Helena Christensen ha sposato la missione di far bandire la plastica monouso dalle strade di New York. “Sono il tipo di persona che si china
Il problema della plastica può solo peggiorare a causa della pandemia e Christensen si è alleata con la non-profit No More Plastic per creare un design esclusivo per il brand di sneaker vegane di Milano Yatay. “Creare delle scarpe divertenti con Yatay è un ottimo modo per coinvolgere più persone”, spiega. Le sneaker plastic-free sono fatte di materie prime di derivazione biologica, il 50% dei profitti è devoluto a No More Plastic e per ogni paio venduto viene piantato un albero.
Helena Christensen è da molto tempo attiva per l’ambiente, nel 2009 ha fotografato l’impatto del cambiamento climatico in Perù, per Oxfam. Da allora, è entrata nel mondo della moda sostenibile, lanciando Pawn Shop, una selezione di pezzi vintage e di seconda mano, con la sua partner professionale Camilla Stærk.
Qui, parliamo con la supermodella della sua nuova collaborazione con Yatay, del suo punto di vista da insider sull’evoluzione della moda verso la sostenibilità e del perché prendersi cura dell’ambiente le viene così naturale.
Cosa l’ha spinta a questa collaborazione con Yatay e No More Plastic?
Sono membro di No More Plastic da molto tempo e li ho sempre sostenuti – si impegnano a far sì che il cambiamento sia possibile. Mi appassionano le organizzazioni di beneficienza più piccole perché sono fondate da persone come noi che, invece di stare solo a pensare a come fare la differenza, sono passate all’azione. Ammiro Yatay per il suo approccio: è un’azienda che sta facendo un grande sforzo per cambiare il modo in cui sono creati i prodotti in senso etico e rispettando l’ambiente – non è facile.”
Cosa possiamo fare per il problema della plastica monouso?
“Sulla plastica si può fare facilmente la differenza – ha un impatto enorme a livello ambientale perché non è biodegradabile. Dobbiamo guardare all’eliminazione della plastica in modo consapevole: ci sono così tante opzioni più sostenibili oggi. Sono andata a comprare degli alimentari l’altro giorno e la maggior parte delle verdure erano avvolte nella plastica. Cosa si può fare? Si può cercare un mercato di agricoltori locali e comprare i prodotti sfusi.
© Camilla Stærk
Com’è cambiato il dibattito sulla sostenibilità nella moda durante gli anni in cui ha fatto parte dell’industria?
Vedo molte delle aziende più grandi adottare cambiamenti consapevoli, ma sono state le piccole aziende che hanno iniziato a fare davvero la differenza per l’ambiente. Se hai intenzione di produrre di più, dev’essere una decisione consapevole e devi assumerti la responsabilità di quello che metti sul mercato. Ci dovrebbero essere regole precise sulla produzione – che non ci siano leggi per qualcosa che è così universalmente importante per l’intero pianeta non ha senso per me.
Dal lancio di Pawn Shop, ha notato un aumento di popolarità del vintage e degli abiti di seconda mano?
Guardando i social media, è facile notare quante persone oggi vendono vintage e usato: c’è decisamente una domanda maggiore. Per me, è l’unico modo di comprare qualcosa. È raro che compri qualcosa di nuovo. Guarderò 20 siti di vintage prima di avere l’ispirazione per qualcosa di nuovo e, quando capita, di solito è perché mi ricorda qualcosa di vintage.
“Ho lanciato Pawn Shop per riorganizzare il mio armadio e usarlo per qualcosa di buono sostenendo delle piccole realtà di beneficienza. Ci arrivano bellissime lettere dalle persone che dicono che adorano i capi, e che se ne prenderanno cura finché non li passeranno a qualcun altro.
Qual è il suo approccio generale alla sostenibilità?
Credo che essere cresciuta in Danimarca faccia una grossa differenza. Essere consapevoli dell’ambiente, fare la raccolta differenziata, andare in bicicletta invece che in macchina – è semplicemente il nostro stile di vita. Me lo sono portato nell’età adulta, che si tratti di lampadine a basso consumo, di usare meno elettricità per lavare e asciugare: tutte queste piccole cose che, prese singolarmente, potrebbero non sembrare grandi cambiamenti ma tutte insieme fanno una grande differenza. Faccio soprattutto docce fredde [che è meglio per l’ambiente] — è più salutare e inoltre a me piace tantissimo.
È un’attivista ambientale da più di dieci anni. Pensa che si stia facendo abbastanza per contrastare la crisi climatica?
È dura perché la crisi climatica è molto più grave di quanto possiamo pensare. Non ne sapevo molto finché non sono partita per quei viaggi con Oxfam circa dieci anni fa, insieme a degli scienziati – ho visto coi miei occhi i ghiacciai sciogliersi: ho visto gli effetti del cambiamento climatico sulle popolazioni indigene delle montagne peruviane. Era terrificante vederlo coi propri occhi.
Da allora sono state intraprese molte misure, ma non si sta facendo abbastanza. Durante la pandemia, la gente ha rallentato e ha pensato ‘Questo nuovo stile di vita è stupendo’, stare nella natura, fare tutto in modo più olistico. È un’esperienza universale che stiamo condividendo tutti in questo momento. Spero che le cose cambieranno.