Kim Rossi Stuart torna alcinema(anche se in streaming)
Ci sono film che inciampano nella pandemia, non una volta, ma ripetutamente. È il caso di Cosa
Kim, come si può affrontare un tema così delicato usando anche il sorriso?
Kim Rossi Stuart: L’ho scoperto strada facendo, calibrando l’ironia e capendo fin dove mi sarei potuto spingere, provando varie corde fino a rasentare la commedia. È stato importante capire il tono il primo giorno sul set, sperimentando e prendendo spunto anche da vari tipi di commedia, da quella francese a quella demenziale.
© Luca Dammicco
Vale anche nella vita?
Kim Rossi Stuart: Mi sono chiesto proprio questo: è possibile tenere sott’occhio quello che ci accade ma in modo buffo? Penso proprio di sì. E io sul set lo facevo sempre, mi sono sentito quasi in bilico, in equilibrio tra le situazioni drammatiche e quelle comiche.
Rivivere la sua esperienza per esigenze di copione è stato doloroso?
Francesco Bruni: Non ho provato dolore, ma moltissima commozione, varie volte sul set. I momenti “osceni” della malattia, le difficoltà fisiche, non le ho volute mostrare. Quando sei costretto a farti pulire le parti intime da tua madre, da tua moglie o da estranei è tutt’altro che piacevole, ma con il film sono andato oltre.
In che modo?
Francesco Bruni: Il titolo iniziale sarebbe dovuto essere “andrà tutto bene”, frase che di questi tempi è stato meglio non usare, vista la situazione. Però non mi piace parlare di “guerrieri”, questo superomismo non fa per me, neppure se declinato nella stupidità di chi dice di non aver bisogno d’indossare la mascherina. La malattia, che ormai è parte di me, mi ha mostrato come trasformare il male in bene.
Quale parte dell’atteggiamento di Bruni l’ha convinta ad accettare d’interpretarlo al cinema?
Kim Rossi Stuart: Sono un fan delle persone in generale, maschi o femmine, e mi affascinano le sensibilità a fior di pelle, esposte, che rinunciano alle sovrastrutture in cui tutti ci rifugiamo.
È vero che ha partecipato alla sceneggiatura?
Kim Rossi Stuart: Bruni è stato gentile a metterlo nei titoli, ma non ce n’era bisogno: è talmente aperto al dialogo che ha ascoltato il mio contributo perché a me piace entrare nelle pieghe della scrittura e sentirmi più padrone della materia. Il mio personaggio, infatti, si trova di fronte agli abissi dell’ignoto per via della malattia, ma si evolve con enorme semplicità.
Uscire in sala di questi tempi è stato coraggioso (anche se per poco). Perché non rimandare?
Francesco Bruni: Volevo che fosse significativo, visto i tempi, pur non sapendo quanto a lungo il film sarebbe rimasto in sala. Avevo dato la parola al pubblico e non volevo rimangiarmela.
La locandina di “Cosa sarà”