Danza: intervista con il coreografo Marcos Morau

Danza: incontro con Marcos Morau, che dirige la compagna di Barcellona La Veronal

Con Marcos Morau la Spagna ha trovato il suo regista-coreografo di genio

e di grido, artista totale, visionario e contemporaneo, tra i più interessati della sua generazione, conteso dai teatri di tutto il mondo. Trentasei anni, formatosi al teatro e alla fotografia, da un decennio dirige a Barcellona la compagnia La Veronal, collettivo di creativi in varie discipline. Abbiamo incontrato Morau a Rovereto, al festival Oriente Occidente, che nell’edizione (speciale!) del 40° anniversario è tornato a ospitarlo quale suo artista associato con la nuova creazione co-prodotta, Sonoma: un trionfo nelle due recenti recite in prima assoluta al Teatro Zandonai.

Marcos Morau, il festival Oriente Occidente ha accolto la vostra prima rappresentazione teatrale dopo il lockdown. Lei da artista come ha vissuto i mesi scorsi?
È stato davvero difficile perché ero abituato a viaggiare molto, incontrare tante persone, lavorare intensamente: giorno dopo giorno tutto veniva cancellato... Triste soprattutto vedere i miei danzatori e collaboratori impossibilitati a lavorare e dunque a guadagnare. Io per fortuna non ho mai perso la speranza e ho continuato a prendere appunti e raccogliere immagini, disegnare scene, creare playlist, immaginare movimenti e visioni: quando sei un creativo, un artista, lo sei sempre. Ma era tutto nella mia mente, niente di reale, avevo bisogno di condividerlo con i miei danzatori. Così, quando ci siamo ritrovati per la prima volta in sala prove abbiamo quasi pianto, pensando che era successo, sì, ma che eravamo sopravvissuti.

Marcos Morau

Sonoma, creazione nata proprio in lockdown, è condizionata da quanto accaduto?
Certamente: un artista non può guardare solo nella propria direzione, né evitare la vita. Naturalmente non c’è alcun riferimento al Covid, che però è presente in un certo modo amplificato, quasi urlato, di portare in scena movimenti, parole, canti. Il mio stesso linguaggio coreografico è quasi irriconoscibile: è come se questa volta fossero gli elementi naturali, con la loro violenza, a muovere i danzatori.

Sonoma. Foto Alfred Mauve

© Mauvego

PerSonomal’ispirazione dichiarata è al regista Luis Buñuel: in che modo?
In Spagna per noi giovani artisti Luis Buñuel resta un referente fondamentale, per la sua libertà di immaginazione, più forte della vita stessa. Ritrovo anche somiglianze biografiche. Entrambi veniamo da piccoli paesi, da zone di fortissime tradizioni: lui dalla provincia di Aragona, io di Valencia, che abbiamo lasciato, lui per Parigi per incontrare il surrealismo, io per Barcellona e per New York e poi per il mondo intero. Come Garcia Lorca o Picasso, Buñuel, senza alcun complesso per le proprie origini, ha sempre considerato quale propria essenza le sue radici, portandole nell’avanguardia. Anche a me interessa questo processo artistico, di trasformazione del mio background in un nuovo immaginario.

Il folklore e la religione spagnoli connotano questa creazione: come li ha rappresentati?
Per Buñuel il legame con la religione era essenziale. Io pure mi considero molto religioso, non perché credo in dio, ma per la mia educazione: i misteri, i colori, i profumi delle nostre cerimonie, con le quali sono cresciuto, sono rimasti impressi in me, così come in Buñuel, e mi piace trasfigurarli attraverso il mio sguardo di artista di oggi. Li ritroverete nei costumi, nei canti, nelle musiche, soprattutto nei tamburi della nostra tradizione, nelle maschere usate in senso metaforico: è il folklore aragonese, che io non riproduco così com’è ma che ricreo.

Sonoma. Foto Alfred Mauve

Parliamo di coreografia:Sonomaè molto danzato. Lei, che non ha studiato danza, come riesce a creare coreografie così belle e nuove?
Sempre in collaborazione con i miei danzatori, per Sonoma con le nove danzatrici (tutte donne!) protagoniste. I miei interpreti capiscono quello che voglio, mi propongono dei movimenti e io approvo o correggo. I danzatori hanno l’esperienza interna per eseguire i movimenti, lanciarsi in virtuosismi, esprimere emozioni, ma serve loro un occhio esterno, lo sguardo di quanto appare al pubblico. Io faccio sì che il loro corpo pensi e danzi a modo mio. Certo è fondamentale per me scegliere bene i danzatori e capirne la personalità, un po’ come farebbe uno psicologo. Mi piace lavorare così, secondo il mio metodo, che applico anche nei workshop con altri interpreti e compagnie.

Tanti sono i maestri del passato che ispirano le sue creazioni.
L’eredità artistica del XX secolo è immane e resta nel mio immaginario: l’arte, il cinema, il teatro, l’opera... Certo è difficile essere creativo, visionario, unico, in un mondo come quello di oggi che corre troppo velocemente. Io tento di farlo leggendo il mio presente e la mia generazione attraverso i riferimenti del passato, ma per entrare nel futuro.

Sonoma. Foto Marina Rodriguez

Tra le cancellazioni e i posticipi dei suoi spettacoli, cosa vedremo prossimamente?
Oltre alle date europee di Sonoma, a breve la creazione alla quale sto lavorando, per la compagnia italiana Spellbound Contemporary Ballet. Il tema è quell’acme di giovinezza, quando ci sente capaci di tutto, che dura un soffio: lo ricordo bene, una decina di anni fa e… mi è già sfuggito. Ecco, avevo voglia di riflettere su questo. Si intitolerà – credo – Vittoria e debutterà a Milano il 10 ottobre, proprio il giorno dopo il mio compleanno, al Teatro dell’Elfo, nell’ambito del festival MilanOltre (https://www.milanoltre.org).

Sonoma. Foto Alfred Mauve

© Mauvego

Sonoma. Foto Alfred Mauve

In apertura: foto di Marina Rodriguez

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