata in plastica per celarne la sagoma nebulosa.
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Dietro quel riparo, il suo organismo in crescita ha potuto giacere indisturbato come i baccelli de “L’invasione degli ultracorpi”. Cardin non aveva dubbi: «La borghesia intrappolata non capirà mai la mia creatività». E invece ora, con sua somma gratificazione, la villa è stata dichiarata ufficialmente œuvre d’art, diventando intoccabile. All’interno, un labirinto di condotti, reti neurali, panorami arteriosi, superfici lisce e luminose. Tonalità calde, sensuali, procaci, nude, toni dell’incarnato e uterini. Un unico spazio aperto ma dotato di spazi segreti. Percorrendo i corridoi dalle pareti ricurve, salendo scale, assaporando la vista di un interno dopo l’altro, ci si sente come sospesi in un’enorme navicella spaziale. È facile sentirsi sperduti nell’enormità delle sue proporzioni: conta ben ventotto stanze da letto ovali e circolari, tutte con bagno interno.
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Le finestre ovali attraggono lo sguardo verso l’esterno, un tripudio di sfumature del blu, mare e cielo, visioni di rappacificante serenità. Dappertutto, lucernari opalescenti e convessi a forma di baccelli illuminano le superfici. Raggi di luce filtrano posandosi su oggetti scultorei sapientemente posizionati, i colori in armonia con la tranquillità dell’interno. La zona giorno-relax ospita gli esclusivi divani e sedili ispirati alla barriera corallina. Cardin ne commissionò la realizzazione nel 1976 al designer francese Prévost. Seduti su queste morbide sagome organiche, se ne avverte il graduale adattamento alla forma del corpo. Squisiti pezzi scultorei, sembrerebbero quasi viventi, con le soffuse tonalità terrose, i marroni di terra asciutta, i sabbia, i verde muschio bagnato e i corallo, screziati da procaci ghirigori simili a paesaggi aerei e a stratificate carte organiche piene di isobare e isoipse. La vista che si gode dal finestrone ovale induce un senso di rasserenamento, quasi di trance, effetto dell’elevazione sul lontano Mar Mediterraneo Questa è una casa di elementi, cielo, acqua, terra, aria.
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Tuffarsi nelle pozze d’acqua o camminare sul bordo della piscina pensile crea l’illusione di attraversare il limite tra un elemento sospeso e l’altro, oltre la soglia, entrando in un nuovo mondo. Un’esperienza surreale. All’avvicinarsi del crepuscolo la struttura e l’atmosfera mutano in modo quasi camaleontico. Al tramonto, la volta celeste e il suo riflesso nelle pozze d’acqua fondono la villa e l’etere in un tutt’uno. Solo ora l’edificio e il paesaggio diventano più compatibili. E al calar della notte le luci convesse e circolari dei baccelli brillano di toni soffusi come se su questa montagna francese fossero atterrati con intento pacifico dei viaggiatori spaziali, luminescenti, tintinnanti, rifulgenti. Ora la villa assume una rara qualità di bellezza.
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Forse Le Palais Bulles è più una dimora da visitare che da vivere. Un rifugio, un riparo dal mondo reale. Un santuario dove ricaricarsi e sognare. Le sue energie, dinamiche e al tempo stesso benigne, passive, modificano la percezione e alterano lo stato di coscienza: una casa per contemplare e pensare. Dal quadrato al rettangolo alla curva e all’arco, dal duro e angolare al morbido e fluido. Cardin stesso dice: «Ogni volta che vengo quassù mi ricarico spiritualmente, moralmente e psicologicamente. È come un monastero».
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