Nel corso delle ultime settimane, è iniziato il turbine del mese della moda con un mix di presentazioni digitali, video e sfilate a distanziamento sociale,
In circostanze normali, la comunità di fotografi, blogger, influencer e semplici appassionati di moda che nutrono questa industria parallela si sarebbe imbarcato per il classico itinerario delle “Big Four”. Ma a causa delle restrizioni di viaggio e del programma limitato di sfilate, le gallery di look street style visti tra una sfilata e l’altra, che generano solitamente milioni di click, sono state significativamente ridotte.
Un’opportunità di cambiare rotta
La domanda che tanti si pongono nella comunità street-style, comunque, è se questo cambiamento doveva avvenire molto tempo fa – e a cosa porterà. “C’è molta incertezza”, dice Tamu McPherson, fotografa, editor e star street-style dietro al fashion blog All the Pretty Birds, di base a Milano. “Però, se penso agli inizi, prima che diventasse qualcosa di più grande, i fotografi creavano delle vere e proprie relazioni coi loro soggetti. Ora, siamo a un punto in cui è necessario tornare a evolversi. Quindi, forse è un’opportunità di correggere la rotta e iniziare a documentare lo stile della strada in modo più autentico”.
L’idea di documentare il modo di vestire della gente comune è, dopo tutto, il cuore dello street style. Si può dire che la sua storia si estenda ai tempi della Parigi del fin-de-siècle ma il momento in cui si è trasformato in un fenomeno della moda si colloca negli swinging sixties, quando le minigonne e i miniabiti di Mary Quant sfoggiati su e giù per Carnaby Street facevano più scalpore di quello che si vedeva sulle passerelle. Intanto, dai tardi anni ’70 in poi, i candidi scatti del fotografo Bill Cunningham per il New York Times, centrati sui look degli abitanti di Manhattan, hanno cementato l’estetica della fotografia street-style che si è evoluta in un genere a sé stante.
Fashion icon autosufficienti
L’ascesa dello street style come set itinerante delle quattro fashion week più importanti è arrivata però a metà degli anni 2000 – condotta da Scott Schuman di The Sartorialist, Tommy Ton e Phil Oh - ed è stata accellerata poi, nel 2010, dal lancio di Instagram, quando è diventato un universo lucrativo a sé stante, che lavora con l’industria della moda sia in tandem che in maniera indipendente. Attirando ogni stagione milioni di like, riflettendo e dettando i trend delle passerelle, e persino creando il proprio universo di celebrità proto-influencer, le star street style di maggior successo sono ora fashion icon autosufficienti, e accumulano miliardi grazie al pubblico che hanno costruito in questi anni di boom.
© Photography Jonathan Daniel Pryce
Al di là delle tante stravaganze, McPherson nota che al momento l’immaginario più potente generato dai fotografi street style ha origine lontano dai territori delle solite fashion week. Le loro lenti si sono indirizzate verso i luoghi che li circondavano durante il lockdown e, così facendo, sono tornati alle radici. “Il movimento street style attuale è stato iniziato da persone come Scott Schuman che scattavano ogni giorno, in un periodo importante per documentare cosa vediamo per strada – e, certamente, cosa indossa la gente”, afferma McPherson. “Come studio comportamentale, è un momento estremamente interessante da documentare dal punto di vista dello stile”.
Lo street style è ancora monetizzabile
Tuttavia, tolta l’energia circense che circonda normalmente le sfilate, è facile prevedere che molti vedano diluita la sorprendente magia della fotografia delle fashion week. “La moda ha bisogno di movimento, di presenza”, afferma la designer e icona street style Michelle Elie, la cui infinita collezione di eccentrici look Comme des Garçons è un highligh garantito per gli appassionati. “Non credo che l’intera cultura intorno a sfilate e presentazioni si estinguerà completamente.”
Per Elie, l’importanza dello street style risiede nella democratizzazione dell’esclusivo mondo delle passerelle incoraggiata dalla sua esplosione a metà degli anni 2000, anche se inizialmente alcuni editor e buyer non hanno apprezzato. “Fuori dalle sfilate, ci sono centinaia di fotografi da tutto il mondo”, aggiunge Elie. “Scattando da soli non si ha la stessa energia o emozione. Non si tratta dell’industria della moda in sé, perché ora c’è una gamma talmente diversa di persone che vengono a curiosare, che siano fan adolescenti di Kanye o Ryanna in cerca di un autografo o gente che vuole dare un’occhiata ai look. La cultura intorno allo street style non sparirà perché non è fatta dagli influencer, ma dalla gente che si riunisce e celebra il ben vestire.”
© Photography Jonathan Daniel Pryce
In ogni caso, sono gli influencer che guadagnano a continuare a guidare la possibilità di far rendere lo street style come esercizio di marketing dei brand – e che, nonostante producano autonomamente contenuti d’ispirazione street style in questo periodo, hanno la responsabilità di far sì che la loro comunità si evolva al meglio.
Per Jonathan Daniel Pryce, fotografo meglio noto sotto l’alias Garçon Jon, l’attuale cambiamento era una necessità che viene da lontano. “Il calo dello street style va a braccetto con il dibattito già in corso da tempo sulla sostenibilità e l’impatto ambientale delle settimane della moda”, dice Price. “Il Covid-19 è stato solo la scintilla che ha fatto partire il fuoco”. Cambiando discorso, come sottolinea Pryce, se si lavora in scala più piccola, lo street style è una delle forme più sostenibili di comunicazione della moda. “Si tratta di un individuo per strada con una macchina fotografica, quindi di un processo leggero e semplice”, aggiunge.
Adattarsi a una situazione imprevedibile
Oltre ai suoi benefici più pratici, l’appeal duraturo dello street style può risiedere in parte nella familiarità della sua estetica, ormai ben definita. “C’è stato molto dibattito cinque anni fa quando si è capito che lo street style aveva raggiunto un apice e l’interesse che suscitava si era stabilizzato”, continua Pryce. “C’era una certa stanchezza e la gente si chiedeva quando sarebbe morto. Tuttavia, penso che equivalga a chiedersi quando la fotografia di sfilate morirà. Lo street style è semplicemente diventato una forma nuova che ruota intorno al circuito delle fashion week. C’è stato un periodo in cui è stato genuinamente interessante, ma resta un fenomeno popolare, e non credo che sparirà”.
© Photography Jonathan Daniel Pryce
Su questo punto McPherson è d’accordo. “La pandemia ha creato sfide per i fotografi street, e dovranno essere creativi per adattarsi a questa situazione, ma certo non morirà in un futuro prossimo”. Mentre l’incertezza segna ancora il suo futuro, sembrerà ovvio, ma la migliore strada da seguire sembra essere quella che dall’inizio ha reso lo street style interessante: documentare cosa indossa la gente e come interagisce e comunica attraverso l’abbigliamento, fashion week o no.
“Si pensa erroneamente che la fashion week sia solo una questione di vestiti”, afferma Pryce. “Ma la moda è un’industria di persone e le interazioni che si creano durante le fashion week non possono riprodursi in un ambiente sintetico come Zoom, ad esempio, non c’è la stessa energia, è semplice. Si tratta dell’incontro di tutte queste persone incredibili che vengono da ogni angolo di mondo e dello scambio di idee che ne nasce.” Che aspetto avrà questo paesaggio tra un anno non è chiaro, ma lo spirito di interazione umana è chiaramente qui per restare, anche se si adotteranno delle forme più controllate e responsabili. Qual è il senso dello street style, dopo tutto, se non riflettere i tempi in cui viviamo?