Per quelli di noi che non hanno mai avuto una macchina con cui andarsene in giro, i film sono un promemoria costante di ciò che
American Graffiti, I ragazzi della 56a strada, La vita è un sogno, C’era una volta a... Hollywood: che si trattasse di viaggi camerateschi o di libertà decappottabile, c’era qualcosa nella cultura dell’automobile nel cinema che parlava di indipendenza americana, di ambizione, di esuberanza e di incoscienza. Che il confine tra entusiasmo e aggressività fosse sempre sottile faceva parte del gioco. Non si poteva mai sapere quando le cose sarebbero sfuggite di mano e sarebbero arrivati i poliziotti.
Il libro di Rick McCloskey, Van Nuys Blvd. 1972 (Sturm & Drang), parla di tutto questo, compresa la polizia, che fa un’indesiderata apparizione verso la fine. Ma McCloskey, cresciuto a Van Nuys, a un solo isolato di distanza dall’omonimo boulevard, ci ricorda che andare in macchina era soprattutto un gioco di seduzione. Per gli adolescenti che abitavano ancora con i genitori, uscire di solito voleva dire incontrarsi con gli amici e andare in giro in auto senza meta, a parte forse Bob’s Big Boy, un fast food diventato oggi leggendario. A Van Nuys, quartiere di Los Angeles nella San Fernando Valley, sin dagli anni 50 il lungo e ampio boulevard è stato il posto dove guidare e passare il tempo. McCloskey ricorda di aver guardato la parata di automobili truccate che sfilavano ben prima di avere preso la patente. «Era un posto formidabile, sia da vedere sia dove farsi vedere, oltre che per sfoggiare la propria auto», scrive nella postfazione al libro.
Una foto di Rick McCloskey tratta dal suo libro “Van Nuys Blvd. 1972” (Sturm & Drang).
© RICK MCCLOSKEY/STURM & DRANG
Aveva ventisei anni quando è tornato in quella strada con la macchina fotografica, non molto più vecchio della maggior parte dei suoi soggetti e ancora del tutto affascinato dalla scena. «La benzina costava poco», scrive, «erano tempi incredibili, e di sera il boulevard brulicava di vita... C’erano tribù di ragazzini low-riders, soprattutto surfisti, auto sportive, piloti di strada, proprietari di Volkswagen... e, ovviamente, migliaia di giovani».
Questi ragazzi sono il suo obiettivo privilegiato, ma non vengono mai ritratti lontani dai loro veicoli, che già di per sé attirano l’attenzione. McCloskey dedica scatti carichi di affetto e buona parte di un paragrafo ai modelli più famosi – Ford Mustang, Pontiac GTO, Chevy Camaro – e osserva come, proprio in fondo alla strada, in North Van Nuys, fosse attiva, 24 ore su 24, una linea di assemblaggio Chevrolet.
Probabilmente lui sarebbe capace di riconoscere tutti i marchi e i modelli della foto qui sopra, mentre a fare impazzire me sono le acconciature e gli outfit. Se queste ragazze – così cariche, intente a divertirsi e ad apparire “Van Nuys fabulous” – non sono dirette a una festa, è perché stanno facendo serata proprio adesso, proprio qui.
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Vince Aletti è critico fotografico e curatore. Vive e lavora a New York dal 1967. Collaboratore di “Aperture”, “Artforum”, “Apartamento” e “Photograph”, è stato co-autore di “Avedon Fashion 1944-2000”, edito da Harry N. Abrams nel 2009, e ha firmato “Issues: A History of Photography in Fashion Magazines”, pubblicato da Phaidon nel 2019.