In soli due anni, tra il 1996 e il 1998, il fotografo Glen Luchford ha collaborato con Miuccia Prada in una serie di campagne rappresentative
Prada primavera estate 1997. Lei è Amber Valletta
© Courtesy Glen Luchford
Un po’ Stanley Kubrick, un po’ Andrei Tarkovsky, Luchford ha radunato queste immagini cinematografiche in un libro, il suo sesto, pubblicato da IDEA questa settimana. Intitolato Glen Luchford Prada 96-98, il volume include una campagna più tardiva ispirata al lavoro della danzatrice e coreografa tedesca Pina Bausch, che non è mai stata pubblicata. Insieme rappresentano un tempo perduto delle campagne di moda in cui i capi, in alcuni casi appena visibili, erano meri oggetti scenici rispetto al soggetto e il mood di una collezione era distillato in un singolo look.
Nonostante tutte queste qualità drammaturgiche, Luchford sostiene di non aver mai avuto intenzione di creare una narrativa attraverso le foto per Prada. Come spiega nella conversazione con la scrittrice e curatrice Lou Stoppard nelle pagine introduttive del libro: “Avevo semplicemente in testa film e scene che mi erano rimasti impressi e volevo trovare un modo di ricrearli nel contesto della moda - non era niente di più complesso o intellettuale di questo, in realtà era piuttosto semplicistico”.
Foto inedita del Pina Bausch Dancers Project
© Courtesy Glen Luchford
Semplice, ma molto efficace. E in un mondo che sembra sempre più complicato, Glen Luchford Prada 96-98 è un gradito pezzetto di nostalgia e semplicità anni ’90. Qui, il fotografo riflette su questo capitolo della sua carriera e racconta come vede il futuro della fotografia di moda.
Cosa l’ha spinta a pubblicare queste immagini in un libro?
“Una delle ragioni è che quasi ogni giorno qualcuno mi tagga in una di queste foto su Instagram. Ho realizzato che hanno sempre circolato. Perché? Sinceramente, non ne sono sicuro. C’è qualcosa in esse che la gente rivuole indietro, che desidera rielaborare e continuare a guardare –un carattere seducente dato dalla luce, un’atmosfera. È stata una combinazione vincente di elementi che si sono sommati: i giusti capi, i giusti modelli, il giusto concept”.
Prada primavera estate 1997. Lui è Joaquin Phoenix
© Courtesy Glen Luchford
Ha mai immaginato fino a che punto queste immagini sarebbero diventate potenti?
“In quell’istante in cui tutto combacia così bene e vedi volare le scintille sul set, capisci che hai qualcosa tra le mani. Non succede così spesso ma, quando succede, te ne accorgi.
“Non avevo maggiori aspettative su queste foto rispetto ad altre. Infatti, una delle cose che apprezzo della moda è che ogni mese sei su qualcosa di nuovo. Ma l’impatto al di fuori dell’industria della moda è stato sorprendente. I registi e i direttori della fotografia di Hollywood mi contattavano per dirmi quanto gli erano piaciute e il MoMA [in New York] le ha incluse in una mostra”.
Prada autunno inverno 1996. Lui è Willem Dafoe
© Courtesy Glen Luchford
C’erano anche gli attori Joaquin Phoenix e Willem Dafoe nelle campagne – ha qualche ricordo del lavoro sul set con loro?
“Joaquin era un po’ timido, dato che si trattava della sua prima campagna, ma ha una presenza talmente forte che la timidezza è più che compensata. Mi pare che molti attori siano così nel contesto delle immagini fisse contrapposte alle immagini in movimento.
“Willem lo conoscevo già, avevamo già lavorato insieme. È molto a suo agio e generoso sul set – sempre un gentiluomo. Abbiamo fatto le foto in un piccolo appartamento di Milano con una crew molto ridotta, per due giorni, e ci siamo divertiti molto.”
Prada autunno inverno 1997. Lei è Amber Valletta
© Courtesy Glen Luchford
Il suo approccio cambia in qualche modo se fotografa un attore piuttosto che una modella – Amber Valletta, per esempio?
“Amber è una professionista e sa che starsene ferma al gelo per ore è uno sfortunato effetto collaterale del nostro lavoro. Con gli attori non puoi sempre farlo – il trucco è tenere lontani i vari PR, e farli sentire a loro agio e rilassati. È più complicato a livello politico ma la tecnica è la stessa”.
Ha preso una pausa dalla collaborazione con Prada per lavorare al suo film “Here to Where” (2002) e pochi anni dopo l’ha ripresa per scattare la campagna ispirata a Pina Bausch, che è molto più cinematografica. Cosa le ha ispirato questo cambio di direzione?
“Per fotografare nel modo in cui lo facevamo dal 1996 al 1998, usavamo esposizioni lunghe. Amber doveva restare completamente immobile per ogni scatto della macchina fotografica ed era un modo di lavorare molto statico, che poteva essere davvero frustrante. Quando sono tornato, ho pensato “Ora farò il contrario. Userò la luce in modo completamente diverso perché ci sia più movimento possibile”.
Prada autunno inverno 1997. Lui è Norman Reedus
© Courtesy Glen Luchford
Dal 2015 al 2020, ha creato altre campagne altrettanto memorabili con un’altra venerata casa di moda italiana – Gucci. Com’è lavorare con Miuccia Prada, che lei descrive come la sua “mecenate”, rispetto al lavoro con Alessandro Michele?
“Ci sono somiglianze tra Miuccia e Alessandro: sono entrambi intellettuali, incredibilmente spiritosi e carismatici. Entrambi sono menti creative che pensano in modo onnicomprensivo. Non pensano solo in termini di moda, si può parlare con loro di qualsiasi cosa, dalla letteratura, all’arte, fino ai mobili antichi.
“La differenza è che nella collaborazione con Miuccia ho lavorato molto proponendole delle idee mie. Mentre Alessandro è davvero il direttore creativo di Gucci. Il mio lavoro era interpretare la sua visione e le sue idee”.
Prada autunno inverno 1997. Lei è Amber Valletta
© Courtesy Glen Luchford
Cosa rappresentano per lei oggi le immagini di Prada?
“Il libro segna il passaggio tra la fine dell’analogico e l’inizio del digitale. Ho iniziato il progetto completamente in analogico e l’ho finito in digitale, quindi è stato un cambiamento enorme per me – molti altri fotografi ci hanno messo parecchio di più per adattarsi.
“La fotografia digitale ci ha cambiato in negativo, prima c’era molta fiducia tra il fotografo, il direttore creativo e lo stilista. Una volta ingaggiato, mandavi una Polaroid ogni tanto ma c’era la fiducia che avresti consegnato qualcosa che sarebbe piaciuto e ti lasciavano andare avanti. Con il digitale, la fotografia è diventata uno sport di gruppo – tutti si accalcano intorno allo schermo per dire la loro. Devi sacrificare molto controllo – è un sistema diverso”.
Miu Miu autunno inverno 1997. Lei è Audrey Marnay
© Courtesy Glen Luchford
In che direzione pensa stia andando la fotografia?
“La fotografia editoriale non è cambiata negli ultimi 100 anni. Una rivista ti commissiona 10 o 12 foto, diciamo. Le progetti, le scatti, fai la post-produzione e le consegni alla rivista. Un mese o due dopo, esce la rivista.
“Arriveremo a un punto in cui scatteremo sul set, ritoccheremo e boom – eccole sull’Instagram della rivista. Ci sarà un altro grande cambiamento quando chi decide lo farà lì per lì, al momento. Con TikTok, la gente vuole essere intrattenuta solo per 10 secondi e poi passare ad altro”.
Glen Luchford Prada 96-98 è una pubblicazione diIdeaed è disponibile anche suDover Street Market