ITS - International Talent Support ha visto sbocciare numerose carriere. Tra i protagonisti dell'ultima edizione svoltasi online, il designer britannico Cameron Williams che ha vinto
Raccontaci da dove viene l’ispirazione per Nuba?
“Il termine ‘Nuba’ ha un’accezione negativa, veniva usato per definire in modo generico le tribù nilotiche delle montagne Nuba in Sudan dai commercianti arabi e dai colonizzatori nel corso della storia. Ho deciso di usare questa parola per ridefinire la nostra identità e i nostri valori culturali, e usarla anche come simbolo del lavoro artigianale e dell’ingegno di questi gruppi etnici autoctoni in Africa. Le tribù Nuba, come tante altre, vivono una vita che racchiude la spiritualità, la bellezza e il rapporto con l’ambiente, e questo viene espresso da uno stile di vita che trascende visivamente e concettualmente le forme d’ arte intenzionali e consapevoli. Sono sempre stato ispirato dal modo in cui possiamo traslare questo tipo di ideali e concetti, il passato e il presente, nel mondo “moderno”. Utilizzando il nero e altri colori terra scuri per comunicare il fascino della cultura africana, ma anche le traversie dal punto di vista emotivo dei gruppi indigeni, volevo rovesciare il significato di “nero” in una forma eclettica e sofisticata di comunicazione. Le popolazioni Nuba sono fra le più scure e belle del pianeta, ma hanno anche vissuto grandissime difficoltà a causa della guerra civile. Questo è il mio approccio alle collezioni, attuali e future, in opposizione al concetto più comune e manicheo di luce vs ombra, ovvero buono vs cattivo, oppure attuale vs nostalgico”.
Parlaci delle tue esperienze nella moda prima di ITS
“Mi sono laureato in Moda alla Saint Martins poco prima di partecipare a ITS, e ho imparato moltissimo dai tutor dei corsi e dagli altri designer nel mio gruppo. Era un ambiente fantastico per costruire le tue opinioni personali e le tue convinzioni. Ho lavorato per At Yang Li e per A-Cold-Wall*, che mi hanno insegnato moltissimo sul processo produttivo e sulla vendita all’ingrosso. Ho completato la laurea alla University of East London, il direttore del corso era David Thomas, anche lui laureato in Moda alla Saint Martins”.
Parlaci della tua esperienza con ITS. In che modo pensi che l’evento digitale abbia influito emotivamente sulla partecipazione al concorso?
“Partecipare al concorso online non mi ha creato alcuna difficoltà, perché Barbara (Franchin, n.d.r.) aveva organizzato tutto perfettamente. È stato fantastico lavorare con lei e con tutto il team di ITS, ci hanno spiegato molto bene come portare avanti il nostro lavoro, e che tipo di contatti potevano fornirci, e ci hanno fatto sentire molto uniti con gli altri finalisti. Eravamo tutti in una situazione difficile, ma restare uniti è stato il modo migliore, e l’unico, per farcela”.
I tuoi ricordi più belli della partecipazione a ITS?
“Quando ti comunicano che sei il finalista di un concorso è una delle cose più elettrizzanti che puoi vivere, e specialmente se il concorso è ITS. Ed è stato bello avere dei feedback positivi sulle storie che volevo raccontare attraverso strumenti diversi, ovvero i capi, le scarpe, gli accessori. Sono prodotti che, credo, per avere vero impatto devono essere esaminati e comunicati nel migliore dei modi. E devo dire che Barbara e il suo team sono stati molto vicini a me e agli altri finalisti, specialmente in questo periodo di pandemia. Mi sono sentito rassicurato perché sapevo che c’era qualcuno che era pronto a sostenerci in questo periodo difficile e anche a riconoscere e apprezzare le potenzialità delle storie che cercavo di raccontare, in un momento in un cui non sapevamo cosa sarebbe successo”.
Se dovessero chiederti cos’è la sostenibilità per te, cosa risponderesti?
“Dal mio punto di vista, la sostenibilità ha a che fare sia con l’elemento della longevità, nel modo in viviamo e nei progressi che compie la società, ma anche con la sostenibilità dei processi di produzione di quello che consumiamo. La longevità di un capo di abbigliamento, che si tratti di un capo nuovo di prêt-à-porter o di un classico vintage, può avere una durata molto lunga anche grazie al suo valore nostalgico. Per quanto riguarda il modo in cui ci procuriamo materiali, personalmente collaboro con organizzazioni che sostengono le comunità locali che producono tessuti con un forte significato culturale e una tradizione secolare, se non millenaria. Auspico di vedere un maggiore equilibrio nella sostenibilità dei processi produttivi nella moda, ovvero una diminuzione degli effetti negativi che la fashion industry ha sull’ambiente, e un miglioramento delle condizioni economiche e sociali del lavoratori di questi settori”.
Progetti per il futuro?
“Per il prossimo futuro il mio obbiettivo è che il mio brand diventi un soggetto culturale che sostiene un mondo in cui non ci siano concessioni solo simboliche e inefficaci alle minoranze, feticismi o colorismi e per aiutare a cambiare l’approccio alla comprensione delle culture indigene. Il mio obbiettivo principale è far diventare Nuba una sorta di ideale onnicomprensivo che crei un equilibrio fra le sensibilità dei valori tradizionali africani e le necessità di uno stile di vita metropolitano, e le influenze di stile che vengono dal modo in cui sono cresciuto nella zona sud di Londra. Continuo ad abbinare tessuti protettivi e naturali, come nella Yam Bag, realizzata in nylon doppiato dipinto a mano, con un manico morbido ma solido in un tessuto organico ricavato dalla corteccia degli alberi in Uganda e poi sovratinto. Mi piace l’idea che il comfort sia sempre sinonimo di lusso, ma cerco di utilizzare tessuti che abbiano anche un significato culturale”.
Crediti delle immagini:
Photography by Sharmaarke Adan, Direction by Mr.Labembika