Helmut Newton visto da Charlotte Rampling

La carriera di Charlotte Rampling è decollata tra le fiamme de La caduta degli dei di Visconti (1969). Con Il portiere di notte della Cavani

(1974) è diventata l’icona di un certo cinema underground, come pure della moda, che da allora non ha mai smesso di ispirarsi alla sua allure dagli accenti trasgressivi.

Da diversi decenni, Charlotte Rampling coltiva un’arte misteriosa, che solo poche attrici del suo rango sanno ben gestire. Negli anni 70 è sulle pagine di Vogue e di altre riviste, si prende il rischio di lavorare con i registi più impegnati, sposa i ruoli più inquietanti. E poco importa se il tempo passa, Rampling mantiene la stessa traiettoria a dispetto di tutti – ma mai di se stessa –, percorrendo una strada solitaria che la rende unica e preziosa. Qui racconta come, nel 1973, iniziò la collaborazione con Helmut Newton.

La sensuale immagine scattata all’hotel Nord-Pinus di Arles è una delle sue più famose fotografie. Può descrivercela?
Sono nuda, seduta sul bordo di un tavolo, i piedi su una poltrona imponente, la testa girata di tre quarti e inquadrata nella parte bassa di uno specchio dalla cornice riccamente scolpita. Più che afferrarlo, sto sfiorando un calice, si spera di champagne, anche se a me sembra acqua chiara.

Cos’è successo durante questo incontro?
La storia di quest’immagine è divertente quanto singolare. Stavo girando Il giorno del toro in Camargue, nel Sud della Francia. Alla Warner, che lo distribuiva, volevano farmi posare nuda per Playboy in vista del lancio del film. Rifiutai. Per convincermi, suggerirono di usare un fotografo di talento e la scelta cadde su Newton. Accettai, ci incontrammo, e nella piccola casa dove stavo scattammo – divertendoci pure – una serie di foto caste e suggestive. Alla fine dello shooting, Helmut mi chiese se volevo fare un’altra foto, nuda, solo per lui. Ci siamo ritrovati in una delle camere più famose dell’Hotel Nord-Pinus di Arles, quella dove i matador soggiornano durante la corrida, e in cui osservano scrupolosamente i rituali della vestizione del loro “abito di luce”: io invece ero nuda, senza l’ombra di un vestito.

Ha dei ricordi precisi?
È stato tutto velocissimo, non più di quaranta minuti. Era la prima volta che mi spogliavo completamente per un fotografo, tutto molto diverso da un servizio di moda. Ho provato una sensazione di abbandono, mi permettevo di essere al servizio di un progetto artistico. In realtà non mi sentivo nuda, ma vestita da un velo di nudità.

(Continua)

In apertura: un nudo che contiene tutti gli stilemi più tipici dell’estetica di Helmut Newton è quello della serie fotografica Charlotte Rampling at the Hotel Nord-Pinus (Arles, 1973).

Leggete l'intervista integrale sul numero di ottobre di Vogue Italia, in edicola dal 6 ottobre

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