L'arte come contenitore sentimentale

Le opere d’arte o le architetture con dedica, quelle che nascono per rendere omaggio a un amore, testimoniare una passione verso qualcuno o per qualcosa,

proclamare e condividere, esternare ed eternizzare un forte legame di coppia, una famiglia, un gruppo, un movimento o comunque un importante coinvolgimento sentimentale, ideale, ideologico, estetico... credo che inevitabilmente e immancabilmente possiedano un loro inestimabile valore aggiunto.

Un surplus narrativo, evocativo, emozionale che, da nord a sud e da est a ovest del pianeta, sopravvive al tempo, alla caducità e alla banalità delle cose, rendendole per sempre vive, coinvolgenti, emozionanti e immaginifiche.

Alcuni esempi sono peraltro assai noti, ma non per questo scontati o noiosi da ricordare o ripensare. C’è il seicentesco Taj Mahal di Agra, patrimonio dell’umanità, reputato una delle nuove sette meraviglie del mondo e da sempre considerato una delle più notevoli bellezze dell’architettura musulmana in India, che commemora appunto Mumtaz Mahal, la più amata sposa del Gran Mogol dell’impero moghul Shāh Jahān. Una compagna prediletta tramandata ai posteri da un mausoleo in marmo bianco, come un femminilissimo merletto di decori, parole istoriate, diaspro, giada e pietre preziose, che sorge celato nel cuore di una moschea. Architettura metafisica e abbacinante, di incerta attribuzione, che si rispecchia nitida e chiarissima su placidi canali d’acqua, costeggiata da aiuole di fiori e viali alberati. E che, circondata dal vuoto assoluto di un territorio gigantesco, ci appare sospesa, irreale come un’illusione, un mistero filologico, strategicamente concepita per far sognare frotte di posteri nei secoli.

Sorta molte centinaia di anni dopo, dall’altra parte del mondo, su quella mitica Route 66 che attraversa gli Usa da est a ovest e collega New York a San Francisco e Los Angeles, anche la Blue Whale di Catoosa, in Oklahoma, un’altra irrinunciabile e intramontabile meta di viaggiatori on the road alla Jack Kerouac o alla Easy Ryder, nasce nei nostri anni Settanta come sorpresa di anniversario. A concepirla è la creatività popolare di Hugh Davis, che ne fa dono all’amata moglie Zelta, già appassionata collezionista di oggetti e oggettini a forma di balena. Lui ne immagina una “bigger than life”, che diventa gigantesco contenitore di molteplici giochi all’aperto.

(Continua)

In apertura: “Heart”, di Louise Bourgeois, è un cuore con incise le iniziali dell’artista e contraddistinto dal numero 04, inscritto su una placca di metallo, applicata sullo stesso cuore.

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