La forma di Hyle è quella classica di qualsiasi casa, come si dice, archetipica, proprio come la si disegna dalla prima infanzia in avanti. Per
Scultura segnalibro Hyle, design Elisa Ossino per Porro.
Un progetto semplice quanto poetico che, oltretutto, si porta dietro anche tante storie belle. La prima riguarda il pioppo impiegato: è molto diffuso in Italia, dove costituisce l’unico esempio di coltivazione programmata di boschi e foreste; ha un ciclo di vita di 9 anni dalla piantumazione all’abbattimento ed è adatto alla costruzione di oggetti durevoli che rispettano il bosco promuovendone la gestione responsabile e la rigenerazione. La seconda storia ha per protagonista chi realizza Hyle. Sono i maestri e ancor più i ragazzi loro allievi – giovani che vivono condizioni sociali, economiche e personali difficili – che costituiscono la Contrada degli Artigiani della Fondazione Cometa di Como, un laboratorio dove si coltivano e trasmettono i saperi della tradizione e dei mestieri, il valore del lavoro, l’orgoglio del fare bene. E poi, per concludere, la terza storia di cui sono protagoniste le persone che confezionano l’involucro, il packaging di Hyle. È realizzato con il tipico foulard di stoffa usato in Giappone per avvolgere e trasportare le cose di tutti i giorni. Per Porro viene cucito dalle sarte di Alice, cooperativa femminile di sartoria attiva nel carcere di San Vittore.
Hyle significa qualcosa? Certo. Viene dal sostantivo femminile ὕλη (pronuncia ule con la u stretta alla lombarda) che in greco antico era la “legna di bosco”; in filosofia, spiegano da Porro, “il termine hyle si riferisce alla materia informe, in attesa dell’agente esterno che la trasformi e la traduca nelle cose del mondo”. Che stia tutto dentro una casetta con un libro sopra è una magnifica storia a sorpresa.