Buoni propositi 2021: avere un atteggiamento positivo e realista

Il 2021 è alle porte e ci chiediamo tutti cosa abbia in serbo l’anno nuovo e come dobbiamo prepararci in modo da trarne il meglio.

Cosa lasciare andare per vedere materializzarsi i nostri sogni? Su cosa dobbiamo concentrarci per ricevere gioia? E come rimanere positivi in un periodo così difficile?

Ma se fosse proprio il nostro pensare positivo a farci ‘capitombolare’? Forse è meglio aprirsi all’intera gamma delle emozioni umane ed essere onesti rispetto a come ci sentiamo veramente. È proprio questo che Ruth Whippman, giornalista, regista e autrice di The Pursuit of Happiness (Hutchinson, 2016) desidera sottolineare. “Nella nostra società sono troppe le pressioni legate alla cultura della positività”, dice a Vogue. “Naturalmente ha senso di esistere ma credo anche che certe pressioni possano avere un effetto distruttivo e umiliante”.

Per approfondire l’argomento, abbiamo fatto quattro chiacchiere con Whippman sulla politica del pensiero positivo e sul perché sia di gran lunga preferibile essere emotivamente autentici.

Nel suo libro, The Pursuit of Happiness parla di come inseguire la felicità a tutti i costi ci renda in realtà più infelici. Cosa ne pensa del concetto di ‘pensiero positivo’?

“Credo che il costringerci a provare una certa emozione possa metterci nella condizione di vergognarci di noi stessi se non siamo in grado di sentire la cosa ‘giusta’ e persino innescare un processo di manipolazione mentale verso quella che è la nostra esperienza emotiva. Piuttosto che mettersi sotto pressione per ‘pensare positivo’ o sperimentare un’emozione specifica sarebbe molto più salutare essere onesti e aperti rispetto a come ci sentiamo veramente. Penso inoltre che uno dei gesti più utili e gentili che possiamo fare per gli altri è permettergli di essere emotivamente autentici nei nostri confronti, facendo loro spazio dentro di noi affinché possano condividere anche i sentimenti più brutti e spaventosi senza alcun giudizio da parte nostra. Negare le emozioni non le fa andare via. Queste continueranno infatti a riproporsi in altre modalità più indirette”.

Il pensiero positivo sembra esercitare una forte attrattiva. Come ha avuto origine questo movimento? E cosa significa per Lei positività?

“Il movimento del pensiero positivo nasce nel XIX secolo ed è stato a lungo una variante del più ampio movimento dell’auto aiuto. Ha guadagnato grande popolarità negli anni 90 e oltre con l’affermarsi della Psicologia Positiva, che pone l’accento sulla gratitudine e il pensiero positivo. Come ho scritto in The Pursuit of Happiness, la ricerca nel settore della Psicologia Positiva ha molte falle. Tende infatti a enfatizzare l’impegno dell’individuo quale artefice del proprio benessere e a sminuire l’importanza della giustizia sociale e di approcci più collettivi”.

Come mai secondo Lei il pensiero positivo ha una così grande attrattiva?

“Perché ci aiuta a credere che esistano soluzioni semplici a problemi complessi e che siamo in grado di esercitare un grande controllo sul nostro essere felici. L’idea è che basti cambiare il nostro modo di pensare e i problemi spariranno. Ma non penso affatto che la questione sia così semplice. Accettazione e autenticità sono un approccio molto più salutare”.

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Lei crede nel potere del pensiero positivo?

“La mia esperienza personale e gli studi che ho letto in materia mi portano a pensare che è molto più probabile sperimentare emozioni autenticamente positive quando facciamo spazio anche a quelle negative. Quando le respingiamo tendono a manifestarsi in maniera indiretta e spesso con modalità distruttive.
[Personalmente] so per certo di essere in grado di sperimentare e dare voce anche alle mie emozioni e paure più negative e questo ha il beneficio di togliere loro potere. Paradossalmente, questo processo fa spazio alle emozioni più positive che possono così emergere in superficie”.

Quali sono i benefici del pensiero positivo?

“Approcciare le varie situazioni della vita con autenticità finendo spesso col realizzare che esistono più risvolti positivi di quelli che avevamo immaginato nell’immediato ha qualcosa da offrire e insegnarci. Ma i vantaggi vanno persi se durante il procedimento neghiamo i nostri sentimenti”. 

In che modo il Covid-19 ha modificato il nostro rapporto con il pensare positivo?

“È stato un periodo straordinariamente provante. Paura, dolore, lutto per la morte dei nostri cari, precarietà finanziaria, problemi di salute, ansia, perdita del lavoro, solitudine, privazione dei legami sociali, sovraccarico genitoriale, enormi disparità di razza e classe nell’esito della malattia: queste sono solo alcune delle sfide che stiamo affrontando.

Abbiamo avuto modo di assistere anche a grandi manifestazioni di resilienza e alla potenza inaudita dello spirito umano. Piuttosto che costringerci a pensare positivo, credo che dovremmo permetterci di provare tutto il dolore e la paura che stiamo sperimentando collettivamente e essere onesti rispetto a quello che è il nostro sentire, sia con noi stessi che con gli altri. Quell’onestà creerà spazio mentale anche per emozioni più positive”.

Qual è la convinzione comune più errata di questo modo di pensare?

“È credere di poter esercitare un grande controllo sulle nostre emozioni e che basta tanta buona volontà per cambiare il nostro modo di pensare. Certo, abbiamo una qualche forma di controllo ma molto meno di quanto immaginiamo. Gli studi dimostrano che apertura emotiva e onestà sono un approccio migliore”.

In conclusione, come possiamo affrontare il 2021 con un atteggiamento positivo ma rimanendo al contempo autentici verso le nostre emozioni?

“Piuttosto che cercare di ‘pensare positivo’, dovremmo prendere in considerazione tutte quelle piccole cose che possono fare la differenza sul nostro benessere. Come permettersi l’intera gamma delle emozioni umane, concentrarsi il più possibile sui legami sociali e dare a se stessi e agli altri una tregua. Ma anche rendersi disponibili per gli amici e la comunità e lottare per una società più giusta e equa. Questi sono tutti modi più salutari di approcciare il proprio benessere senza forzare una qualche forma di pensiero specifico”.

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