Non per tutti. Il social network OnlyFans
Basta nominarlo in una conversazione per scatenare attimi d’imbarazzo e sorrisetti maliziosi. Non è una reazione ingiustificata: la fama di OnlyFans si lega soprattutto alla galassia
«Mi pare ovvio che un’industria ricca di innovatori, che si muove in anticipo sulle tendenze, possa essere attratta da una piattaforma in grado di regalare un’esperienza personalizzata», dice Stokely con aplomb britannico. La sua principale intuizione è stata ribaltare il paradigma oggi in auge nei social network: anziché andare a caccia di sponsorizzazioni e improvvisare televendite o propagandare hashtag, su OnlyFans gli influencer si fanno foraggiare direttamente dal loro pubblico. Incassano attraverso abbonamenti periodici, dalla vendita di singole foto e video accompagnati da messaggi testuali oppure audio, tramite dirette in streaming a numero chiuso, tutorial, masterclass. Un modello, stando agli ultimi dati ufficiali, che ha catturato 100 milioni di utenti e, soprattutto, distribuito ai creator oltre 3 miliardi di dollari: «Oltre 250 di loro hanno superato con noi il milione di fatturato».
Alcuni abiti della collezione Spring 2021 di Rebecca Minkoff. Il brand, nato nel 2005, è su ogni piattaforma digitale e social media esistente al mondo, compresi OnlyFans, iTunes con un podcast settimanale, Clubhouse e Klarna. «Ma potrei uscire a breve da TikTok», dichiara Minkoff.
© IMMAGINE TRATTA DALL’ACCOUNT ONLYFANS DEL BRAND REBECCA MINKOFF.
Per i brand il ribaltamento sarebbe persino più radicale: «Anziché versare soldi a Instagram per la pubblicità, qui ottengono visibilità e guadagni». Il Ceo di OnlyFans non si sottrae, fa delle ipotesi sulle sinergie da costruire: «I designer potrebbero mostrare i capi in preview, magari accompagnati da un codice sconto. O garantire la possibilità ai loro iscritti di essere i primi ad acquistarli». Così l’utente fortemente motivato, quello che Stokely chiama «hardcore fan», arriverebbe a spendere due volte: per il contenuto virtuale e per il vestito o l’accessorio fisico.
Sullo sfondo di tutto il ragionamento s’intravede una visione precisa del futuro: dopo aver pagato per musica e serie tv, faremo lo stesso per un’esperienza premium sui social network. Senza particolari remore: «Siamo già abituati a dare un prezzo all’esclusività. Attribuiamo un valore al privilegio di avere accesso a un extra, a qualcosa in più, prima degli altri».