L’inverno è alle porte, il che significa che presto daremo il benvenuto alla stagione dei maglioni in cashmere. Morbidi, pregiati e, soprattutto, caldi: sono il
Questo è il motivo per cui la Burberry Foundation, l’organizzazione filantropica del gruppo, ha lanciato un programma quinquennale per assicurarsi che il cashmere sia prodotto nel modo più responsabile possibile. Come nel caso della partnership recente con il calciatore britannico Marcus Rashford per aiutare i bambini che vivono in povertà, anche questo piano rientra nella missione del brand di reinvestire nella comunità. L’iniziativa legata al cashmere, con base in Afghanistan, forma i pastori di capre su temi quali coltivazione e allevamento sostenibile, tecniche di raccolta e pratiche che garantiscano il benessere degli animali, aiutandoli ad ottenere un cashmere di qualità maggiore il che significa, a sua volta, prezzi al grezzo più elevati.
© Joel van Houdt for Burberry
“Il cashmere è una materia prima molto importante per il settore del lusso”, dichiara a Vogue Pam Batty, segretaria della Burberry Foundation & VP of corporate responsibility di Burberry. “Abbiamo scelto l’Afghanistan per il programma in quanto è il terzo maggior produttore mondiale di cashmere dopo la Cina e la Mongolia. Inoltre, siamo molto consapevoli delle sfide socio-economiche a cui fa fronte il popolo afgano, che è reduce da anni di conflitti ed è stato colpito duramente dal cambiamento climatico”.
Cosa prevede l’iniziativa del cashmere di Burberry?
Sebbene il 90% delle capre in Afghanistan producano cashmere, la maggior parte dei pastori non è consapevole del suo valore di materia prima di lusso. “Quando si impiegano le tecniche giuste, è come avere a disposizione una miniera d’oro”, dice Agnė Baltaduonytė, advocacy manager di Oxfam in Afghanistan, l’organizzazione che lavora al fianco di Burberry in questa iniziativa. “Si parte dalle conoscenze di base – come si pulisce e si lavora il cashmere”.
Aiutare i pastori di capre a formare dei collettivi permette loro di ottenere prezzi più alti per il loro cashmere. In passato, i singoli pastori dovevano rivolgersi a degli intermediari piuttosto che vendere direttamente ai grandi commercianti, il che significava essere pagati decisamente meno. Nel giro di quasi tre anni, l’iniziativa ha contribuito ad aumentare il prezzo del cashmere in Afghanistan dai 17 dollari al kg del 2017 ai 31 dollari al kg del 2019. “Ora i pastori hanno accesso a un sorta di magazzino omnicomprensivo (del tipo one-stop-shop) dove raccogliere il cashmere tutti assieme per poi venderlo in quantità maggiore e a un prezzo più alto”, spiega Mohammad Ali Roshan, cashmere programme manager di Oxfam in Afghanistan.
Aiutare le donne a diventare indipendenti – visto il ruolo essenziale che rivestono all’interno delle comunità di pastori – è un altro aspetto chiave dell’iniziativa di Burberry. “Le donne sono spesso coloro che si occupano del bestiame e della tosatura, separando il vello più fine, quello corto, sottile e caldo, più vicino al corpo dell’animale, che costituisce il cashmere propriamente detto, dal manto superficiale formato da peli grossolani”, racconta Baltaduonytė, aggiungendo che, attualmente, il 28% dei pastori sostenuti tramite l’iniziativa sono proprio donne. “Stiamo cercando di promuovere proprio loro in ruoli di leadership e come coordinatrici dei magazzini one-stop-shop”.
© Joel van Houdt for Burberry
In che modo l’iniziativa contribuisce a proteggere l’ambiente?
Garantire che i pastori afgani godano di una sicurezza finanziaria è importante anche dal punto di vista ambientale. “Stiamo assistendo a un eccesso di capi di bestiame a carico dei terreni adibiti a pascolo (overstocking) ma questa situazione non è causata dal cashmere. I produttori afgani hanno infatti diverse tipologie di bestiame”, ci spiega Andrew Nobrega, global programmes director presso PUR Projet, azienda che si occupa di sviluppare progetti su misura e che lavora all’iniziativa di Burberry. “Se vogliamo ridurre l’overstocking, dobbiamo migliorare i mezzi di sostentamento dei produttori in modo che abbiano la flessibilità necessaria per contribuire a gestire quegli ecosistemi in maniera migliore”.
Sebbene, al momento, la degradazione del suolo causata dalla produzione di cashmere non costituisca un problema in Afghanistan, il programma offre corsi di formazione in pratiche di allevamento rigenerativo per impedire che lo diventi in futuro. “Stiamo cercando di promuovere il concetto di una buona gestione del pascolo, che dovrebbe rigenerare le praterie e portare, col tempo, alla cattura e sequestro del diossido di carbonio”, aggiunge Nobrega. Permettere ai pastori di ottenere una resa di cashmere maggiore a partire da un numero minore di capre aiuta, nel lungo periodo, a proteggere anche le risorse naturali. “C’è bisogno che i produttori capiscano come proteggere la sostenibilità di questo programma in modo che possano continuare a produrre cashmere per sempre”.
© Joel van Houdt for Burberry
Verso un’industria della moda più responsabile
L’iniziativa legata al cashmere della Burberry Foundation mostra l’impatto che la moda può avere sulle comunità locali, lavorando più a stretto contatto con i produttori della filiera produttiva. “Si tratta della vita delle persone”, dice Batty, spiegando come la crisi climatica stia rendendo le condizioni di vita in Afghanistan sempre più precarie. L’anno scorso c’è stata grande siccità e il fenomeno sta diventando più frequente. Sviluppare la resilienza a livello delle comunità locali è davvero importante”.
Ora che la sostenibilità è un fattore chiave per il consumatore, il progetto aiuterà i brand ad approvvigionarsi di cashmere in maniera più responsabile diversificando le opzioni disponibili. Sebbene il cashmere riciclato stia diventando una scelta sempre più diffusa tra i marchi green, continuare a sostenere i pastori e il loro sostentamento rimane essenziale. “Riciclare è una pratica straordinaria da un punto di vista climatico e delle risorse”, spiega Nobrega. “Allo stesso tempo, però, con questo programma si ha l’opportunità di migliorare davvero le condizioni di vita delle persone in contesti di vulnerabilità e promuovere un’azione ambientale con un impatto netto positivo. Si tratta di trovare il giusto equilibrio”.
Il programma è un esempio tangibile di quello che possono fare sul campo i brand di moda in un arco di tempo relativamente breve, permettendo al consumatore di acquistare cashmere con una coscienza più pulita. “Burberry si è fatto avanti affermando di voler affrontare la questione e migliorare la sostenibilità dell’industria del cashmere nel suo complesso”, afferma Nobrega. “I brand devono assumersi la responsabilità e dichiarare di rappresentare un settore che ha a cuore il cambiamento climatico, il benessere sociale e la giustizia”.