Gli algoritmi dei social e il thirst trapping, ovvero le immagini provocatorie postate online, chiariscono bene come il nudo sia tutt’oggi un elemento cruciale della
Eppure, conciliare il ricorso al nudo, più o meno artistico, con la sensibilità attuale non è scontato. In fondo, nell’arte occidentale, dietro l’obiettivo che cattura il nudo femminile c’è quasi sempre stato un uomo, perciò è impossibile non farsi domande sulle dinamiche di potere in atto fra il fotografo, la modella e l’utente (che si presume anch’esso maschio). Anche se ciò non implica automaticamente che l’opera di maestri come Helmut Newton, e di molti suoi allievi e imitatori, riduca di per sé la donna a oggetto, è essenziale che, in quanto artefici del nostro mondo visuale, lo sguardo sia diversificato, se vogliamo rimandare l’immagine di una società inclusiva sul piano razziale, corporeo e sessuale.
“Fujifilm x Pdn Project”, Dana Scruggs.
© COURTESY OF THE ARTIST.
Secondo una ricerca di Female Focus, le studentesse nei corsi di fotografia sono fra il 70 e l’80 per cento del totale, eppure solo un numero compreso tra il 13 e il 15 per cento di loro diventerà professionista. Se poi valutiamo quanto siano rappresentati i fotografi non bianchi, queer, femme, trans e non-binari, i dati statistici evidenziano numeri ancora più ridotti. «Spero che nel mondo post #MeToo il nudo contemporaneo equivalga a una riconquista, a una bellissima sommossa», dice Kennedi Carter, fotografa originaria della Carolina del Nord le cui immagini – che trattano i temi della libera espressione delle persone di colore negli Stati Uniti del Sud – sono apparse sul New York Times e su Vogue Italia. «Accettare le nostre forme nude, cioè il modo in cui veniamo al mondo, sprigiona una grande forza».
(Continua)
English text atthis link