Il corpo incantato, il libro di Roberto Peregalli

“Scrivere del corpo della donna è difficile. Da una parte è stato detto troppo, da secoli, dall’altra è ancora un argomento tabù. Il confine tra

pornografia e conoscenza al riguardo sfuma nell’indefinito. Eppure è da lì che riceviamo la vita, è dentro quel corpo che proviamo attimi sublimi di piacere”.

Sta in questo paradosso la sfida raccolta da Roberto Peregalli – filosofo e scrittore ma soprattutto firma internazionale di interni aristocratici, colti e sublimi – nel suo nuovo libro Il corpo incantato (edito da La nave di Teseo, con la veste estetica di Luca Stoppini): un paradosso entro cui si muove con agilità poetica, senza provocazione gratuita o indecente ma piuttosto con la sensuale adorazione dell’osservatore deliziato dal nudo femminile inteso non solo come magnifica presenza in carne ed ossa, bensì come soggetto di dipinti, di film, di varia letteratura, e quindi nella sua evocazione fantasmatica.

Il pensiero va immediatamente all’opera forse più famosa di Gustave Courbet, “L’origine del mondo”, così forte da lasciare sgomenti davanti all’abisso poiché, come scrive Peregalli, "in qualche modo il corpo di una donna nella sua verità è un’esperienza indicibile”. Meglio accarezzarlo con le parole, allora, e magari in penombra; coprirlo di ricordi personali e poetiche citazioni in modo da formare una coperta di estetismo, decadenza, languore. È questa, sicuramente, la scelta di Peregalli – corredata com’è da un apparato di immagini, o meglio frammenti di opere fotografate dall’autore e riprodotte come souvenir nello spazio bianco della pagina (della memoria?).

Occorre però dire che l’incanto evocato dal titolo non risiede solo nella donna, origine e destinatario di questa riflessione, ma altresì nell’emozione quasi tattile (un incantamento, appunto) che il pensiero di Peregalli riesce a far vibrare tutto intorno ad essa. “L’imperfezione è connessa alla bellezza, è il suo controcanto”, dichiara l’autore: a ragione, poiché in questo poema veramente inclusivo nessun corpo femminile è visto brutto, mancante, o peggio difettoso. Sono le varianti infinite della bellezza a illuminare il suo sguardo: quello di un uomo che ama la donna fino a paragonarla ai paesaggi, alle architetture. Fino a scrivere che “la nudità illumina un luogo solo con il suo apparire, con il suo esserci”. In questo senso, il significato ontologico del corpo femminile coincide con il desiderio carnale. Ma anche con il sublime naturalistico: non a caso Peregalli lo appaia alla laguna diVenezia, ai laghi che si aprono dopo il passo del Maloja… Un percorso geografico indubbiamente romantico, che spalanca visioni ulteriori da anfratti personali e privati.

Nel corso dei dodici capitoli di questo “piccolo manuale (quasi) pornografico” ogni dettaglio anatomico diventa essenziale, e viene celebrato nelle molteplici declinazioni del desiderio sensuale che sa suscitare: le natiche (raccontate in un capitolo che si intitola, anacronisticamente, “Contro natura” e che prende il via con la famosa scena del film “Ultimo tango a Parigi”), i seni, i capezzoli, i peli del pube, la pelle, la bocca, il ventre… E gli amanti della storia dell’arte non potranno non dilettarsi nella carrellata dispiegata dall’ottavo capitolo, “Nudo su tela”: un modo per ripercorrere, attraverso i secoli, “la forza dell’impatto che un quadro con soggetti di nudo femminile” ha avuto nel passato, quando la società non era percorsa dal flusso costante di immagini pornografiche che hanno banalizzato e mercificato il corpo e gli atti sessuali.

Certo, anche Il corpo incantato non è immune alla pornografia, se la intendiamo nel suo senso letterario, à la De Sade: desiderio costante, assillo sensuale, fantasia di possesso.

Ma nonostante le riflessioni di Peregalli possano apparire talvolta scandalose, a sorprendere veramente il lettore è l’amore senza limite che manifesta verso il nudo femminile: un amore che sa vedere bellezza in ogni forma, in ogni condizione fisica - finanche nel corpo della vecchiaia, “maciullato dalla vita”, immerso nell’abisso che precede il trapasso eppure circonfuso di un suo fascino, fattosi più sottile - “forse perché”, spiega, “essendo fragili e perituri abbiamo un’attrazione per ciò che rappresenta la fine”. L’empatica curiosità del voyeur, allora, si fa tutt’uno con la metafisica: eros e thanatos. Perché in fondo cosa è il sesso, se non un insopprimibile desiderio di sconfiggere la morte?

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