Una piccola rivoluzione
Erano gli anni 90 quando un gruppo di fotografi, stylist, hair stylist, make-up artist, scelsero nelle strade di Londra una serie di
Questo numero, 30 anni più tardi, prova a fare i conti sugli effetti di quella intuizione, con cui la moda ha favorito un cambio di percezione che oggi, e per fortuna, non riguarda solo gli addetti ai lavori ma il sentire collettivo.
La domanda è semplice e complicatissima: cosa è bello, cosa è brutto oggi?
Enormi passi questa industria, e il mondo con lei, hanno fatto sulla strada dell’accettazione. All’apertura alla diversità è ispirato il lavoro di stilisti, fotografi, direttori di giornali – nel caso di Vogue Italia, da molto tempo a questa parte.
Eppure, proprio perché il concetto di bellezza inclusiva e democratica è prezioso e non va mai dato per scontato, lo abbiamo sfidato. Siamo sicuri, abbiamo chiesto, che se tutto e tutti sono belli, allora l’idea stessa di bellezza abbia ancora senso? Tutti, centomila, quindi nessuno?
Leggerete di persone che hanno imparato a celebrare il loro corpo diverso.
Di altre che lo hanno cambiato eppure la felicità ancora la stanno cercando.
Di chi, attraverso la propria disabilità, usa la moda per cambiare il mondo.
Di chi il bello sa dov’è nascosto. Di chi non può vederlo, eppure lo vede eccome.
Non troverete quindi la risposta alla domanda, nessuno ce l’ha. Ma piccole e grandi storie di piccole e grandi conquiste, quelle sì. Perché in un mondo che mai come oggi ha bisogno di bellezza, e di bellezza condivisa, la felicità non può che partire dall’imparare a volersi bene, sempre e comunque. My beauty is mine.
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