KAWS: una visita esclusiva e in anteprima alla sua mostra di New York
“Per me l’arte ha sempre avuto a che fare con la comunicazione”, afferma Brian Donnelly che, molto probabilmente, conoscete meglio grazie al suo tag KAWS.
© Jonty Wilde
Tutti con il marchio distintivo delle due X al posto degli occhi, questi personaggi popolano l’iconografia di Donnelly, a partire dai graffiti passando per i dipinti, i giocattoli da collezione in miniatura come anche le sculture dalle dimensioni colossali e persino l’arredamento. Nel 2018, ha lavorato con il duo dei Campana Brothers di San Paolo del Brasile per creare una linea di poltrone e divani ricoperti con i peluche KAWS. Il risultato della collaborazione è stato presentato alla fiera d’arte DesignMiami e acquistato immediatamente da celebrità come Kylie Jenner e il rapper Travis Scott.
Sebbene venga spesso trascurato dalla critica, Donnelly è probabilmente uno degli artisti contemporanei più amati. Basta chiederlo ai suoi 3,2 milioni di follower su Instagram o all’offerente anonimo che ha pagato 14,8 milioni di dollari per The KAWS Album all’asta di Sotheby nel 2019 (Donnelly non ha guadagnato nulla a causa delle regolamentazioni in materia di royalty sulle rivendite). Per non parlare poi del fatto che i suoi gesti audaci e ironici si sono rivelati essere un vero invito a nozze per il mondo della moda.
© Brad Bridgers
Ha collaborato con nomi del calibro di A Bathing Ape, Supreme e Nike e, per la sua collezione di debutto a Dior Men, Kim Jones ha siglato una partnership con KAWS per portare una scultura alta quasi dieci metri del suo personaggio totem BFF in passerella. Invece, per la stagione autunno inverno 2021 di Comme des Garçons, Rei Kawakubo ha cosparso camicie, cappotti e borse con una stampa CDG creata a partire dai disegni di Donnelly. “Ho sempre amato il modo in cui la gente può relazionarsi con il tuo lavoro in maniera intima e profonda grazie alla moda”, afferma l’artista. “Una cosa è vedere un’opera su una parete ma indossarla stampata su un capo di abbigliamento è tutta un’altra sensazione”.
© Bertrand Rindoff Petroff
Questo mese KAWS: WHAT PARTY inaugura al Brooklyn Museum il 26 febbraio. Promossa come la sua prima grande esposizione monografica a New York, la mostra ripercorre i 25 anni della carriera di Donnelly e presenta le sue recenti incursioni nel mondo della realtà aumentata, permettendo alla gente di tutto di mondo di entrare nel suo universo tramite l’app Acute Art. In occasione dell’inaugurazione, Donnelly ha invitato Vogue per un tour virtuale della mostra, per poi raccontare la sua storia grazie ad alcune opere scelte appositamente.
Untitled (Haring), 1997
UNTITLED (HARING), 1997
“Crescendo i miei ‘eroi’ erano persone come Lee Quiñones, Futura 2000 e Blade — graffitisti della fine degli anni 70 e l’inizio degli anni 80 – che vedevo darsi un’identità e farsi un nome. Non considero Keith Haring un graffitista ma è finito nel mio radar per via della sua arte di strada e dei legami con artisti come DONDI. Appeso ad una pensilina dell’autobus del mio quartiere c’era un poster della mostra di Haring al Whitney Museum of American Art su cui non ho potuto fare a meno di ‘mettere le mani’. Amavo molto il suo approccio democratico al fare arte e come l’abbia resa accessibile attraverso il suo store, Pop Shop. Mi è venuto naturale dipingere sulla sua opera”.
UNTITLED (DKNY), 1999
“Ho iniziato a dipingere sui cartelloni pubblicitari nel 1993. All’epoca, vivevo con i miei genitori a Jersey City [New Jersey] e i poster che trovavi in giro erano quelli della Marlboro e di Captain Morgan. Quando mi sono trasferito a New York nel 1996, c’erano più pubblicità di moda come DKNY e Calvin Klein. Rompevo le pensile dell’autobus e le cabine telefoniche del mio quartiere, pitturavo sui cartelloni pubblicitari e poi li rimettevo al loro posto. Non avevo intenzione di entrare nella moda, volevo semplicemente far conoscere al mondo la mia arte”.
UNTITLED (KIMPSONS), PACKAGE PAINTING SERIES, 2001
“Questo rappresenta il mio tentativo di riunire assieme gli universi che fanno parte del mio immaginario. È un dipinto che funziona anche come oggetto scultoreo e rientra nella tradizione dei giocattoli. I cartoni esistono in culture e Paesi diversi: in Messico, i bambini della mia età sono cresciuti a ‘pane e Puffi’ come è stato anche per me. Molti dei miei dipinti sono piatti come i cartoni. Mi piace la sensazione che suscita questa opera quando ti ci metti davanti e la osservi, specialmente nel formato e nelle dimensioni in cui lavoro io”.
© Chad Kleitsch
CHUM, 2008
“In origine, nel 2002, avevo creato CHUM come un giocattolo da collezione. La Michelin è stata una delle prime aziende ad allontanarsi dal prodotto, come immagine rappresentativa, per scegliere invece un personaggio. Sia che si tratti di animazione o di pubblicità, mi ha sempre interessato capire in che modo personaggi del genere diventano riconoscibile agli occhi della gente e come questa ci si relazioni. Hanno una vita che va ben oltre l’attore o la personalità che rappresenta il brand”.
COMPANION, 2010
“COMPANION è stato il primo giocattolo che ho creato nel 1999. Non avrei mai immaginato che avrei continuato ad utilizzare COMPANION nel mio lavoro a distanza di vent’anni. Eppure ci sono ancora messaggi che desidero veicolare proprio tramite questo personaggio. Continua a sembrarmi nuovo”.
© Peter Harholdt
UNTITLED (KAWS PINOCCHIO), 2010
“Nel corso della mostra, ci sono diversi disegni a penna che ho realizzato per progetti differenti. Questo di Pinocchio era per un giocattolo che ho creato per la Disney nel 2010 e ho venduto nel mio store di Tokyo, OriginalFake [aperto dal 2006 al 2013]. Avere un negozio permanente è stata un’ottima piattaforma per me [senza essere rappresentato da una galleria] per lavorare assieme ad aziende come Disney, Warner Bros e Burton”.
AT THIS TIME, 2013
“Nel 2005, ho iniziato a produrre piccole versioni di legno assieme ad un’azienda giapponese di nome Karimoku. In seguito ho creato opere di legno su larga scala alte più di 10 metri. Quando vedi una scultura di quelle dimensioni, l’effetto è quasi travolgente ma è di legno e siamo all’aperto quindi c’è anche un senso di vulnerabilità e, come una barca, necessita di manutenzione costante. Amo cercare i luoghi migliori per le mie opere: le sculture di legno sono intagliate vicino ad Amsterdam, poi spedite a Maastricht per essere rifinite a mano”.
© Farzad Owrang
THE NEWS, 2017
“Questa serie di nove dipinti realizzati nel 2017 rappresenta una tensione che provavo in quel periodo. Sono colorati e piacevoli alla vista ma sono, al contempo, permeati da un senso d’ansia. È andata via? In parte sì, in parte no. Creativamente l’ansia e i dubbi mi portano a dare il meglio di me”.
KAWS: HOLIDAY, 2019
“È bella la sensazione di avere una scultura permanente che puoi visitare ogni qual volta ti trovi in quella città ma è anche altrettanto affascinante, come qualità, la natura effimera di un’opera come KAWS: HOLIDAY. Questa riproduzione gonfiabile di COMPANION (di ben 40 metri) era stata allestita alla base del Monte Fuji, in Giappone, per sei giorni, dopo essere stata in tour a Hong Kong, Taipei e in Korea. La gente veniva da lontano per vederla, poi si accampava lì vicino. È questo che mi ha portato ad interessarmi alla realtà aumentata e a giocare con l’interrogativo del ‘Cosa è reale? ’”.
URGE (KUB2), 2020
“A marzo 2020, sia io sia mia moglie ci siamo ammalati di Covid-19. C’era incertezza ovunque e giravano notizie che dicevano di non toccarsi il viso, non toccare nulla. Ho iniziato a disegnare CHUM con le mani sul volto che toccavano e contaminavano. Deve essere umoristico ma è anche molto ansiogeno. Quando sono uscito dall’isolamento, ho trasformato quei disegni in 10 dipinti, che sono disposti a griglia all’interno della mostra”.
KAWS: WHAT PARTY è in mostra al Brooklyn Museum dal 26 febbraio al 5 settembre 2021 ed è a cura di Eugenie Tsai, John and Barbara Vogelstein senior curator. Co-edito da Phaidon, il catalogo interamente illustrato, e con contenuti nuovi ed esclusivi e cinque diverse copertine, sarà disponibile a partire dal 23 giugno