Stop Hate For Profit: perché le star protestano contro FB

Può apparire una cosa di poco conto: un giorno senza post su Instagram, con i profili congelati. Ma se a farlo sono personalità come quelle

di Kim Kardashian West, Mark Ruffalo, Sacha Baron Cohen,Demi Lovato, Robert Downey Jr (e molti altri) la situazione è un po' diversa. Non solo per i numeri che queste celebrities portano con sé nel momento di un gesto così clamoroso ma anche, e soprattutto nel caso di Kim, per l'eventuale perdita -anche economica- che un congelamento dell'account può portare con sé anche solo per 24 ore.

Il motivo di questo addio di 24 ore al social? Una protesta contro Facebook e la sua inattività nei confronti dell'Hate Speech e dell'utilizzo, spesso e volentieri al limite del criminoso (se non del tutto criminoso) che è stato fatto dalla piattaforma senza che essa prendesse realmente dei provvedimenti.

La protesta rientra nell'attività Stop Hate For Profit, una coalizione di organizzazioni finalizzata a richiamare Facebook alle proprie responsabilità prima fra tutte la sua inattività nel cercare di arginare razzismo, fake news e disinformazione giocando un ruolo di game changer in contesti globalmente rilevanti come le elezioni degli Stati Uniti.

Ancor peggio si ricorda come durante il genocidio di Rohingya nel Myanmar, la piattaforma è stata usata come strumento di propaganda e di incitamento all'odio contro i musulmani. In quella circostanza, a riprova di tutto ciò, un product policy manager di Facebook ha dovuto ammettere che il social network avrebbe dovuto fare di più

.

Al netto di un'attività di sorveglianza sui contenuti pubblicati dagli utenti, si chiede alla piattaforma un cambio di passo nella gestione etica di se stessa. Nello specifico non incitare, amplificare e (indirettamente) stimolare dibattiti su temi che portano alla polarizzazione, all'incitamento alla violenza verbale, il tutto per creare engagement e, di rimando, profitti. "Falsità e cospirazioni sul Covid-19, sui vaccini, climate change e l'Olocausto sono considerati argomenti di conversazione. Le vittime di molestie online sono lasciate virtualmente senza alcuno strumento di difesa".

E chissà se Mark Zuckerberg e il suo board di azionisti finiranno mai per prendere sul serio queste richieste...

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