È impossibile non provare sentimenti contrastanti nei confronti di Helmut Newton. E penso che lui si aspettasse esattamente questo. Forse non intendeva sconvolgere nessuno, ma
O almeno così apparivano all’epoca. Ripensandoci, mi chiedo in che modo avrei reagito se avessi guardato il lavoro di Newton così come era apparso, di mese in mese, sulle pagine del Vogue Paris, invece che tutto in una volta in un libro, con giudizi accusatori annessi. Quando, tempo dopo, ho sfogliato i numeri della rivista, ho anche potuto apprezzare le fotografie nel loro contesto e capire meglio perché fossero importanti. Newton e Guy Bourdin, che spesso si spartivano le pagine più importanti del Vogue francese, erano veri e propri agenti di cambiamento. Sono arrivati in un momento in cui i grandi maestri della fotografia di moda – Horst, Beaton, Parkinson, Avedon, Penn – erano diventati l’establishment, una vecchia guardia che lungi dall’essere moribonda aveva però davvero bisogno di una scossa.
Helmut Newton, “Tv Murder, Hotel on the Croisette” (Cannes, 1975).
© THE HELMUT NEWTON ESTATE / MACONOCHIE PHOTOGRAPHY
Newton non era particolarmente radicale, ma spesso lo era il suo lavoro, e lui e Bourdin non avevano paura di seguire le proprie fantasie erotiche e i propri feticismi ovunque potessero portarli. Insieme hanno cambiato il corso della fotografia di moda, liberandola dalle vecchie convenzioni, prendendola in giro senza pietà, stuzzicandola e mandandola fuori di testa. La perversione particolare di Newton era quella di allestire le sue immagini negli ambienti più lussuosi: suite di Grand Hotel, magioni di famiglie importanti, yacht privati, resorts sulla costa, giardini dalle siepi scolpite. Giocando con la perdurante fascinazione della moda per l’estrema ricchezza – e allo stesso tempo sovvertendola –, Newton sapeva dare al suo flirt con la pornografia una patina decisamente lussuosa.
Il suo lavoro può essere scandaloso, ma non è mai osceno. Brassaï, sua riconosciuta fonte d’ispirazione, influenza alcune delle sue ambientazioni, ma in realtà qui c’è ben poco della dolente, oscura intimità di Brassaï. La carica erotica di Newton è più esplosiva, sebbene non manchino sottigliezze e seduzioni nascoste. Il suo senso dell’umorismo, per quanto tagliente e perverso, è la chiave del suo fascino. Newton è più che desideroso di mettere a disagio il suo pubblico, ma vuole sempre farci divertire. Gli piace dare spettacolo, il più delle volte creando un mondo immaginario e privato di cui rivelare tutti gli intrighi e i segreti. I suoi melodrammi sono quasi sempre commedie composte di equilibrio e di eccesso, decisamente più divertenti che eccitanti. In realtà non penso avesse davvero intenzione di eccitare nessuno; era troppo acuto, troppo intelligente per questo. Ma non voleva neanche che ci limitassimo a girare pagina. Newton si definiva un voyeur. Ha assecondato questa ossessione con ogni mezzo necessario, e ci ha invitato a condividerla con lui. Non vedo più nessuna ragione per non farlo. Può essere difficile da amare, ma non lo si può ignorare. Per qualcuno la sua figura sarà sempre problematica, ma lui non avrebbe voluto niente di diverso.
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Vince Aletti, columnist di Vogue Italia, è scrittore, curatore e critico fotografico.