Un padre potente e inesistente. Poi una vita, due autobiografie, un caschetto nero e un naso che le volevano far cambiare e invece è diventato
Ci sentiamo al telefono dalla sua casa ai confini della Sequoia National Forest, dove vive con una pecora, tredici capre e cinque cavalli in un ranch che possiede da trentacinque anni. Per questo suo essere strega della natura l’ha scelta Alessandro Michele per la campagna di Bloom Profumo di Fiori, la nuova fragranza Gucci: «Durante gli ultimi due anni ho riempito pagine di diario», racconta, in un’autobulimia esistenziale, «forse son pronta per aggiungere nuovi capitoli alla storia della mia vita».
Gucci Bloom Eau de Parfum. Creata dal maître parfumeur Alberto Morillas, è la prima fragranza sviluppata completamente sotto la direzione creativa di Alessandro Michele. Il suo bouquet è caratterizzato dal trittico olfattivo di estratto di bocciolo di gelsomino, tuberosa e rangoon creeper.
© GUCCI BEAUTY
Quindi è tornata a fare la modella. Come hanno reagito il suo corpo e la sua mente?
Bene, perché posare è stato il mio primo amore: sono una sognatrice, amo quel perdersi nell’immaginazione che si crea coi grandi fotografi. È romantico. E lavorare con Gucci e Alessandro (Michele, ndr) è sempre un privilegio.
Prima della moda, però, c’era stato il cinema.
A sedici anni ho debuttato con Di pari passo con l’amore e la morte, un film diretto da mio padre. Ma non è stata una bella esperienza: sul set era tremendo e a ogni errore mi urlava contro. A quel punto, la moda divenne un modo nuovo per esprimermi, e incarnare la visione di grandi artisti.
Anjelica Huston in un frame della campagna di Gucci Bloom. Con lei la cantautrice Florence Welch (presente nella foto), l’attrice e modella Jodie Turner-Smith e la stilista Susie Cave. Il film è stato girato nella campagna umbra.
© GUCCI BEAUTY
Il fatto che abbia iniziato dopo la morte di sua madre Enrica Soma, uccisa in un incidente d’auto nel 1969, non appare una coincidenza.
Volevo scappare dal dolore: pensi che di quella tragedia, io e mio fratello non ne abbiamo mai parlato. La moda era una strada per fuggire dal mio nome, dal ruolo che mi sembrava di dover ricoprire. All’inizio, a New York, non è stato facile. Avevo una bellezza poco convenzionale che però mi portava a piacere a fotografi come Richard Avedon e Bob Richardson. Di fronte al loro obiettivo, mi sono sentita fiorire per la prima volta.
Con Richardson ebbe anche la prima importante, travagliata, storia d’amore.
Avevo diciotto anni, lui quaranta. Era autoritario e odiava vedermi lavorare con altri fotografi, ma forse, con mia madre appena morta, era quello che cercavo. Bob soffriva di schizofrenia, non è un mistero: una volta gli cucinai una bistecca che lui lanciò contro il muro, solo perché a suo dire avevo impiegato troppo per cucinarla.
(Continua)