La collezione autunno inverno 2021 2022 di Nensi Avetisian
La designer Nensi Avetisian, di origini armene e di base a Mosca, ha da poco presentato la collezione autunno inverno 2021 2022 che ha come punto di partenza “l’ambiguità della moda
sostenibile contemporanea”. Avetisian si è fatta notare per la sua estetica complessa, ricca di rimandi e riferimenti, oltre che per un consapevole approccio responsabile. Dopo essersi laureata alla British Higher School of Art & Design (BHSAD) di Mosca, proprio in concomitanza con l’inizio della pandemia, ha lanciato il suo brand omonimo, nel quale la formazione artistica ha preso sicuramente il sopravvento. Le tecniche che adopera nei capi sono infatti le stesse che utilizza per realizzare le sue creazioni artistiche, servendosi di materiali e tessuti, vintage e recuperati, che vengono poi serigrafati con le stampe che disegna o lavorati con stampi ottenuti attraverso macchinari 3D.
La sua estetica è inoltre costantemente legata alla cultura armena, come la musica, la pittura e l’architettura – la Structural bag rievoca la struttura di una famosa chiesa del suo Paese – e per la collezione autunno inverno 2021 2022 ha voluto coniugare il richiamo alle proprie radici con gli studi sulla moda condotti da Roland Barthes nell’opera The Fashion System, in particolare nel primo capitolo Written Clothing, così come con il saggio From “Green Blur” to Ecofashion: Fashioning an Eco-lexicon di Sue Thomas, accademica inglese che insegna alla RMIT University in Australia. Queste tematiche hanno portato la designer ad approfondire l’approccio che la moda ha con la sostenibilità e con tutta la terminologia che la riguarda.
La collezione di Nensi Avetisian è incentrata su una serie di lavorazioni tridimensionali, sviluppate attraverso tecniche e materiali differenti, che ricorrono però nella maggior parte dei look. Un top doppiato in tessuto cangiante con incrocio sulla schiena è decorato da goffrature geometriche e a rilievo sulle spalle e sul petto ed è abbinato a pantaloni con arricciature lungo le cuciture laterali. Le stesse goffrature compongono interamente un abito color pesca indossato su una camicia bordeaux con allacciatura al collo. L’effetto tridimensionale diventa più rigido negli inserti di pelle che vengono utilizzati per top e gonne oltre che per la borsa che ne rappresenta la più concreta rappresentazione. Fantasie rigate, volutamente imprecise, sono scelte per bermuda e minigonne, abbinati poi a gilet in maglia intarsiata a bande sul retro e, nella parte frontale, con il ricorrente effetto a rilievo. Infine un completo gessato vede il blouson che lo compone rifinito con un inserto in pelle, caratterizzato da un dégradé multicolore.
Abbiamo parlato con Nensi Avetisian per sapere di più del suo lavoro.
Quando hai iniziato a lavorare nella moda?
Ho iniziato a lavorare nella moda probabilmente quando ho fatto uno stage per il brand Tigran Avetisyan a Mosca, nel 2015. A quel tempo studiavo alla BHSAD, ma oltre a frequentare l’università facevo stage a Mosca e cercavo altri lavori. Mi sono laureata proprio quando è scoppiata la pandemia e per questo motivo non ho potuto fare stage all’estero, ma mi sono concentrata soprattutto sulla community della moda a Mosca e ho collaborato con alcuni creativi locali. Non pensavo di creare un mio brand, è successo in modo naturale e oggi sta crescendo lentamente, ma con successo.
Come descriveresti lo stile del tuo brand?
Anni ‘80, upcycled, con a volte un mood un po’ cupo.
In che modo le tue origini armene influenzano il tuo lavoro?
Sono cresciuta in una famiglia armena tradizionale e religiosa, e da bambina mi hanno insegnato un’idea specifica di rapporto all’interno della famiglia. Sono cresciuta con mia nonna che con me parla in armeno. Ascoltare le sue storie sui parenti e sulla sua terra d'origine mi hanno fatto conoscere meglio me stessa. Nel mio lavoro faccio sempre riferimento alla musica, ai pittori, all’architettura dell’Armenia. Ad esempio, il mio pezzo più emblematico finora è la borsa in pelle upcycled che prende spunto dalla struttura di una chiesa armena che ho visto quando sono stata lì l’ultima volta.
Utilizzi le stesse tecniche per creare i tuoi abiti e la tua arte. Puoi dirci qualcosa di più? E di che tecniche si tratta?
Ogni collezione parte dai materiali, dalle tecniche, dagli oggetti. I bozzetti possono esserci durante il processo creativo o possono non esserci affatto. Ad esempio, l’accostamento fra oggetti antichi e moderni è visibile nella struttura di un’antica chiesa armena ricreata su oggetti realizzati riciclando bicchieri e buste di plastica. In seguito la mia arte viene trasposta sugli indumenti, in rilievo sui tessuti. Un altro esempio è la creazione delle stampe. Prima di tutto creo delle tele o tavole e poi il lavoro viene scannerizzato e stampato sul tessuto o serigrafato.
L’ispirazione per la tua collezione autunno inverno 2021 2022 è “l’ambiguità della moda sostenibile contemporanea”. Che cosa intendi dire?
La parola “sostenibile” è nuova e non ha una definizione molto chiara, è un fenomeno che viene sfruttato da vari brand con scopi contraddittori. La collezione si basa sul concetto dell’incomprensione delle informazioni che arrivano ai consumatori attraverso i giornali, le riviste e Internet. Si fa confusione quando un termine viene usato al posto di un altro e si perde la possibilità di essere precisi, ma anche di usare le sfumature di quella parola. Ad esempio, la parola “naturale” può voler significare mancanza di inquinamento, coltivazioni e raccolti ecologici. Una parola di cui si abusa soprattutto nel marketing e nel settore delle promozione più che nei media. In senso lato, l’uso dell’hyphen, cioè del trattino, rappresenta un altro problema. L’hyphen viene di solito usato prima o dopo le parole “eco” e “green” come ad esempio in ambientalista light-green, pin-up eco-power, eco-narcisismo ed eco-etico. “Ambientalista light-green”, ed “eco conscience” (senza trattino) sono indicativi di questo problema: sono tautologici (Sue Thomas, From “Green Blur” to Ecofashion: Fashioning an Eco-lexicon, 2015). Per dimostrare che i termini legati a moda, ecologia, ambiente, sostenibilità ed etica non sono compresi nel modo giusto, o usati in modo scorretto, ho usato abbinamenti “contrastanti” come la pelle naturale (upcycled) e la plastica (riciclata). La nascita del consumo etico e del commercio equo hanno avuto come risultato un’attenzione maggiore sull’uso responsabile del linguaggio. La comprensione di queste parole fa parte del processo che influenza il passaggio dalla fast fashion a un nuovo modello che vede il raggiungimento di obiettivi sostenibili nella moda o per colmare il gap che esiste fra “conoscere e agire”.
Cosa ha ispirato in particolare la collezione autunno inverno 2021?
La collezione autunno inverno 2021 si ispira a due saggi: uno di Barthes (1983 [1967]) “Written Clothing” e uno di Thomas (2015) “From “Green Blur” to Ecofashion: Fashioning an Eco-lexicon”. Incarna l’idea di un linguaggio della moda che non sempre fa riferimento alla realtà, attraverso silhouette aderenti con plissé, drappeggi e tecniche di arricciatura che si ispirano alle immagini delle persone “impacchettate” come nelle réclame degli anni '50 della DuPont Cellophane che mostrava bambini avvolti nella plastica. La collezione fa quindi riferimento al saggio di Roland Barthes “Written Clothing” sul rapporto fra testo e immagine, su un’immagine inesprimibile senza un testo, priva di significato. Partendo dall’attenzione crescente sulla sostenibilità a livello globale, e dalla comunicazione del messaggio sostenibile, utilizzando le parole chiave più efficaci e comprensibili, la collezione analizza alcuni di questi termini, espressioni e frasi usati dalla fashion industry e dai media, il loro significato e la loro origine. Cerco di creare capi a cui poi le persone possano attribuire un significato. Non metto un significato nel mio lavoro, faccio in modo che il mio lavoro stimoli questo processo di attribuzione.
In che modo il tuo brand è sostenibile?
Per me essere sostenibili significa essere onesti e aperti. Significa stabilire un dialogo con tutto e tutti. Non si tratta solo dei materiali che utilizziamo. Qui si tratta delle persone, delle loro condizioni di lavoro, del modo in cui si utilizza il linguaggio, del modo in cui le persone interagiscono su Internet. In pratica è quello a cui penso sempre quando creo le mie collezioni, quando disegno i bozzetti, lavoro con la produzione, comunico con i clienti: come rendere ogni processo creativo e ogni catena produttiva più etici. Inoltre utilizziamo anche tessuti di capi vintage, tessuti da giacenze di magazzino o di seconda mano trovati online. L’anno scorso abbiamo realizzato un video in cui spieghiamo come creiamo le nostre borse a partire da capi in pelle riciclati che è stato presentato di recente su SHOWstudio.
In più ricicliamo buste e bicchieri di plastica e li utilizziamo per i nostri accessori: scarpe, borse, bijoux. Ogni tanto organizziamo una raccolta di plastica, i nostri clienti raccolgono plastica di tipo due e quattro e ce la mandano. È tutto quello che usiamo per i nostri accessori. Non mescoliamo mai i vari tipi di plastica che ricicliamo, così si potranno riciclare ancora in un secondo momento.
I tuoi progetti per il futuro, considerato questo periodo difficile?
Sono una giovane designer che a causa della pandemia sta avendo difficoltà, ma cerco di rischiare, di spingermi oltre la mia comfort zone e sentirmi comunque a mio agio. Per il futuro, vedo il mio brand con una produzione locale più consolidata e in collaborazione con gli artigiani locali in Russia e in Armenia. Per me la cosa più importante è preservare la creatività e seguire un approccio etico e filosofico per la crescita del brand.