La vera storia di Roy Halston Frowick (noto come Halston) raccontata ora in una serie Tv Netflix

Gli spettatori che si sono lamentati per la mancanza di una nuova serie straordinariamente chic da vedere tutta d’un fiato sulla scia di La regina degli scacchi del 2020, ora ne

hanno una nuova di zecca da attendere con trepidazione questa primavera. Halston - una miniserie di Ryan Murphy in cinque puntate – arriva il 14 maggio sul piccolo schermo con la storia fuori dall’ordinario di Roy Halston Frowick (noto come ‘Halston’), l’uomo che ha cambiato la moda americana per sempre. Ewan McGregor interpreta il personaggio che dà il titolo alla serie, affiancato dalle ‘Halstonettes’ Krysta Rodriguez (nella parte di Liza Minnelli) e Rebecca Dayan (Elsa Peretti). Se non avete ancora visto il trailer, guardatelo qui in tutto il suo abbagliante e irriverente splendore.

“Halston e Liza si conoscono, e lui subito le appoggia un tessuto addosso e comincia a modellarlo,” ha raccontato Rodríguez a Vogue, mentre brindava alla prima virtuale della serie dalla sua casa di New York questa settimana. “Ewan si è esercitato tantissimo per capire la tecnica del draping e il risultato è stato l’abito più bello che mi sia mai vista addosso – ed è venuto fuori da un unico pezzo di stoffa e un paio di spilli.”

Bianca Jagger, Halston and Liza Minelli returning to Halston's apartment at Olympic Towers after a night at Studio 54 in New York City 1979.

© Vinnie Zuffante

Nella vita reale, fu la madrina di Minnelli, la poliedrica Kay Thompson, a presentare la star al designer, fissando un appuntamento nel suo studio. “Abbiamo ingranato subito, ed è diventato il miofashion mate”, ricorda Minnelli di quell’elettrizzante primo incontro. Ben presto cominciò ad andare da lui al “101” - la sua abitazione al civico 101 della 63sima Strada Est, che era una sorta di circolo dell’elite creativa della città, e alloStudio 54. Tra gli altri c’erano Elizabeth Taylor, Andy Warhol, Bianca Jagger, Anjelica Huston, Cher e la modella Pat Cleveland. Fu Halston a organizzare la famigerata festa in bianco in onore di Jagger allo Studio 54, quella in cui Minnelli e Jagger furono fotografate mentre liberavano delle colombe bianche.

Lo stilista del Midwest era già un nome noto a quel punto. Le doti di Halston – originariamente come modista – e il suo gusto impeccabile calamitarono le clienti appartenenti all’alta società di Bergdorf Goodman, una delle quali si sarebbe dimostrata particolarmente influente. Mentre il mondo guardava John F. Kennedy giurare da presidente nel 1961, alla moglie Jackie veniva parimenti assegnato lo status di icona culturale globale – il cappellino a tamburello disegnato da Halston abbinato al cappotto verdazzurro chiaro (del costumista Oleg Cassini). Quel look straordinariamente ‘pulito’ fu il momento chiave che portò in voga la modernità. Ma c’è anche un particolare fortuito a decretare il successo mondiale del designer in un’epoca in cui non c’era ancora Internet. Gli spettatori notarono l’ammaccatura apparentemente voluta sul cappello, rimasta per sbaglio quando la first lady si era calcata il cappello in testa per impedire che volasse via durante la ventosa cerimonia d’insediamento. “Tutti quelli che lo copiarono ci aggiunsero un’ammaccatura”, disse Halston con un’alzata di spalle.

Bianca Jagger holds doves while at a party thrown by Halston at Studio 54.

© Bettmann

Otto anni dopo, nel 1969, Halston lanciò la sua etichetta di moda, che sarebbe diventata il tratto distintivo dell’era spolverata di cocaina dello Studio 54. I suoi capi di maggior successo fin dall’inizio? Gli hot pants e gli abiti chemisier in ultrasuede lavabili in lavatrice, che evocavano un lusso caratteristico e informale. Eppure, quelle semplici creazioni nascondevano la sua grande ambizione di trasformare l’industria. Halston non faceva segreto del suo desiderio di “vestire tutta l’America”, né dell’importanza della diversità.

Fu negli affari, tuttavia, che l’essenza eroica di Halston fu messa a rischio. Un’operazione fatta nel 1973 gli fece perdere il controllo del suo nome e nel 1982 firmò un accordo con JCPenney che fece inorridire l’establishment della moda, nonostante stesse di fatto abbozzando, ironia della sorte, lo schema di infinite collaborazioni future tra designer di diverse fasce. Lontano dalla sala del consiglio di amministrazione, anche le sue esagerate stravaganze (leggi: perennemente fatto) ebbero il loro peso, un aspetto che la versione ad alta tensione di Murphy non risparmia di mostrare.

Halston and models attend Diana Vreeland's Costume Exhibition at the Metropolitan Museum of Art, New York, 8 December 1981.

© Images Press

Ecco come il costumista diventato regista Joel Schumacher (St Elmo’s Fire, Ragazzi perduti), interpretato nella serie da Rory Culkin, ricordava quegli eccessi. “Tutti facevano qualcosa di creativo. E tutti facevamo uso di droga. Se riuscivi a sopravvivere agli anni Sessanta, un giorno ti accorgevi che eri solo un tossicodipendente e non più un’anima amante della pace.” Il primo film in cui Schumacher appare nei titoli come costumista è stato, a proposito, l’adattamento del 1972 di Play It As It Lays di Joan Didion, per il quale Halston fornì generosamente squisiti capi d'abbigliamento. “È stato uno degli amici più affettuosi e buoni che abbia mai avuto,” ha aggiunto Schumacher.

La vita di Halston s’interruppe tragicamente. Morì in California nel 1990 per complicazioni legate all’AIDS, lasciando una brillante eredità. In poco più di un ventennio, era riuscito a cambiare il modo in cui le donnesi sentivanonei loro abiti e aveva dimostrato l’influenza immensamente positiva che un designer può avere sulla nostra vita quotidiana. Speriamo che Halston, più che essere una storia ammonitoria di ambizione ed eccessi, dia atto della maestria e dell’audacia di uno dei più grandi visionari della moda.

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