Arte: un libro racconta i 100 dipinti più rivoluzionari di sempre
I più iconici di sempre, quelli dopo i quali nulla è più come prima. I
E non è forse rivoluzionario Michelangelo che nel suo celeberrimo Giudizio osa fare il punto – indicato tra le due dita, quello di Dio e quello di Adamo, che si toccano – della creazione umana? E Raffaello, che nelle Stanze Vaticane mette in scena il sapere? E Rembrandt, che porta la scienza in pittura e gioca con la luce?
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E via cosi, secolo dopo secolo, Flavio Caroli mostra i grandi rivoluzionari della pittura, che sconvolsero non solo il mondo dell’arte, ma il mondo tout court. «L’entità silenziosa, affascinante, severa, irraggiungibile – ma sempre disponibile – che denominiamo arte è un motore essenziale non solo di una Bellezza per così dire autoctona e distante, ma è anche protagonista dei sanguinolenti percorsi che l’uomo ha tracciato e seguito su questo Pianeta», dice Caroli. Parafrasando: l’arte incide nelle nostre vite, le cambia. Il “pensiero in figura” di pochi ha cambiato azioni e visioni di molti, certamente anche le nostre. Siamo andati allora a vedere che cosa è successo nel Novecento e, seguendo le orme di Caroli, abbiamo redatto un poker dei dipinti più rivoluzionari.
Picasso e la rivoluzione dello sguardo: Les Demoiselles d'Avignon
Ecco Les Demoiselles d’Avignon (1909: potete ossevarlo per bene qui nel sito del MoMa di New York dove è conservato): nelle originali intenzioni di Picasso, il dipinto avrebbe dovuto rappresentare l’iniziazione di un ragazzino circondato da un gruppo di prostitute di un bordello di calle Avignon, a Barcellona. Dopo tanti tentativi e schizzi, il pittore compie la scelta audace di togliere la figura maschile e schiacciare le donne nel claustrofobico spazio della stanza di piacere, moltiplicando su tela il suo (e i loro) punto di vista. Nasce il Cubismo: l’arte ci dice che la realtà è più complessa dell’impressione iniziale che ne abbiamo.
Les Demoiselles d’Avignon, Picasso
Mirò e la rivoluzione dell’inconscio: Il compianto degli amanti
Il carnevale di Arlecchino così come il Compianto degli Amanti (visibile su Google Arts & Culture) sono opere realizzate negli anni Venti, dopo che Juan Mirò aveva soggiornato a Parigi e conosciuto André Breton: Mirò stesso racconta che in quel periodo le idee per le sue tele gli sopraggiungevano la notte, quando tornava a casa tardissimo e senza cena. Le immagini gli si proiettavano nel soffitto, quasi fossero visioni allucinate, con quei colori bianco, rosso e giallo che si stagliano sulle pareti spoglie che spesso scorgiamo nei suoi dipinti. L’arte ha imparato a mostrare l’interiore invisibile.
Il compianto degli amanti, Juan Mirò
Pollock e la rivoluzione della tecnica: Number 1
Number 1 di Jackson Pollock (1949, conservata al Museum of Contemporary Art di Los Angeles, qui) segna la rivoluzione nell’approccio alla pittura, qui basato su una gestualità immediata e veemente. Il quadro e la tela sono un “campo d’azione” per l’artista che, ispirandosi alle azioni dei Navajo nei loro disegni sulla sabbia, instaura una “danza creativa” con l’opera al pavimento. L’arte va oltre la razionalità implicita in qualsiasi rappresentazione figurativa e tecnica: è prima di tutto ebbrezza e abbandono.
Number 1, Jackson Pollock
Fontana e la rivoluzione dello spazio: Concetti spaziali
Dalla fine degli anni Quaranta Lucio Fontana osa l’impensabile: cerca, squarciando e tagliando la tela, la terza dimensione della pittura con i suoi Concetti Spaziali (qui ne potete ammirare uno). Sono buchi su altri universi (interiori?): Fontana ne farà tantissimi e a questi aggiungerà la serie dei tagli. L’arte occupa nuove dimensioni dello spazio e della mente, si fa concetto.
Concetti spaziali, Lucio Fontana
Warhol e la rivoluzione della riproducibilità: Marilyn
Andy Warhol è, in ordine cronologico, l’ultimo dei rivoluzionari nel volume di Flavio Caroli. Con la sua indimenticabile e riproducibilissima Marilyn del ‘67 (eccola qui, da ammirare per bene nel sito del MoMa di New York) scompagina le carte ancora una volta. Il ritratto di Marilyn Monroe, sorridente e apparentemente spensierata, è sottoposto «a un processo geniale e perverso» che tramuta la diva in un’icona universale della modernità ma la condanna allo stesso tempo all’omologazione. L’arte è diventata uno dei tanti beni di consumo di massa.
Marilyn, 1967. Andy Warhol