Ecco come TikTok ha reso la taglia media più inclusiva

Dire che ho avuto problemi con le taglie sarebbe un eufemismo. Con un corpo che rientra in una vasta gamma di misure (dalla 42 alla 46

a seconda della parte in questione, il periodo del mese e il tempo passato in lockdown), ho un piccolo esercito di sarti tra i miei numeri preferiti, uno dei quali specializzato solo negli orli, in aggiunta ad alcune tendenze dismorfiche abbastanza radicate.

Immaginate la mia gioia (durante una pratica diventata spaventosamente regolare, ovvero il TikToking prima di andare a dormire) quando ho iniziato a notare sempre più donne con i miei stessi problemi di taglia, con fisici che, sebbene così simili al mio, non ero abituata a vedere al di là dello specchio. Donne con taglie più piccole rispetto alle guerriere della body positivity che sono abituata a vedere nei miei feed, ma più grandi delle solite influencer di moda. Insomma, fisicità proprio come la mia, con gli stessi problemi, tutti taggati con un termine che non avevo mai visto prima: ‘mid-size’.

Sedute lì tra le ‘taglie normali’ (il termine dell’industria per le taglie convenzionali che vanno dalla 30 alla 42) e le ‘plus-size’ (dalla taglia 50 a salire), ci sono le mid-size, che comprendono le taglie dalla 44 alla 50. La donna media in Italia e in Europa veste una taglia 48, o una 44 europea. Eppure, la donna con taglia mid-size è una sorta di maggioranza silenziosa: meno del 20% dell’abbigliamento è pensato per lei e non è rappresentata abbastanza nella moda e nei media.

Ora, le voci sempre più acute della terra di mezzo stanno cercando di far parte di quella conversazione riguardante l’inclusività tramite TikTok, una piattaforma preferita per la sua autenticità, rispetto alla iper-perfezione mostrata da Instagram. Il suo algoritmo consente a un maggior tipo di persone di guadagnare trazione indipendentemente dal numero di follower. In sostanza, se i tuoi contenuti parlano alla gente, allora sarai visto.

Voci dalla “terra di mezzo”

“Sono decisamente una taglia intermedia,” spiega la modella e body activist di Los Angeles Raeann Langas, i cui post shoppable di Instagram includono tag di brand come Reformation, With Jéan e Girlfriend Collective. “Le misure convenzionali di Reformation, ad esempio, arrivano fino alla taglia 12 americana (46 italiana, 42 europea). Alcuni capi mi calzano bene, ma altri sono troppo piccoli, quindi prendo la plus-size. Ma le plus-size sono troppo grandi. Per questo credo ci sia un enorme divario nelle tabelle delle taglie di diversi marchi.”

L’esperienza di Langa viene riecheggiata da quelle della modella californiana mid-size residente in Texas, Ali Tate, che ha iniziato la sua carriera di modella quando era una studentessa adolescente taglia 42 a Londra. “La mia taglia normalmente non ha funzionato,” racconta Tate, la quale preferisce brand come Agolde, Rails, Staud e Orseund Iris. “Le modelle taglia media hanno sempre dovuto perdere peso o aumentare di peso per lavorare. La moda gravita costantemente verso gli estremi ed è davvero interessante, perché molte mie amiche sono della mia stessa taglia e non hanno mai visto nessuno che le riflettesse in foto.” Una modella taglia 38 “non mi somiglia affatto”, spiega, “mentre una plus-size si avvicina di più, ma comunque non riflette la forma o la dimensione del mio corpo.

“C’è sicuramente una battaglia da combattere per le donne dalla taglia 52 in su”, aggiunge Tate. “Però, se parliamo di inclusività non tralasciamo le taglie medie. Dobbiamo vedere l’intera gamma di ciò che è l’essere umano. Ero una taglia 42 e ho lottato tantissimo con i disturbi alimentari e i problemi legati all’aspetto fisico. Le persone lottano ancora con questi problemi, anche quelle taglia media.”

Nel frattempo, la stilista inglese taglia media Karina Marriott, ammette che entrare in un negozio di taglie convenzionali e trovare la propria taglia è un privilegio. “La taglia media non dovrebbe essere un movimento troppo distante dalla comunità plus-size,” afferma. “Non sapevo a quale categoria appartenessi, perché non ero magra né plus-size. Il termine mid-size è davvero utile quando si tratta di trovare donne con una fisicità uguale o simile.”

Un sistema di taglie che funzioni davvero

Nonostante tutti i progressi fatti negli ultimi anni per quel che riguarda la varietà di taglie sulle passerelle, le collezioni autunno inverno 2021 hanno visto un calo drammatico, con solo 19 modelle plus-size rispetto al numero record di 86 della primavera-estate 2020. “C’è sempre stata questa strana concezione nel ready-to-wear di lusso di privilegiare il design e il concept, piuttosto che la comodità, che si tratti di una taglia campione, una taglia convenzionale o altro,” chiarisce Vanja Hedberg, ex-allieva di Margiela e Balenciaga, e direttrice del master in fashion design presso l’Institut Français de la Mode a Parigi.

Hedberg spiega come gran parte delle taglie nei negozi provenga da modelli realizzati per la passerella. In un processo noto come ‘normalizzazione’, questi modelli vengono modificati per adattarsi alle taglie standard europee 38 e 40, formando una base che viene poi aumentata o diminuita. “Non puoi semplicemente prendere un modello e ingrandirlo solo perché le proporzioni cambiano,” aggiunge. “Si tratta di un procedimento matematico complesso che è stato perfezionato e industrializzato. Quindi, forse, è necessario un cambiamento più profondo nel modo in cui progettiamo, con più amore verso il corpo e l’esperienza femminile”.

Alcuni designer, tuttavia, stanno sviluppando soluzioni innovative per offrire alle donne taglie vere. Nel 2018, Chromat, il marchio newyorkese fondato da Becca McCharen-Tran, ha revisionato il suo archivio di modelli e la sua struttura di taglie. Per prepararsi al lancio di una gamma che arrivasse fino alla XXXL, ha tenuto un’iniziativa di quattro giorni a porte aperte riguardante le taglie, che ha visto prendere le misure a oltre 500 donne, tutte con fisicità e taglie diverse. La studentessa di informatica e fashion influencer taglia media Lois Opoku, crede che l’approccio di McCharen-Tran sia il futuro. “Gli stilisti e i brand dovrebbero controllare i dati sulle donne. Questa potrebbe essere la mia esperienza tecnica a parlare,” sorride. “Vedere come la gente appare per strada e sapere che c’è ancora un sistema di taglie che non si adatta alla società e alle donne che tecnicamente comprano i vestiti, è difficile da comprendere.”

True Fit, una piattaforma di personalizzazione basata sui dati che collabora con brand come Levi’s, Ralph Lauren e Ugg, ha sviluppato un Fashion Genome, il set di dati più completo sull’industria dell’abbigliamento e delle calzature, raccolti da quasi 200 milioni di persone negli Stati Uniti, Regno Unito ed Europa. “Nel complesso, quando parliamo con i nostri clienti, la crescita che vedono nel loro assortimento di taglie fa sì che alcuni di loro inizino a rendere più labile il confine tra convenzionale e plus-size,” spiega un rappresentante di True Fit. Dalle loro scoperte si evince che i brand stanno finalmente pensando alla diversa gamma di taglie come un insieme unico, rispetto ai comparti rigidi come ‘standard’ e ‘plus-size’.

Per Tate, un futuro promettente arriva con la celebrazione dei progressi già fatti. “Bisogna riconoscere quanta strada abbiamo già fatto, persino nei 10 anni che ho trascorso nell’industria,” riflette. “Modelle plus size sulle copertine di riviste importanti, con grossi editoriali e che partecipano alle sfilate, questa roba non c’era quando ho iniziato. Riflettendoci, sono abbastanza positiva, ma bisogna riconoscere che, come per qualsiasi altra cosa, possiamo fare molto di più.”

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