Oscar 2021: il successo di Anthony Hopkins con The Father
The Father, con Anthony Hopkins e Olivia Colman, è uno di queifilmche si conquista subito un
Il film tratta la malattia – in questo caso la demenza senile – con enorme tatto e ritrae tutta la confusione che un anziano prova nel mescolare ricordi, volti e luoghi. Lo racconta il regista francese Florian Zeller, in anteprima al Festival di Zurigo (nei cinema italiani arriverà a gennaio 2021), dove la protagonista Olivia Colman (Elisabetta II nella serie The Crown) ha ricevuto il premio alla carriera della kermesse svizzera, il Golden Eye Award. Per impegni di set non può ritirarlo di persona ma si collega su Zoom con il pubblico. Ha gli occhi lucidi di gioia: “Non pensavo avrei rivisto così presto un mio film in una sala cinematografica, la sola idea di riempie di emozione. E sono doppiamente grata che il progetto sia The Father, un copione che non sono riuscita a mettere giù finché non ho letto l’ultima pagina. Non avrei dato il ruolo a nessun’altra, doveva essere mio e poi con un padre come Anthony Hopkins? Assolutamente irresistibile: sul set vederlo in azione mi ha tolto il fiato, mi bastava reagire a quello che faceva lui, ero in ottime mani. Non solo un professionista scrupoloso ma un uomo gentile, divertente, di quello che sforna un aneddoto dietro l’altro. Arrivava in scena e mi chiedeva sempre: “Olivia, non siamo fortunati a vivere una vita così meravigliosa?”. Ecco, questo è stato il tono di questa storia così delicata e straziante, di un papà che perde pian piano pezzi di sé e di una figlia che cerca di tenerli insieme”. L’ispirazione, spiega il regista, è totalmente autobiografica.
Olivia Colman e Antony Hopkins in The Father
© SEAN GLEASON
Com’è nata l’idea?
Io sono cresciuto con mia nonna, ma quando avevo 15 anni lei ha iniziato a soffrire di demenza. La famiglia si è ritrovata in mezzo al dilemma classico: farla vivere in una struttura dedicata o mettere in stand by la nostra vita per starle accanto?
Cosa si è risposto?
Che la mia esperienza era universale e ognuno di noi la conosce. Prima l’ho messa in scena a teatro e dopo ogni replica la gente veniva dietro le quinte a raccontarsi, come una sorta di catarsi. Mi hanno dato del pazzo a voler fare una storia simile al cinema e invece il pubblico ha risposto, ha condiviso emozioni e pianto con noi.
Film simili ce ne sono tanti. Cos’ha il suo di speciale?
Lo spettatore è dentro la testa del protagonista e vive sgomento e confusione come lui, non è solo uno spettatore annoiato di una vicenda che non lo riguarda. Stavolta il pubblico ha un ruolo attivo, sente sulla propria pelle il disorientamento della demenza e vuole ricostruire la vicenda come un puzzle ma i pezzi gli sfuggono di mano.
Anche i toni sono molto diversi, vero?
Certo, partiamo come un thriller e solo dopo si parla di family drama. È sconvolgente vedere il personaggio di Anthony Hopkins perdere la testa in quel mondo, sentire scivolare via da sé pezzi d’intelligenza. Quando lo conosciamo si vede in salone e siamo certi sia casa sua ma ad un certo punto iniziamo a dubitare persino di quello, ci sentiamo vulnerabili e in balia degli eventi proprio come lui.
Olivia Colman diventa fragile eppure potentissima in questo ruolo. Cosa ha saputo vedere in lei?
Incarna la perfetta eroina quotidiana, silenziosa, in lei c’è qualcosa di magico. Te ne innamori appena la vedi perché non indossa maschere e ti conquista con la sua umanità. È un libro aperto che sorride alla vita e ti trasmette immediata empatia. Come si fa a non amarla?
Florian Zeller
© Thomas Niedermueller