Quando Tina Turner ha dovuto decidere quale compleanno festeggiare (classe 1939, ha appena superato una boa importante), non ci sono state esitazioni: la scelta è
E l’ha fatto pubblicando Happiness Becomes You (Simon & Schuster), un diario spirituale dove senza pudori ammette di sentirsi ormai “maestra” di quel buddismo abbracciato all’inizio degli anni Settanta, in preda alle disperazioni più concentriche: una carriera che pareva finita, il marito Ike Turner violento fisicamente e psicologicamente, il tracollo finanziario e il buco nell’anima di un padre e una madre che l’avevano abbandonata da piccina. E poi le malattie, gravissime, da cui s’è sempre rialzata con tigna: «Si può dire che la spiritualità stia alla mia anima come il rinforzo d’acciaio che portavo nei tacchi stava alla Tina Turner sul palco», dice ridendo, ormai lontana dalle scene dal 1997.
Dal “butsudan” al secondo piano della sua casa-castello sul lago di Zurigo, dove recita quotidianamente i suoi mantra, in questa intervista esclusiva a Vogue Italia racconta: «La mia vita è come un fiore di loto nato dal fango. Ma ricordatevi: più spesso è lo strato che sotterra le radici e più magnifico sarà il fiore. Lo so con certezza. Perché nel fango sono nata. E dal fango sono sbocciata».
La cover dell’edizione americana di “Happiness Becomes You” (Simon & Schuster).
Nel libro parla dei “10 mondi” che portano dall’inferno alla buddità. In quale si trova mentre risponde a queste domande?
Senza falsa modestia, mi trovo nel mondo meraviglioso che potrei definire così: quello di una fashionista “bodhisattva” (parola che nel buddismo indica lo stato di altruismo, compassione e ricerca dell’illuminazione che si prova per sé e nell’aiuto offerto agli altri, ndr).
Qual è il più diffuso malinteso riguardo la felicità?
Il fatto che possa essere raggiunta fuori dalla propria interiorità, magari grazie ai soldi, alla fama, all’innamoramento. Tutte cose, grazie al cielo, con le quali son stata benedetta. Ma che portano una soddisfazione fragile: se vuoi una felicità duratura la devi costruire nel cuore e nella mente. E si può raggiungere anche senza le cose che ho citato prima.
Come fa a sentire gratitudine verso le persone che l’hanno ferita?
Semplicemente, come spiego nel libro (che in Italia uscirà nell’estate 2021 per Mondadori, ndr), nel mio cuore ho fatto pace con loro, ho perdonato. E sento la libertà totale di esser grata verso chi, pur danneggiandomi, mi ha lasciato qualcosa di positivo. Ike Turner, il mio primo marito, mi ha insegnato cose preziose sul mondo dello spettacolo, che hanno aiutata la mia carriera. E apprezzo mia madre per avermi dato la vita e aver fatto del suo meglio, mentre affrontava le proprie avversità.
(Continua)
In apertura: la star americana ritratta da Peter Lindbergh.
Leggete l'intervista integrale sul numero di dicembre di Vogue Italia
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