La perfezione non serve

Le giovani donne sono davvero pronte ad abbracciare i propri difetti? Negli ultimi anni, sempre più movimenti cercano di abbattere stereotipi dannosi, consapevoli dei pericoli psicologici

del body-shaming. Ma promuovere una società e una bellezza più inclusive non è facile. Richiede spesso il rovesciamento di condizionamenti che affondano le radici in un inconscio collettivo secolare. 

«Parliamo di una rivoluzione di cui non credo vedremo gli esiti a breve, anche se tra le adolescenti la body positivity ha innescato i primi cambiamenti», dice Stefania Andreoli, psicologa e psicoterapeuta, membro della Commissione Istituto per l’Autodisciplina Pubblicitaria e giudice onorario del Tribunale per i minorenni di Milano. Che continua: «Sui social compaiono post che tentano di normalizzare le imperfezioni. Così il corpo va a servizio del messaggio, non è più esso stesso il messaggio». 

Eppure è interessante notare come proprio sui social abili creatrici di falsi personaggi digitali siano incoraggiate dall’uso di filtri per la realtà aumentata, come quelli forniti dalle app Facetune e Body Tune. «Tutto ciò si traduce nelle tantissime richieste da parte delle ragazze tra i 18 e i 22 anni dei cosiddetti “ritocchi” di labbra, naso e zigomi più che del seno. Secondo l’indagine 2018 dell’American Academy of Facial Plastic and Reconstructive Surgery, la percentuale di interventi richiesti dai pazienti di età inferiore ai 30 anni è passata dal 58% nel 2013 al 72% nel 2018, con un aumento del 24% (AAFPRS 2019)», racconta Matteo Garavaglia, medico estetico e dermatologo, «È molto difficile spiegare loro che il difetto può rendere un volto interessante, perché fanno parte della generazione nata con la cultura della chirurgia estetica come strada più rapida e “indolore” verso la perfezione». 

Persino la ceretta non è più di moda: «Per le sedicenni, con il consenso dei genitori, l’epilazione permanente è l’unico modo per eliminare i peli superflui», aggiunge Lucia Beltrame della profumeria e centro estetico Ylang Ylang di Milano: «Più che ai trattamenti manuali sono interessate all’allungamento o laminazione delle ciglia, sempre per effetto della Snapchat dysmorphia». 

L’importanza della body positivity risiede, dunque, nella sua capacità di democratizzare la bellezza diffondendo la cultura dell’inclusione e della gentilezza. Non è necessario cambiare i social media, bensì «parlare dell’amore incondizionato e di cosa potrebbe significare per noi», scrive Michelle Moubarak nella ricerca Augmenting Reality, Diminishing Happiness dell’Istituto universitario Sophia, «essere amati semplicemente per quello che siamo, in tutto quello che siamo».

In apertura: “Epidermis”, di Sophie Harris-Taylor mostra un tipo di pelle non solitamente ritratto negli scatti beauty. La normalità e i canoni di bellezza vengono spesso definiti dalle immagini attorno a noi: qui una bella donna che non teme di apparire com’è. Senza imbarazzo.

Da Vogue Italia, n. 850, luglio 2021

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