La Royal Academy of Art dell’Aia ha proposto anche quest’anno un gruppo di studenti di talento e in linea con la tradizione di questa scuola, che ha sempre avuto il coraggio di affrontare temi
Ecco i migliori studenti della Royal Academy of Art dell’Aia:
Con la sua collezione, Hee Eun Kim interpreta il concetto di "lookism", ovvero il trattamento discriminatorio nei confronti degli altri, basato esclusivamente sull'aspetto. Le persone attraenti sono desiderate, hanno maggiori opportunità e godono di uno status più elevato. Tutti gli altri restano un passo indietro, cosa che secondo la designer è diventato un problema critico nella Corea del Sud. Per lei, la parola "attraente" assume un significato diverso, simboleggiando le contraddizioni del mondo e modificandosi a seconda di chi la usa. Hee Eun Kim stratifica e ricostrusice i suoi abiti, utilizzando sia tecniche classiche che anticonvenzionali come il taglio laser associato a ricami e stampe, per creare forme fluide che intrigano gli occhi di chi guarda e al tempo stesso li confondono. Espressione pura dell'eterno contrasto tra linearità e illusione, attraverso trame trasparenti. Una collezione originale per una designer che farà strada.
Inge Vaandering vuole sottolinerare l'importanza del dialogo tra uomini e oggetti. Il suo processo creativo parte dai materiali che utilizza e non da un concetto. La designer è ispirata dal lavoro "The Eyes of the Skin" dell'architetto Juhani Pallasmaa, che spiega come i nostri sensi siano dominati dalla vista. Inge Vaandering esplora i principi del funzionamento dei sensi, traslandoli in materia corporea che include il tocco e i suoni. Altra fonte d'ispirazione sono le opere del pittore Pyke Koch, che ha dato rilievo all'aspetto tattile degli oggetti e delle figure. Materiali come il velluto di cotone vengono tinti e manipolati, ispirati dal circo e dal burlesque. Pezzi di lana trattati con gomma di lattice vengono utilizzati per creare un poncho. La carta sottile è incollata alla garza e modellata in un parka. Combinazioni insolite che danno vita a creazioni originali, quasi fossero canvas del pensiero di chi le concepisce. Tele colorate con emozioni che si spezzano e ricompattano in quadri di tessuto.
Hailey Kim ci racconta di donne forti e indipendenti, recuperate dai suoi ricordi d'infanzia e ispirate dalla storia di sua nonna, una donna forte che ha cresciuto da sola sei figli e amava indossare abiti a fiori dai colori kitsch. Cresciuta in una Corea del Sud dominata dal sistema patriarcale, ha dovuto subire discriminazioni inaccettabili, scontando anche la "colpa" di essere nata donna, in una società che considerava le donne esseri inferiori. Le esperienze vissute durante l'infanzia hanno spinto Hailey Kim ad approfondire lo stile di vita degli anziani nella Corea del Sud - e in particolare il ruolo delle donne, dimostrando quanto siano determinate e consapevoli della propria situazione. La designer è stata ispirata dagli Haenyeo, ovvero le subacquee coreane, che vengono considerate forti e indipendenti nel suo paese. Le Haenyeo sono i capi di famiglia e la controllano con grande autorità, andando contro le regole dei nuclei familiari tradizionali. Stilisticamente parlando, le sue idee si traducono in tecniche di annodatura, patchwork, fiori e colori vivi.
Eva Dimopoulou ci parla del bisogno umano fondamentale di sentirsi liberi e fare qualcosa di straordinario, nella propria vita. La voglia di trasgredire sposa la ricerca dell'equilibrio tra forze opposte nella sua collezione che si chiama "Metron Ariston", dove Metron in greco significa "Misura". Secondo Cleovoulos, uno dei sette filosofi nell'antica Grecia, il Metron viene visto come regola di vita, anche in campo artistico. Fonti d'ispirazione sono anche l'era minoica (Creta) e del XIX secolo (terraferma greca), il contrasto tra struttura e disintegrazione a livello sociale e culturale - e il senso di libertà che ha contraddistinto queste fasi storiche. La designer, nata e cresciuta ad Atene, ha assorbito i valori concettuali e artistici dell'Antica Grecia, unendoli a quello della famiglia, che è fondamentale nella cultura greca. Il suo motto di vita è proprio una frase che suo padre le sussurrò prima della sua partenza per l'Olanda: "Qualunque cosa tu faccia e ovunque tu sia, non dimenticare mai chi sei e da dove vieni."
Stilisticamente, questi concetti si traducono in silhouettes eleganti, create con tessuti di scarto e la tecnica del patchwork fatto all'uncinetto ispirata dalla nonna della designer. Le cinghie da cui pendono i tessuti rigidi di cotone pieghettato rappresentato il legame tra il corpo e gli abiti. Eva Dimopoulou vuole raggiungere un equilibrio ideale tra libertà e nudità, avvolgendo il corpo femminile con abiti che ne rivelano la sensualità intrinseca e mostrandone i capezzoli per sottolineare che le donne non devono vergognarsi di esprimersi e hanno il diritto, oltre che il coraggio, di lottare contro il luoghi comuni, le aspettative della società e i canoni che quest'ultima cerca di imporre. Una collezione che dimostra il grande talento di questa giovane designer.
La collezione di Hanakin Henriksson è un inno alla protesta intesa come bellezza. Ogni elemento della nostra vita ha una storia, in cui memoria e sensazioni sono legate da un filo immaginario. Spesso ci dimentichamo di quello che è già stato, pensando che solo il futuro possa riservarci sorprese positive e precludendoci di assaporare il bello della nostra storia personale e del mondo. I tessuti utilizzati provengono principalmente dalla provincia di origine del designer nel sud della Svezia. Ritroviamo lenzuola, tovaglie e pezzi di altri tessuti raccolti nel corso degli anni o regalati da amici e parenti. L'abito giallo e le giacche beige sono tinti a mano con pigmenti naturali a portata di tutti come spezie, verdure e vino. La collezione è stata realizzata per essere indossata da tutti, senza restrizioni tipiche legati a taglie e misure. La provenienza dei tessuti è scritta all'interno dei vestiti, personalizzando l'esperienza di chi li sceglierà. Questa è una collezione introspettiva molto interessante, incentrata su chi la indossa e lo spirito con cui lo fa.
Nelle sue creazioni, Tony Ta rielabora i ricordi della sua infanzia, in cui la perdita precoce di un genitore lo ha spinto a crescere più velocemente e assumersi responsabilità che neanche pensava esistessero. Questa esperienza forzata gli ha insegnato ad adattarsi a situazioni diverse, cosa che crede di avere in comune con la Generazione Z, anche se non necessariamente causata da un'esperienza dolorosa come nel suo caso. Il designer sottolinea l'onnipresenza della Gen Z nei social media in momenti chiave della loro crescita, poiché il condividere tutto di sé sembra essere diventata una filosofia di vita. Gli adolescenti di oggi non sono quelli di una volta e si adeguano agli standard dettati dai media, in un contesto spesso fortemente sessualizzato, fino a diventare figure quasi divine con cui migliaia di persone si identificano. Gli influencers mostrano online una realtà effimera e calcolata ma al tempo stesso i social media permettono a tutti di diventare chiunque vogliano e di vestirsi liberamente, nel bene e nel male. Tony Ta si è lasciato ispirare da Stephen Tennant, figura molto apprezzata nei saloni mondani degli anni '20 e maestro nel fare colpo sugli altri, che indossava un mix capi eleganti ed estrosi. Il designer reinterpreta capi classici come i gilet, impreziositi con elementi in rilievo o applicando piume ad abiti ricamati.