Dominque Crenn è un unicorno. Non perché sia la prima e unica donna chef negli Stati Uniti ad aver ottenuto tre stelle Michelin, diventando una
Crenn, che è stata adottata a 18 mesi di vita, è cresciuta nella Bretagna francese ed è stata introdotta alla buona tavola dai genitori in tenera età. Ha cominciato la sua formazione in un ristorante di San Francisco prima di accettare una posizione a Jakarta, in Indonesia, come prima executive chef donna a dirigere la cucina dell’InterContinental Hotel. Ma il richiamo della baia californiana si è dimostrato più forte e alla fine è tornata a San Francisco dove ha aperto il suo ristorante modernista, Atelier Crenn.
Oggi, Crenn è più fiduciosa che mai. Vogue l’ha incontrata per parlare dell’importanza di restare vulnerabili, del suo amore per la moda e di prosperare in un’industria dominata dagli uomini.
© Courtesy Dominique Crenn
Tre cose di cui gioire: il fidanzamento con l’attriceMaria Bello, la remissione della sua malattia e gli ultimi risultati elettorali. Come si sente?
“Mi sento benissimo. Sono in remissione da un anno adesso. È stata una battaglia dura, ma incontrare Maria mi ha aiutata a salvarmi. Per quanto riguarda le elezioni, anche se mia madre è una donna religiosa, in casa nostra abbiamo sempre pensato che l’amore è amore. Parliamo di una donna di 87 anni, cattolica fino al midollo, che non può credere come negli Stati Uniti la religione sia stata usata per alimentare l’odio nel cuore della gente. Se una persona è eletta a capo di una nazione, ha la responsabilità di guidarla con amore e dignità”.
Lei è l’unica chef donna negli Stati Uniti ad aver ottenuto tre stelle Michelin. Perché le donne e le minoranze sono ancora così sottorappresentate nel suo settore?
“Viviamo in una cultura dominata dagli uomini da tanto tempo e questo vale anche per la gastronomia. Nasciamo tutti uguali, ma a un certo punto la società comincia a proporre ai bambini e alle bambine narrazioni completamente diverse. Originariamente le cucine dei ristoranti avevano la struttura di una brigata militare – molto maschile, molto macho. Dobbiamo cambiare le cose e fornire opportunità”.
Lei è nota per essere un’appassionata di moda. Cosa significa la moda per lei?
“La moda è il più grande mezzo di espressione di sé. Io e la mia futura moglie siamo entrambe grandi amanti del vintage. Il mio primo investimento nella moda è stato un bellissimo bracciale di pelle di Hermès. La maestria con cui era stato creato quell’oggetto era incredibile. Oh, devo mostrarti i miei idoli [gira la telecamera verso una parete decorata con fotografie in bianco e nero incorniciate]. Guarda questa splendida donna – è Coco Chanel al lavoro nel suo atelier a Parigi nel 1962. Sono una grande, grandissima fan di Chanel. Amano vestire la mia fidanzata. Mi affascina molto anche Maria Grazia Chiuri. Ho una grande ammirazione per il modo in cui si esprime e per come capisce non solo la qualità artistica ma la persona che l’ha prodotta.”
Che ruolo ha avuto il cibo nel suo modo di affrontare la malattia?
“Per me il cibo è una medicina, questa è sempre stata la mia filosofia. Dobbiamo aumentare la consapevolezza di quello che introduciamo nel nostro corpo perché alla fine ne pagheremo il conto. Per me si è trattato di tornare agli alimenti di base e di riconnettermi con la natura – per la mia salute ma anche per quella del pianeta. Mangiare è un atto di attivismo. Come genitori, vogliamo che le cose siano migliori per i nostri figli.”
Parlando di attivismo, durante la pandemia ha trasformato il suo secondo ristorante,Petit Crenn, in una mensa per i poveri.
“La gente sta soffrendo la fame, e abbiamo tutti questi ‘avanzi’ di cibo che non usiamo. Poter cucinare con uno scopo è stata una delle esperienze più fortificanti della mia vita – tutte le imprese dovrebbero avere come missione di restituire qualcosa. Abbiamo tutti la responsabilità di combattere la fame. L’ultima volta in cui stavo distribuendo i nostri piatti in centro a San Francisco, un senzatetto mi si è avvicinato e mi ha detto: “Non mi stai dando gli scarti. Sento il gusto dell’amore nelle tue pietanze”. Il cibo è una delle poche cose che unisce le persone.
Lei è stata adottata da bambina. Che impatto ha avuto la sua storia sulla persona che è oggi?
“Mi ha permesso di affrontare il mondo senza pregiudizi. La mia madre biologica è nata da una donna francese e un soldato tedesco durante l’occupazione della Francia. Ho utilizzato un test del DNA per risalire alle mie radici e le ho trovate in Francia, in Germania, in Italia fino al Nord Africa e ai Berberi. Sono figlia dell’universo e questo mi ha aiutato a capire che siamo tutti uguali, a prescindere da dove siamo nati o dal colore della nostra pelle.”
InChef’s Table[la serie TV di Netflix] ha detto che “molte persone vengono a San Francisco per trovare una risposta.” Qual era lasuadomanda e ha trovato la risposta?
“La mia domanda era ‘Dove posso essere un’artista?’ Il mio paese, la Francia, è bellissimo, ma mi sono sempre sentita un po’ in gabbia lì. San Francisco è una città così tollerante, multiculturale, pullulante di energia creativa. È una città che premia coloro che hanno la mente aperta e il cuore grande, che non hanno paura dell’ignoto. È quella curiosità che mi ha fatto andare avanti, che mi ha aiutata a evolvermi. Sono curiosa ancora oggi.”
Si è detto che nulla distrugge la creatività quanto il successo. Da quando ha aperto Atelier Crenn, ha affrontato sfide che non aveva mai affrontato prima?
“Sento molta retorica dannosa qui negli Stati Uniti che altrove non sentivo. Mi è successa una cosa all’inizio di quest’anno. Stavo tornando dall’ospedale in auto. Mi erano caduti i capelli per la chemioterapia quindi avevo una sciarpa avvolta intorno alla testa per proteggermi dal freddo. Le mie due figlie di sei anni erano sedute dietro. Improvvisamente questo tizio al volante di un grosso camion mi taglia la strada e inizia a insultarmi, dicendo che sono una musulmana e che devo ‘tornare al mio cesso di paese’. Quando ho chiamato la polizia, tutto quello che hanno detto è stato: “Ha il diritto di rivolgersi a lei in quel modo.’ Abbiamo ancora molto lavoro da fare.”
Patti Smithuna volta ha detto: “Il punk rock è la libertà di creare, la libertà di avere successo e la libertà di non avere successo.” Con gli chef che vengono spesso definiti delle rockstar, lei si concede il permesso di non avere successo?
“Questo dipende da cosa s’intende per ‘successo’. Se insegui un sogno – che sia di essere una rockstar o una chef – è facilissimo perdere di vista chi sei. Non devi lasciare che queste cose ti definiscano. Quando la gente mi guarda, voglio che pensino che sono punk rock, ma non per le mie stelle Michelin.”
Lei è un’avida lettrice e scrive poesie da quando aveva quattro anni. Qual è il libro che porterebbe sull’isola deserta?
“Il piccolo principe di Antoine de Saint-Exupéry. Ogni volta che lo leggo il significato in qualche modo cambia e diventa più profondo.”
Infonde i suoi piatti di ricordi personali – la farà sentire vulnerabile, a volte.
“Un piatto deve raccontare una storia. Che sia una conversazione intima che ho avuto un tempo con una persona amata o un breve scambio con un estraneo che mi ha scatenato qualcosa dentro, voglio che il mio cibo lo rifletta. Sì, può farti sentire vulnerabile, ma io per eccellere in quello che faccio ho bisogno di farmi vedere per quella che sono, anche davanti agli estranei. Essere vulnerabili non è una debolezza, è una forza. La cosa più bella è che se ti concedi di aprirti agli altri, li ispiri a fare altrettanto. È lo stesso per la moda – guarda come Coco Chanel si concedeva di essere vulnerabile per liberare la sua creatività. Lo trovo impressionante.”
Ha dovuto affrontare perdite tragiche e colpi del destino, eppure sembra una persona estremamente fiduciosa. Qual è il suo segreto?
“Indipendentemente da quello che succede intorno, sta a noi affrontare le cose con ottimismo. Anche quando ci si trova in una situazione apparentemente disperata, bisogna sapere che c’è sempre un barlume di speranza. Alla fine le persone sono buone. Lo credo davvero”.