Gwen Stefani: il video del nuovo singolo e le sue scelte di stile in un'intervista esclusiva

Il video del nuovo singolo di Gwen Stefani, Let Me Reintroduce Myself - il brano dal retrogusto ska à la No Doubt che segna il

ritorno della cantante sulla scena - sembra proprio un omaggio al passato. Una carrellata dei look più famosi di Stefani (i pantaloni baggy di Just A Girl, l’abitino a pois di Don't Speak) che celebra una carriera straordinaria che dura da 35 anni. E il video ci ricorda anche che Stefani ha avuto, e continua ad avere, una grande influenza sul mondo della musica (di recente ha partecipato al remix dell’album ClubFuture Nostalgia di Dua Lipa, bellissima sulla cover di British Vogue, gennaio 2021) ma anche su quello della moda.

“In quel momento non li avevo concepiti in modo consapevole come 'look'”racconta Stefani su Zoom da Los Angeles dei suoi vari “periodi” (il mio preferito era quello con i capelli rosa e l’apparecchio ai denti, se proprio lo volete sapere). “Quando andavamo in tour non avevo una stylist. Ma c’era questa ragazza che buttava giù dei look per me, faceva i pantaloni cargo andando a scegliere i tessuti che mi mandava attaccandoci con la cucitrice un pezzo di carta con un numero, poi io le dicevo 'Voglio un modello bondage in giallo, usa questa rifinitura. Poi me li spediva con il corriere mentre ero in tour. È incredibile come questi outfit siano così popolari ancora oggi. Sono iconici”.

Se il suo status di style icon è qualcosa di casuale, è quello di leggenda del pop a metterla, invece, in difficoltà. Let Me Reintroduce Myself, dice, era un modo per sondare il terreno, per capire se la gente voleva ascoltare ancora la sua musica. Ed è sorpresa che un’artista come Dua Lipa la conosca. “Sai la cosa divertente qual è? Quando altri artisti, che non sono della tua generazione, perché sono molto più giovani, ti chiedono di collaborare con loro, perché sanno chi sei”, dice sorridendo. “Una cosa che mi lusinga e mi entusiasma”.

E mentre è al lavoro al suo nuovo album, il primo dopo This Is What the Truth Feels Like, del 2016, noi abbiamo parlato con l’artista, 51 anni, di cosa significa affrontare le critiche, fare musica che duri per sempre, e di quell’album dei No Doubt che la fa ancora commuovere. 

© Jamie Nelson 

Durante il lockdown hai scritto e registrato nuova musica. Com’è andata?

“Se devo essere sincera, è stato un sogno. Avevo scritto una canzone, Cry Happy, a febbraio, e mi sembrava molto buona. Dopo quella, mi dicevano ‘Tutti scrivono su Zoom’. Io faccio, ‘Mi sembra allucinante’. È già tremendo entrare in una stanza con un produttore di 28 anni che vuole scrivere con te, e tu gli fai ‘Potrei essere tua mamma, scriviamo una canzone’. È strano. Alla fine l’abbiamo fatto, e la prima canzone che ho scritto su Zoom è stata con il produttore Greg Kurstin e con l’autrice Mozella. Lui era alle Hawaii, lei a Los Angeles, io stavo in Oklahoma, abbiamo scritto questa cavolo di canzone su un cavolo di telefonino”.

Puoi dirci almeno se hai passato i primi mesi di lockdown ciondolando per casa in tuta, condannata, come tutti noi a scrollare su Internet come se non ci fosse un domani?

“Ero in tour con Blake (Shelton, cantante country e suo fidanzato, NdR), eravamo proprio sul pullman quando hanno cominciato a cancellare tutto. Siamo andati dritti in Oklahoma, e abbiamo vissuto in un ranch, in uno chalet, per 100 giorni. Zuma e Apollo, (due dei tre figli che Stefani ha avuto con l’ex marito Gavin Rossdale, NdR), io e Blake abbiamo vissuto in una stanza per tre mesi. Metti la stessa cosa ogni giorno finché non comincia a puzzare, e allora devi lavarla per forza. Non ti dico com’era lo chalet, era davvero piccolo, c’era un letto matrimoniale minuscolo, un letto pieghevole e un divano, e noi tutti lì, tutti insieme. Facevamo home schooling tutto il giorno, era folle. Ed era difficile farlo a tempo pieno, perché non mi piace molto cucinare, pulire casa e nemmeno togliere la pipì dal sedile del water: con tre maschi in casa può diventare troppo”.

Il titolo del nuovo singolo non ha bisogno di spiegazioni, sei tu che ti presenti di nuovo al mondo. Era una cosa che sentivi di dover fare? Sei già molto famosa.

“(ride) Stavo lavorando con questo giovane produttore, Luke Niccoli, e lui mi ha presentato al suo amico, Ross Golan, che scrive canzoni. E io gli faccio: ‘Lo so che tu sai che io sono Gwen Stefani e che ho fatto tutte quelle cose lì, ma andiamo subito sul personale, ti spiego come mi sento ad avere la mia età”. E lui mi ha capito perfettamente, è stato lui a buttare lì “Let me reintroduce myself.” E così ha dato il tono alla canzone”.

Mi ricordaWhat You Waiting For?, nel senso che entrambe le canzoni parlano di te che arrivi a un bivio nella tua vita e nella tua carriera.

“Sì. Sono molto simili, anche se in questo caso era quasi come se avessi bisogno di un pretesto per dire, ‘Vi va bene se faccio ancora musica? Mica vi dispiace?”

Perché si pensa che se qualcuno è sulla scena da un po’, non abbiamo più bisogno della sua musica?

“Guarda, siamo sinceri, non ne abbiamo bisogno. Ascolto i vecchi pezzi dei New Order. Ho voglia di ascoltare Raspberry Beret. Va così, e se vale anche per me, allora penso ‘Ma perché la gente dovrebbe volere ancora la mia musica’? Lo so come va”.

Come hai accennato prima, visto che sei una donna che fa musica, immagino che si sarà presentata la terrificante questione dell’essere troppo ‘vecchi’ per fare pop?

“La domanda me la sono fatta da sola (ride). Invecchiare è questo, certi giorni pensi, sono “passata”? Poi ce ne sono altri in cui penso ‘Non sono mica morta’. Perché fermarsi adesso? Se non ti piaccio, spegni la TV o la radio, o non guardarmi. Tanto io le cose le faccio lo stesso”.

Pensi mai alla tua eredità artistica? Vedi qualcosa di te negli artisti di oggi?

“A volte rivedo il mio stile, in particolare adesso che c’è questo revival nostalgico degli anni 90 nella moda. Ho un figlio di 14 anni e questo ha influenzato molto questo mio ripensare a come ero, mi ha riportato a quando ho scoperto lo ska. È pazzesco come passa in fretta il tempo, specialmente quando hai tre figli, ho vissuto un momento tremendo della mia vita (il divorzio dal marito Gavin Rossdale nel 2015, NdR) ed è stato allora che ho scritto il mio ultimo album. La mia vita stava andando a pezzi, e scrivere quell’album nel 2016 non è stato altro che un modo per salvarmi la vita. Mi sono ritrovata in una situazione completamente diversa. E a metà album mi sono innamorata di questo tipo qui, di questo cowboy… che diavolo succede?”

Let Me Reintroduce Myselfparla di sorridere al mondo. Si tratta si una riflessione sull’anno che abbiamo vissuto, un anno in cui sembrava che di felicità ce ne fosse ben poca?

“Credo proprio di sì. Non sapevo come collocarmi dal punto di vista musicale, e ho cominciato a esplorare di nuovo il reggae, ho guardato i documentari della BBC. Erano i primi anni 60, la Giamaica era una colonia della Gran Bretagna, poi sono diventati indipendenti ed è nato lo ska. C’era tutta questa musica allegra, i festeggiamenti. 

“Poi ripenso alla seconda ondata di ska, quella generata dal punk, ed era quando i giamaicani andavano a lavorare a Londra, al razzismo che subivano, a loro che dicevano, ‘No, noi vogliamo l’unità. È bianco e nero insieme, è una scacchiera, è lo ska’. Le proteste del 2020 mi hanno fatto pensare che stava succedendo di nuovo. Sia il reggae che lo ska sono tipi di musica allegri, il punto in cui si incontrano le culture. E ho pensato, ‘Nessuno mi può giudicare male se lo faccio, perché non puoi giudicare male una tredicenne che si identifica con un certo tipo di musica’. Quello che ho visto, e quello che condividevano, era la loro cultura. Dicevano, ‘Vogliamo celebrarci gli uni con gli altri, diamo inizio a una nuova cultura, tutti insieme’. Ecco cosa mi ha lasciato”.

Molta gente ha impiegato questo tempo per guardare al passato, con nostalgia. Io all’inizio del lockdown mi sono appassionata aReturn of Saturn, l’album dei No Doubt uscito nel 2000.

“Oddio, mi farai piangere. Non mi aspettavo che lo avresti citato, mi commuovi perché è il disco che forse mi piace di meno. Era un periodo davvero molto difficile della mia vita. Avevamo finito un tour durato due anni e mezzo, e io ero in una situazione molto protetta, vivevo a casa con i miei prima del tour. A 26 anni, abitavo ancora con i miei genitori. Poi ho cominciato a girare il mondo, e ho interrotto i rapporti con tutti, con la mia migliore amica, la persona su cui contavo per qualunque cosa, e poi mio fratello ha lasciato il gruppo, e alla fine mi sono ritrovata da sola. In quell’album ci sono tutti i miei dubbi su dove mi trovassi nella mia vita, e sapevo di fare cose sbagliate, ma non sapevo come fermarmi. Quindi, se dici quel titolo, divento matta.

Vent’anni dopo, è quasi un cult, un po’ come un classico andato perduto.

“Sicuramente. Qualcuno mi ha detto che gli ha salvato la vita. E so che a quel tempo probabilmente ha salvato la mia. Ma non riesco ad ascoltarlo, mi scatena qualcosa dentro. Ci sono così tanti messaggi diretti a me, messaggi che avrei dovuto ascoltare, era tutto lì. Sono orgogliosa del disco, alcuni dei testi sono davvero fantastici, ma sono le canzoni che non sono uscite come singoli che dicono tutto”.

È uscito il nuovo singolo di Gwen Stefani, Let Me Reintroduce Myself

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