Una delle storie d’amore più controverse della corona britannica, quella tra Wallis Simpsone il Re Edoardo VIII, vede protagonisti proprio i gioielli: non solo ornamenti
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Cosa vi è di più potente che siglare nel metallo e nella pietra l’anelito a un amore che si vorrebbe eterno? Così dovette aver pensato il Duca di Windsor quando rinunciò al regno per convolare a nozze con la sposa Wallis Simpson il 3 giugno del 1937, con l'obbligo di spostarsi dall’Inghilterra alla Francia. Lei indossava un abito di Mainbocher, creazione anni Trenta, color ‘Wallis Blue’ (in nuance coi suoi occhi); al dito un anello Cartier con smeraldo incorniciato da diamanti baguette, che portava incisa la dedica di Edoardo ‘’We are ours’’: noi siamo nostri.
Ed è una sinfonia di messaggi quella composta da Edoardo per Wallis nei gioielli regalatile: il bracciale indossato il giorno del matrimonio è un esemplare in platino impreziosito da nove croci latine pendenti, firmato Cartier. Ciascuna croce era stata donata da Edward a Wallis nel corso degli anni e ognuna portava un messaggio sul retro. La croce regalata il 25 settembre del ‘34 celava la scritta ‘We are too’: un ‘noi’ composto dalle iniziali di Wallis e Edward. Ogni croce simboleggia un messaggio o una tappa: la ‘King’s Cross’ fu fatta realizzare dal Duca di Windsor il giorno in cui rinunciò alla corona.
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Talvolta i gioielli di Wallis hanno un significato provocatorio come nella spilla Cartier del 1927 raffigurante una pantera su cui troneggia un enorme zaffiro Kashmir o negli orecchini punteggiati da rarissimi diamanti citrini e firmati Harry Winston o ancora nella broche a forma di fenicottero, l’animale simbolo delle Bahamas di cui il duca di Windsor era governatore.
Non solo, uno dei messaggi d'amore prediletti vedeva proprio la firma “WE”: lettere che coincidono con le loro iniziali (Wallis e Edoardo) ma che lette insieme diventano “we”, cioè “noi”. Una delicata e romantica dichiarazione d'amore che compare su diversi gioielli.
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A suo tempo il duca di Windsor aveva espresso il desiderio che nessuno oltre a lei indossasse quei gioielli, ma quando rimase sola il volere di Wallis prevalse e i gioielli furono usati per una causa nobile: il ricavato dell’asta Sotheby’s del 1987 andò in beneficenza all’Istituto Pasteur di Parigi per la ricerca sull’HIV. All’asta dei gioielli del 1987 parteciparono 1200 persone, tra cui ben 200 addetti stampa. Per partecipare alle aste telefoniche furono nominati 450 battitori da New York e 17 televisioni trasmisero in diretta l’evento. Come era prevedibile la stima iniziale del valore di tutti i lotti, circa sette milioni e mezzo di dollari, arrivò a più di cinquanta. Liz Taylor acquistò al telefono una broche di diamanti direttamente dalla sua piscina in California.
E così i ricordi di una coppia leggendaria furono sparsi qua e là forse a significare che neppure la maestosità del gioiello poteva imbrigliare una storia d’amore che non voleva confini. ‘W’hat’E’ver.