Rebecca Dayan ha già vissuto molte vite. Francese di nascita, ha fatto la modella, l’assistente al design da Sonia Rykiel, l’artista (i suoi ipnotici acquerelli sono
L’estremamente stiloso biopic in cinque episodi procede molto spedito, raccontando in ordine cronologico la vita e la carriera di Roy Halston Frowick (Ewan McGregor), il leggendario designer americano divenuto famoso dopo aver creato un cappellino a tamburello per Jacqueline Kennedy; ammiratissimo a New York negli anni Settanta, finì per perdere il controllo del suo impero a seguito di una scalata ostile.
© Photography by Kat Irlin. Styling by Shibon Kennedy. Hair by Blake Erik. Makeup by Cyndle Komarovski
Quasi sempre al suo fianco c’è Peretti (Dayan), sua amica e musa che sfilava leggera nei suoi abiti che hanno definito un’epoca e restava ferma con pazienza nel suo studio mentre lui le scolpiva le sue creazioni sul corpo, drappeggiava, tagliava e metteva spilli ai tessuti, e lei gli dava suggerimenti sulle linee. Negli episodi successivi la vediamo trasformarsi ella stessa in un’artista, traendo ispirazione dai mercati delle pulci che usa per creare gioielli che accompagnano gli abiti di Halston in passerella. Disegna anche la boccetta a forma di lacrima per il primo profumo di Halston e firma un contratto con Tiffany & Co che vede la sua stella emergere proprio quando quella di lui comincia a cadere.
Ora che la serie è approdata su Netflix, abbiamo parlato con Dayan dei suoi pellegrinaggi ai luoghi frequentati da Halston, della festa in uno Studio 54 ricostruito su un set a prova di Covid e della sua nuova veste di produttrice per una causa a cui tiene profondamente.
Elsa Peretti è una grande icona della moda. Interpretarla la intimoriva?
“Sì, in un certo senso. Conoscevo il suo lavoro, ma non la sua vita. È stato affascinante immergersi in essa. Penso che meriti una serie su di lei [ride]. È incredibile quello che ha passato e cosa ha dovuto sacrificare. Era l’inizio degli anni Sessanta – ha lasciato la famiglia e deciso di fare la modella, e poi la designer. Con Halston, sono stati il mio manager e i miei agenti a mandarmi al provino. Ho fatto un secondo provino con il regista, Daniel Minahan, e un paio di settimane dopo ho avuto la parte. Dan lavora a questo progetto da 25 anni, quindi aveva ben chiaro quello che voleva, ma era aperto a suggerimenti. Aveva anche raccolto un sacco di materiale, giornali, libri, interviste e video.”
Come ha perfezionato la voce particolare di Peretti e quella sua innata eleganza?
“La sua voce era molto più profonda della mia, ma io ho una voce roca quindi quello era un bene. Per l’accento ho lavorato con un amico italiano di Dan. Ho anche un’amica qui a New York, la designer Prisca Vera Franchetti, che è di Roma. Ho registrato di nascosto le nostre conversazioni [ride] perché s’intimidisce se le chiedo ‘Mi dici questo con accento italiano?’ Ho registrato chiacchierate di ogni tipo e quello mi ha aiutato con l’accento. Poi, per quanto riguarda la fisicità, i vestiti hanno fatto molto.”
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Gli abiti e i gioielli che si vedono nella serie sono fantastici. Quali erano i suoi preferiti?
“Jeriana San Juan, la costumista, è incredibile, avrei voluto poter tenere tutti i vestiti! Ce ne sono due che mi piacciono tantissimo. Uno è un tailleur su misura. Mi stava a pennello e sotto portavo una camicia aperta e un reggiseno trasparente. Quello - il reggiseno - era un pezzo originale. Era delicato e siamo stati attenti. C’è anche quel vestito in quel color pesca-champagne che porto al matrimonio di Liza Minnelli”.
Peretti e Halston erano così intimi. Come avete legato lei e Ewan McGregor prima delle riprese?
“Quando abbiamo iniziato a girare, prima del Covid a febbraio 2020, Dan ha dato tempo a tutti noi per stare insieme. Siamo andati a pranzo da Bergdorf Goodman, dove Halston un tempo lavorava, e poi siamo andati in tutte le location reali, compresa la sua boutique su Madison Avenue, che adesso è un negozio Max Mara. Ho cucinato per tutti e ci siamo conosciuti. Poi ci siamo tenuti in contatto durante l’intervallo dovuto alla pandemia. Tenevamo tutti al progetto nonostante il periodo difficile e questo ha creato un legame tra noi. Ewan è così coscienzioso. Si è procurato una macchina da cucire e ha deciso di farsi dei pantaloni!”.
InHalston,Peretti, modella prima e designer per Tiffany poi, è ben più di una musa. Questo è stato importante per lei?
“Sì! E la serie mostra anche quanto Halston credesse davvero in Elsa, la spingesse a creare e a darsi da fare. Alcuni hanno detto che se Halston fosse stato etero, lei sarebbe stata il suo grande amore. Il loro era un rapporto profondo e competitivo e nello stesso tempo avevano bisogno l’uno dell’attenzione e della conferma dell’altro. Penso sia fantastico che la nostra serie la presenti come una forza creativa al pari di lui.”
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Dopo lo stop Covid, le riprese sono ricominciate in autunno. Com’è stato tornare sul set per queste grandi scene corali in circostanze così diverse?
“Eravamo così contenti di tornare e sapere che sarebbe successo mi ha aiutato a superare quei mesi. Bisognava adattarsi perché era un modo diverso di lavorare e tutti i protocolli Covid erano nuovi. È strano soprattutto perché la serie è ambientata negli anni Settanta e Ottanta in cui c’era tanta libertà e dissolutezza. All’improvviso sul set sembravano tutti dei dottori [ride]. Le scene allo Studio 54 sono state bellissime. Avevamo tutti paura perché non andavamo a una festa da una vita ma per i sette minuti compresi tra ‘azione’ e ‘stop’ ci è sembrato davvero di essere in una discoteca”.
È riuscita a conoscere Peretti prima della sua scomparsa a marzo di quest’anno?
“Purtroppo no. Ero molto triste quando l’ho saputo. Non so, magari avrebbe odiato me e odiato anche la serie, ma vorrei averla potuta incontrare. Prima delle riprese, non ne avrei mai avuto occasione e speravo che magari una volta che la serie fosse uscita l’avrei trovata. Ho saputo che è morta nel sonno nel luogo che amava - la sua casa in Spagna - quindi questo mi ha tranquillizzata. È stata una modella incredibile. Si parla di ‘girl boss’ e lei è stata una delle prime. Sapeva quanto valeva, non scendeva a compromessi e ha creato qualcosa di nuovo. Ho l’impressione che le giovani generazioni non sappiano davvero chi sia, quindi spero che questa serie sia l'occasione per scoprirla e apprezzarla.”
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Lei è cofondatrice della non-profit Mother Lover, che sensibilizza il mondo sull’alto tasso di mortalità materna negli Usa, e ha prodotto il documentarioBorn Freeincentrato sul tema. Cosa l’ha portata a interessarsi a questo?
“Non sono una madre. Ho visto The Business of Being Born [2008] per puro caso, che è strano perché in genere è un documentario che guardano le donne quando sono incinte. Ho visto due parti in casa e mi è venuta la fissa [ride]. Poi la mia amica Paula Goldstein ha avuto un figlio. È venuta da me e ha detto ‘Voglio fare questo documentario’. Io non avevo idea che gli Stati Uniti avessero un tasso di mortalità materna in crescita. Ho accettato di realizzare il progetto e abbiamo parlato con così tanta gente. Volevamo amplificare queste storie tramite Mother Lover – mettere insieme le persone, dare loro una piattaforma sperando che aiutasse a cambiare le cose a livello nazionale. Spero che riusciremo a distribuire Born Free molto presto.”
Dove ha trascorso questo ultimo anno e come altro ha riempito il suo tempo?
“Sono stata a New York durante quasi tutta la pandemia. Sono andata in Europa a trovare la mia famiglia d'estate e poi sono tornata per le riprese, che sono andate avanti fino a Natale. È stato un anno strano, ma almeno avevamo questo progetto a cui lavorare. Quella è l’altra cosa – avrei voluto poter conoscere Elsa per dirle che mi ha mantenuto sana di mente in questo periodo assurdo. Devo ringraziare lei per questo.”
Halston è su Netflix dal 14 maggio 2021