In quella cosmogonia che è stata la maison Yves Saint Laurent – Parigi, Av. Marceau –, il dio sarto che si venerava due volte l’anno
Un esempio: è grazie a lei che Rudolf Nureyev riuscì a sfuggire a un futuro di reclusione sovietica. Una mattina, dopo una telefonata del famoso ballerino, Clara va di corsa all’aeroporto parigino di Le Bourget: Nureyev è scortato da membri del Kgb, ben decisi a riportarlo in patria, pronti ad annientare lo spirito di libertà che lo anima e a precludergli ogni possibilità di carriera internazionale. Clara Saint – che era anche la (futura) nuora dell’allora Ministro della Cultura André Malraux – non ha esitazioni: finge un abbraccio con Nureyev, e sussurrandogli qualcosa all’orecchio, lo indirizza con naturalezza verso un gruppo di poliziotti francesi. Da quel momento il destino del ballerino cambia radicalmente, mentre Clara continua la sua vita, una vita dove conosce il Tout-Paris e non accetta un invito a cena se ci sono più di cinque persone.
Al crocevia tra gli anni 60 e 70, Yves Saint Laurent ed Helmut Newton fanno parte di quel gruppo di persone che Clara – senza cercare di ricavarne gloria – vuole aiutare impegnandosi a tessere relazioni. In questa intervista racconta la loro collaborazione.
Come ha incontratoHelmut Newton?
I ricordi che ho di lui sono strettamente intrecciati con quelli di Yves Saint Laurent. Verso la fine degli anni 60, Margot Fonteyn (la celebre ballerina inglese che con Nureyev ebbe un’intensa relazione professionale, e non solo, ndr) abitava da me a Parigi, in rue de Rivoli. Era amica intima di Yves Saint Laurent e Pierre Bergé (suo socio e partner, ndr), e le venne in mente di riunirci tutti. Mi ricordo di un pranzo allegro, ci sentivamo talmente in sintonia che decidemmo di ritrovarci la sera stessa a cena. Io vivevo in totale libertà, avida di libri e di film, che letteralmente divoravo. Avevo appena rinunciato a un posto di redattrice di moda in un magazine e Bergé mi propose la direzione della comunicazione per una futura linea di prêt-à-porter, così inedita che avrebbe dovuto scatenare una specie di rivoluzione. Sedotta dal talento di Yves Saint Laurent, accettai. È lì che è nata la collaborazione con Helmut Newton, su un piano professionale.
Come e dove?
Yves stava lanciando Rive Gauche, la sua prima collezione prêt-à-porter, e non voleva assolutamente farla sembrare – solo perché democratica – la parente povera dell’haute couture. Quegli abiti, che rispettavano la linea inimitabile Saint Laurent, offrivano però una libertà nuova, qualità che ne avrebbe decretato il successo. Ma al di là dei vestiti, occorreva tradurre in immagini questa linea con la stessa cura dedicata alla haute couture. Newton aveva già fotografato dei modelli YSL, ma solo in servizi di moda per alcuni magazine. Era l’occasione per far nascere una nuova relazione artistica, come quella che c’era tra Dior e Avedon... Era ovvio per me che Newton e Saint Laurent avessero molto da dirsi. Non ho fatto altro che organizzare l’incontro. Così è nata una collaborazione che raggiunse la sua apoteosi quando, nel 1975, venne pubblicata su Vogue Paris la famosa foto della rue Aubriot, che ritraeva in strada una “garçonne” contemporanea. Questa collaborazione durata anni ha prodotto un gran numero di foto e di pubblicità che hanno fatto la storia della fotografia di moda.
(Continua)
In apertura: Parigi, 1975: una modella “garçonne” ritratta nel famoso scatto di Helmut Newton Rue Aubriot, simbolo della sua collaborazione con Clara Saint, poi pubblicato su Vogue Paris e oggi presente nella mostra Helmut Newton One Hundred (26/10-8/11, Fondazione Helmut Newton, Berlino).